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 2012  aprile 28 Sabato calendario

Sul censimento del 2011

Censimento 2011 - (tre pagine) È ancora“casa dolce casa” ma per migliaia è una baracca [R. TAL.] Non solo casa. In dieci anni le famiglie residenti in Italia che dichiarano di abitare in baracche, roulotte, tende o abitazioni simili sono più che triplicate. Un aumento «vertiginoso», lo definisce l’Istat, in cui la crisi ha giocato il suo ruolo. Nel 2011 le famiglie che vivono in strutture diverse da una casa sono 71.101, a fronte delle 23.336 del 2001. Sul fronte dell’edilizia invece dai primi risultati diffusi, in Italia si contano 14.176.371 edifici (l’11% in più rispetto al 2001) e 28.863.604 abitazioni, di cui 23.998.381 occupate da persone residenti. Sono 1.571.611 le abitazioni in più rispetto al censimento del 2001, con un incremento del 5,8%. Inoltre per la prima volta con il censimento 2011 è stato realizzato un archivio nazionale delle strade e dei numeri civici geocodificati alle sezioni di censimento, che ha permesso di indirizzare meglio il lavoro dei rilevatori. Oltre a costituire un servizio utilissimo per gli uffici comunali. Sono stati censiti 9.607.577 numeri civici. Di questi il 53,42% è di tipo abitativo, mentre il 45,94% è di tipo non abitativo (esercizi commerciali a piano strada, unità produttive, garage, ecc.) e lo 0,64% è associato a complessi di edifici non abitativi (ospedali, università, centri commerciali, caserme ecc.). *** Così ci siamo trasformati in una nazione multietnica [FRA. PA.] Centocinquantun’annifa, all’epoca del primo censimento, gli stranieri erano poco più d’un tocco esotico nella neonata Italia. Si parlò allora di 88.639 persone, uno 0,4% praticamente invisibile nella geografia degli abitanti ancora disabituati a considerarsi un popolo. Eppure gli ultimi dieci anni valgono più di un secolo e mezzo nella storia degli immigrati italiani, passati dai 1.334.889 del 2001 agli attuali 3.769.518 (6,34%). Se l’identikit dei nostri nuovi connazionali è materia da sociologi, la statistica racconta parecchio della loro topografia mentale. Il 36% vive infatti prevedibilmente nelle regioni settentrionali maggiormente prodighe di lavori tradizionali. Ma, al tempo stesso, il numero degli stranieri residenti al sud è cresciuto del 192%, confermando l’alternativa alla crisi economica offerta ai migranti dalla richiesta di manodopera agricola. Certo, con una media di 85,5 stranieri ogni mille abitanti, il nord continua a sperimentare le mescolanze più ardite. Come nel caso di Rocca de’ Giorgi, comune d’una settantina di abitanti in provincia di Pavia, contraddistinto da un rotondo 36,3% di rumeni, colombiani e domenicani e srilankesi. La presenza straniera è un dato particolare, perchè in barba alla precisione matematica si presta a interpretazioni tutt’altro che oggettive. Così, per esempio, quello stesso 6.34% conferma alla responsabile immigrazione del Pd Livia Turco la necessità di rafforzare il welfare in funzione di una società multietnica mentre serve al sindaco di Roma Gianni Alemanno per sottolineare le 26.242 espulsioni d’irregolari effettuate a fronte delle 20mila promesse. *** Aumentano le famiglie e sono sempre più piccole [R.TAL.] IItalia ci sono 2,7 milioni di famiglie in più, ma più piccole. Nel senso che diminuisce costantemente il numero medio dei componenti per singolo nucleo familiare. Il numero delle famiglie residenti in Italia è aumentato del 12,4% tra il 2001 e il 2011, passando da 21,8 milioni a 24,5, mentre il numero medio dei componenti per famiglia è passato da 2,6 persone nel 2001 a 2,4 persone nel 2011. Diminuiscono le famiglie numerose, mentre crescono quelle uni-personali, anche in conseguenza del progressivo invecchiamento della popolazione. Il numero medio dei componenti per famiglia è minore nel Nord (2,3 persone) e nel Centro (2,4 persone), superiore nel Meridione e nelle Isole, dove è comunque diminuito, raggiungendo valori pari, rispettivamente, a 2,7 e a 2,5 persone. Una riduzione del numero dei componenti per famiglia che tra il 1951 e il 2011 è stata particolarmente accentuata nell’Italia Nord Orientale. Negli ultimi dieci anni, invece, l’incremento del numero di famiglie è stato più elevato rispetto alla media nazionale nel Nord Est (15,1%) e nel Centro (14,7%). Secondo l’Istat, guardando ai dati degli ultimi sessanta anni, il numero delle famiglie residenti in Italia è più che raddoppiato. *** Gli abitanti totali in salita ma il merito è degli stranieri FRANCESCA PACI ROMA La popolazione cresce, cambia e diventa sempre più dinamica ma scopre sacche di disagio sociale e prova nuovi modelli di convivenza Siamo aumentati, preferiamo la famiglia sia pur di soli due membri alla singletudine, abbiamo scuole multietniche a livelli europei, ma ci scopriamo anche più poveri di 10 anni fa. L’istantanea dell’Italia 2012 scattata dal 15° censimento restituisce l’immagine di un Paese di 59,5 milioni di abitanti che nel passaggio al XXI secolo ha visto triplicare tanto il numero degli stranieri residenti quanto quello degli indigenti costretti a vivere in baracche, roulotte o tende a fronte di 2.708.087 case vuote. Certo, non tutti hanno collaborato alla buona riuscita della ricerca. Secondo le previsioni, che ci davano ben al di sopra quota 60 milioni (il triplo rispetto al 1861), mancano all’appello quasi un milione e mezzo di persone, in buona parte iscritti all’anagrafe ma «irrintracciabili». Gli altri però, nota il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, raccontano un’Italia dinamica seppure suo malgrado: «È una popolazione in movimento: dopo quasi 20 anni di stagnazione, gli abitanti sono cresciuti di circa il 4,3%, anche se per effetto esclusivo degli stranieri». Che n’è stato del popolo di santi, navigatori, eroi? Santi forse lo siamo davvero, a giudicare dalle 71 mila e rotte famiglie che tirano avanti facendo a meno di un tetto. Al richiamo del mare abbiamo preferito la stanzialità urbana, in particolare al Nord, dove risiede il 46% dei censiti e verso cui continuano a spostarsi gli immigrati interni in fuga dal Sud. L’eroismo, invece, si declina al femminile, con le donne che rappresentano il 52% della popolazione pur contando politicamente appena il 16.7%. *** Torino e Roma con il segno più ma le metropoli si svuotano [R. TAL. ] Roma è il comune più popoloso d’Italia con 2.612.068 residenti. La capitale si aggiudica anche il primato di comune più esteso territorialmente con i suoi 1.307,7 chilometri quadrati di superficie. Tra le città del Nord il primato va a Milano, che ha una popolazione di 1.245.660. Bologna registra 375.935 residenti. Spostandosi più a Sud, il podio di città popolosa lo conquista Napoli con i suoi 947.764 abitanti. Nelle isole è invece Palermo a detenere il primato con 653.222 residenti. È da rilevare che comunque nei sei comuni più grandi (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova) negli ultimi decenni si è assistito a un lento, ma progressivo decremento di popolazione e i primi risultati sembrano confermare questa tendenza, ad eccezione di Torino e Roma che, rispetto al 2001, guadagnano popolazione. Milano, ad esempio, è passata dai circa 1,7 milioni di residenti del 1971 agli 1,3 del 2001, per scendere ancora un po’ agli attuali 1,2 milioni. Napoli nel trentennio 1971-2001 ha visto calare la propria popolazione da 1,2 milioni a un milione, per andare ancora al di sotto di questa soglia nel 2011. Andamento simile per Torino passata da 1,1 milioni nel 1971 agli 800 mila del 2001, risaliti nel 2011 verso quota 900 mila. In ogni caso, i dati relativi alle grandi città per il censimento 2011 sono ancora in corso di elaborazione, essendo più complessi i controlli per i centri popolosi. Anche per questo l’Istat ha rilevato che i censiti che non risultano in anagrafe sono relativamente più numerosi al crescere della dimensione demografica dei comuni (e fra gli stranieri, indipendentemente dalla dimensione del comune in cui sono stati censiti). *** Triplicati in un secolo e le donne superano i maschi ROSARIA TALARICO ROMA I dati resi noti dall’Istat raccontano anche le trasformazioni del territorio: la maggioranza vive in centri medio-piccoli, continua il movimento interno In 150 anni la popolazione residente in Italia è quasi triplicata. Dal primo censimento del 1861 al più recente del 2011 gli abitanti in Italia sono passati da poco più di 22 milioni a circa 59,5. I primi risultati del 15° censimento mostrano un incremento di popolazione del 4,3%. Dati che risentono però della presenza di stranieri residenti con regolare permesso di soggiorno. La variazione media annua della popolazione ha fatto registrare valori massimi in corrispondenza dei primi decenni del secolo scorso. I valori minimi si rilevano negli ultimi decenni e l’andamento è divenuto sostanzialmente stabile. Il balzo maggiore, secondo i dati elaborati dalla Fondazione Hume per la Stampa, si è registrato tra il 1861 e il 1871 con la popolazione passata da poco più di 22 a 27,3 milioni di abitanti. Altro aumento considerevole nel decennio 1961-1971 (da 50,6 a 54,2 milioni). Fino ad arrivare ai giorni nostri: dal confronto del dato preliminare del 2011 con quello definitivo del 2001 si registra una crescita della popolazione pari a 2.478.900 persone. Nella storia sono saltati solo due censimenti: nel 1891 e nel 1941, nel primo caso per motivi finanziari, nel secondo a causa della guerra. Sul totale dei residenti, 28.750.942 sono maschi e 30.713.702 sono femmine. Questo vuol dire che il numero di donne supera quello degli uomini e che in media ci sono 52 donne ogni 100 abitanti. L’Istat ha inoltre censito 590 mila le persone, che non risultano iscritte in anagrafe, pari a circa 10 individui ogni mille censiti. Entro fine anno sarà pubblicata la popolazione legale di ciascun comune distinta per sesso, anno di nascita e cittadinanza italiana o straniera. *** Dal Sud si scappa ancora verso il miraggio del Nord [R. TAL. ] La fotografia del Paese scattata dall’Istat mostra che il 46% dei cittadini vive al Nord, il 19% al Centro e il 35% al Sud e nelle isole. Il 70% degli 8.092 Comuni italiani ha una popolazione inferiore ai 5 mila abitanti. In questi Comuni dimora abitualmente il 17% della popolazione mentre il 23% vive nei 45 Comuni con più di 100mila abitanti. Le regioni del Nord-Ovest sono caratterizzate da un territorio particolarmente frazionato da un punto di vista amministrativo, con 2.415 piccoli Comuni nei quali risiede il 24,1% della popolazione dell’area. Secondo i primi dati disponibili, è Roma il comune più popoloso, con 2.612.068 residenti, mentre quello meno popoloso è Pedesina, in provincia di Sondrio, con solo 30 residenti. Il più densamente popolato è Portici, in provincia di Napoli (12.311,7 abitanti per chilometro quadrato), mentre quello che dal 2001 ha aumentato di più i suoi abitanti è Rognano, in provincia di Pavia (+220,1%) al quale si contrappone Paludi, in provincia di Cosenza che detiene il primato del più forte calo demografico (-41,2%). Con i sui 1.307,7 chilometri quadrati, Roma è anche il Comune più esteso, mentre il più piccolo in termini di superficie è Fiera di Primiero (Trento)che ha appena 0,2 chilometri quadrati *** Uno su tre ha deciso di rispondere via Internet [R.TAL.] La novità del Censimento 2011 è stata sicuramente la possibilità di compilare il questionario via internet. Questa modalità è stata utilizzata da 8,2 milioni di famiglie. A compilare il questionario sul web sono state in misura relativamente maggiore le famiglie che vivono nei comuni fino a 5 mila abitanti (37%) e al Sud (40%). Il 44% dei questionari è stato restituito agli uffici comunali di censimento, il 22,6% agli uffici postali e ben il 33,4% via Internet. Sono stati stampati oltre 25 milioni di questionari di famiglia personalizzati, di cui il 96,9% è stato spedito per posta. A questi sono da aggiungere 128 mila questionari di convivenza e 11 milioni di questionari di edificio. Per supportare i cittadini nella compilazione, l’Istat aveva messo a disposizione un contact center integrato (telefono e e-mail). Complessivamente sono state gestite poco meno di 2 milioni di chiamate - di cui oltre 6 mila in una lingua straniera tra quelle disponibili (inglese, francese, spagnola, rumena, araba, cinese, singalese e ucraina) - e 100 mila e-mail. Per la raccolta dei dati, l’Istat si è avvalso di 21 uffici regionali di censimento. A livello comunale gli addetti sono stati 9.002, cui si aggiungono 9.219 coordinatori dei rilevatori e 65.442 rilevatori, con diversi livelli di operatività. Rispetto al censimento del 2001 il loro numero è stato pari al 60%. *** Il benessere scomparso Costretti a vivere in roulotte e baracche FRANCESCA PACI ROMA Dietro ai numeri del censimento si nascondono milioni di storie. Non sempre queste storie sono storie di successo. Anzi. Tra i dati più allarmanti dell’ultimo conteggio degli italiani c’è quello sulle 47 mila famiglie che dal 2001 al 2011 hanno perso la loro casa per problemi economici: e ora sono costrette a vivere in baracche, roulotte, camper o bungalow di fortuna. I numeri, però, parlano anche di un’Italia che cambia e si muove, che svuota i paesi o li affolla di nuove persone, non sempre immigrate da oltre mare. L’impennata dei prezzi delle case nelle grandi città spinge sempre più le giovani coppie a popolare le cittadine non troppo lontane dai grandi centri. Al contrario, molti paesi del Sud o di zone montane vengono letteralmente abbandonati dalla popolazione under 30, a caccia di nuove opportunità e possibilità di lavoro. È la nuova immigrazione interna che spesso ha lasciato a vivere in molti borghi antichi solo gli anziani. Queste sono le loro storie. In centro La roulotte della coppia che ha parcheggiato la sua «casa» a Porta Maggiore in pieno centro di Roma Lui di solito siede davanti alla roulotte su cui tiene esposto il permesso di circolazione e sosta delle autocaravan e l’assicurazione valida fino al 7 luglio del 2012. Lei, sui sessantacinque anni come il marito, stende i panni sul filo teso a ridosso delle mura di Porta Maggiore. I coniugi targa Roma 202580 sono una delle 71.101 famiglie italiane che l’indigenza costringe in strada: poco più di un anno fa hanno parcheggiato qui, a poche fermate d’autobus dal centro di Roma, in uno slargo che la notte dividono con prostitute e clienti. Il quartiere li vede ogni giorno, abbassa lo sguardo imbarazzato di fronte alla miseria connazionale, qualcuno dice buongiorno. «Un tempo mi occupavo delle missioni nel Terzo mondo, oggi l’emergenza poveri è in Italia» osserva monsignor Pietro Sigurani, parroco della chiesa romana della Natività. Le storie dei senza casa italiani triplicati in dieci anni sfuggono allo sguardo distratto ma non alla statistica. Anche quando la dribblano. Giuseppe e Mariana, per esempio, si sono fermati sul lungomare di Ostia, il lido della Capitale. Lui, 57 anni, originario di Caserta, raggranella qualche euro improvvisandosi guardiano delle spiagge by night. Lei, 52 anni, rumena, cardiopatica, un matrimonio fallito alle spalle come il compagno conosciuto nel 2007, fa quadrare la giornata preparando nel cucinino della roulotte il cibo donato dalla chiesa. «All’inizio vivevamo in un caravan da mille euro d’affitto al mese, poi in un’automobile, infine la Comunità di Sant’Egidio ci ha regalato questa roulotte» raccontano. I dati del censimento, probabilmente, sono incompleti per difetto. Come Giuseppe e Mariana, anche gli abitanti della roulotte in fondo a via Pietro Silva, nel quartiere romano di Torpignattara, non sono stati conteggiati. Proteggono la propria miseria dietro la retina tirata a mo’ di veranda da cui s’intravede un tavolo con la bottiglia di Campari porta-candela. Non c’è corrente elettrica dentro. Niente riscaldamento ne acqua corrente. Le mamme che accompagnano i bimbi al parco di fronte all’acquedotto sono abituate a vederli con le taniche alla fontana. «Sono persone come noi» mormorano. Italiani come noi. *** Alle porte di Milano tra campi verdi e aria pulita e in piazza giocano i bambini CLAUDIO BRESSANI ROGNANO (Pv) La cittadina piena di verde In giro, alle cinque del pomeriggio, trovi quasi solo bambini che giocano, a volte con un nonno che li tiene d’occhio ma spesso anche da soli, a pallone in mezzo alla strada o con le biciclette. Tanto di pericoli non ce ne sono a Rognano, paese perso nelle campagne del Pavese in direzione di Milano. Un borgo che sembrava destinato all’estinzione e che invece negli ultimi dieci anni è rinato: ha più che triplicato la sua popolazione, passando dai 194 abitanti del censimento 2001 ai 621 di oggi, che ne fanno il comune con il maggiore incremento demografico d’Italia (+220%). L’età media è di 34 anni e i bambini sono tantissimi: secondo i dati al 1˚ gennaio 2011 erano 103 sotto i dieci anni, un sesto del totale. Eppure qui non c’è nulla: non un negozio o un bar, figurarsi l’ufficio postale o la scuola. Solo campi tutt’intorno, aria pulita e tranquillità, a 18 chilometri da Milano: in un attimo sei al casello di Binasco e ci vuole un quarto d’ora di macchina per arrivare al parcheggio di Famagosta, capolinea della metropolitana. E infatti quasi tutti i nuovi abitanti di Rognano sono arrivati da Milano o dall’hinterland e ci tornano tutti i giorni per lavoro. Qui hanno potuto comprarsi casa ad un prezzo che è forse un terzo rispetto a quartieri periferici del capoluogo come il Gratosoglio o sobborghi come Rozzano. Le villette sono spuntate come funghi, ma non solo, come tiene a sottolineare Davide Pinaschi, geometra di 43 anni, discendente di una famiglia rognanese doc, sindaco dal 2011 ma in consiglio comunale da quando aveva 18 anni: «Abbiamo puntato sul recupero delle cascine e delle vecchie case coloniche». L’esempio di questa trasformazione è la frazione Villarasca, che da sola conta un terzo della popolazione del comune: è una grande cascina che, abbandonata l’attività agricola, è stata ristrutturata a scopi residenziali. Resta il problema dei servizi, ma gli abitanti non si preoccupano: «Materne ed elementari sono a Vellezzo Bellini, le medie a Marcignago - dice Serena Caminneci, 43 anni, che si è trasferita qui un anno e mezzo fa con la sua famiglia e quella del fratello sono pochi chilometri e passa il pulmino, gratuito». «La nostra ambizione - conclude il sindaco - è di riuscire a trasformare tutti questi nuovi residenti in una comunità. Per questo ci vuole un punto di aggregazione. Ci stiamo lavorando». *** Il borgo calabrese svuotato dalla disoccupazione “Qui abitano solo più vecchi” GAETANO MAZZUCA COSENZA Il paese lasciato dai giovani Il simbolo della nuova emigrazione calabrese è Paludi, paesino della provincia di Cosenza, un pugno di case sulle colline che si affacciano sul mar Jonio. L’ultimo censimento dell’Istat assegna a questa piccola comunità la palma del comune che ha perso più abitanti negli ultimi dieci anni: oltre il 41% in meno rispetto al 2001. Erano 1929 abitanti, ne sono rimasti appena 1100. «Colpa della disoccupazione» spiega il sindaco Aurelio Antonio Cesario che guida una comunità fatta per lo più di anziani, «difficile trattenere le nuove generazioni se non hanno alcuna possibilità di lavoro». In pochi resistono, le attività commerciali si contano sulle dita di una mano: tre bar, due negozi e una falegnameria. Resiste anche la scuola: una sezione di scuola elementare e una per la media. Solo quest’inverno il paese è rimasto isolato due volte, a febbraio la neve e il mese successivo uno smottamento causato dalla pioggia. Internet è arrivato poco tempo fa, ma ci si deve accontentare della vecchia Adsl a 640 kbs. Ma Paludi è anche il simbolo delle grandi potenzialità della Calabria rimaste, però, desolatamente non sfruttate. Quelle colline erano abitate già nel IX secolo a.c., appena fuori dal paese c’è infatti uno dei siti archeologici più importanti del meridione, rappresenta una delle testimonianze meglio conservate di architettura militare della Magna Graecia. Da tre anni è stato realizzato un piccolo museo, le sale sono allestite ma nessun visitatore ha mai potuto varcare quella soglia. Quelle antiche mura potrebbero rappresentare il futuro anche economico di Paludi. Ne è convinto il sindaco che ha aiutato alcuni giovani concittadini a creare una cooperativa che si occuperà dell’ area archeologica. Servono, però, i turisti, l’appello è quindi rivolto alla Regione affinché «faccia conoscere nei suoi spot queste bellezze dimenticate». Ma che fine hanno fatto i circa 800 cittadini che non vivono più a Paludi? Il sindaco li andrà a trovare nel mese di maggio a Singen, città tedesca al confine con la Svizzera. Nel cuore industrializzato dell’Europa vivono oltre 700 paludesi, «lì lavorano tutti».