Andrea Nicastro, Corriere della Sera 28/04/2012, 28 aprile 2012
DA JUAN CARLOS A MESSI, UN MALEDETTO APRILE — I
disoccupati in Spagna crescono da mesi al ritmo di 169 all’ora, 4.000 al giorno. Ieri è andata anche peggio, 4.000 più uno, quel Pep Guardiola, di professione miglior allenatore del mondo, che ha deciso di lasciare il Barça che affonda. Colpa del rigore sbagliato dall’infallibile Leo Messi, della stanchezza borbotta l’interessato, ma forse anche della montagna di debiti che soffoca il club. In un Paese con 5.639.500 disoccupati si possono ancora coprire d’oro gli dei pallonari?
Il mood di Standard&Poor’s per la Spagna punta in basso. Lo trascinano giù i mutui inesigibili delle banche che prima o poi, secondo il Fondo monetario internazionale, dovranno chiedere aiuto ad uno Stato in bolletta. Le Cassandre della finanza parlano di una crescita che non arriverà, se va bene, prima del 2014. Potrebbe andare peggio di così? Può, può. È stato un mese orribile per la Spagna. Il funerale è cominciato prima del requiem economico. Mercoledì lo stadio Bernabeu aveva il mutismo attonito dei grandi lutti dopo che un altro idolo come Cr7, Cristiano Ronaldo, ha sbagliato il suo rigore cacciando anche il Real Madrid dalla Champions.
Poteva, anzi avrebbe dovuto, essere una finale tutta spagnola. La fantasia al potere, il riscatto dei poveri, ma belli: non avremo lo spread giusto, ma vuoi mettere come facciamo pressing e dribbling? Invece, se la giocheranno una squadra di quella Germania che impone agli altri l’austerità e un’altra di quella scettica Gran Bretagna che nell’euro non è mai entrata per snobismo o preveggenza.
Piove sul bagnato. Dopo l’orgoglio da Campioni del Mondo 2010, si scioglie anche la sicumera dell’impiegato pubblico, quello che legge della crisi sovrapensiero perché tanto il suo posto è sicuro. Lo era. Stato, Regioni e Comuni danno (ancora) lavoro a quasi uno spagnolo su cinque. Il governo però ha imposto alle amministrazioni locali un tetto nel deficit dell’1,5%, ben più basso del 5,3 che ha strappato all’Europa per quest’anno. Così fioccano le dismissioni per evitare il commissariamento: tv locali, enti di assistenza, di sviluppo, di istruzione. Ogni giorno c’è la notizia di qualche chiusura, ridimensionamento. La riforma del lavoro nuova fiammante, per il momento, aiuta a licenziare. Nei prossimi due anni, secondo i noti eversivi del Financial Times, permetterà anche di abbassare gli stipendi, ma non di creare nuovi posti di lavoro. «Riforma a medio termine» spiega il premier Mariano Rajoy.
Ad incupire il quadro ci sono anche i sassolini che il governo del Partido popular si vuole togliere dalle vecchie scarpe indossate dai predecessori socialisti: stop agli assegni di disoccupazione facili, all’aiuto per l’assistenza domiciliare, alla fecondazione in vitro, al cambio di sesso passato dalla mutua, alle esumazioni delle vittime del Franchismo. Meno male che negli anni buoni le imprese spagnole sono diventate globali. Infatti se i fatturati languono in patria, reggono grazie ai mercati emergenti del Sud America. Almeno fino a quando, il 16 aprile, Cristina Kirchner non ha deciso di privatizzare l’ex compagnia petrolifera argentina che appena due lustri prima era stata venduta alla spagnola Repsol. Il bilancio della compagnia, nell’empireo iberico assieme a Telefonica, Santander, Bbva, è stato mutilato di un terzo.
Agli spagnoli resterebbe Juan Carlos, il re del ritorno alla democrazia, l’appiglio sicuro, così preoccupato dai troppi disoccupati che non riesce «a prendere sonno». È per questo, forse, che a metà mese ha dovuto svagarsi un po’ con la caccia all’elefante. Ieri il governo ha annunciato che, nonostante la recessione e la disoccupazione, nel 2013 aumenterà l’Iva per rastrellare almeno 8 miliardi. Alla notizia, il re avrà scosso il regal capo: dove lui va a caccia, la tassa per ogni pachiderma abbattuto viaggia già sui 30-40 mila euro.
Quando il sovrano si è rotto femore e anca in un safari segreto, gli spagnoli hanno aperto gli occhi sulla sua vita allegra e sulla sua amica Corinne di svariati decenni più giovane. «Mi dispiace molto. Ho sbagliato e non accadrà più» si è sentito costretto a confessare il monarca. Quel safari lo pagherà ancora per molto. Ieri è tornato in ospedale per una lussazione alla stessa articolazione operata. Anche suo genero, Iñaki Urdangarin, dovrà stare attento nelle prossime settimane. Si avvia a conclusione il processo nel quale è accusato di aver intascato tangenti per svariati milioni di euro.
Economia, calcio, monarchia annaspano. A salvare la Spagna basterà la coesione sociale? Mercoledì, all’ora di punta, dieci treni della metropolitana di Madrid sono stati bloccati dai freni di emergenza. Era la protesta contro l’aumento del 50% del prezzo del biglietto. Indignados e sindacati preparano un maggio rovente. E quest’inverno ha anche piovuto meno della media.
Andrea Nicastro