Mario Pirani, Repubblica, 30.4.12, 30 aprile 2012
I TEMPI IN CUI I LADRI ERANO APPESI ALLE CROCI
Negli ultimi tempi le tangenti non soddisfano più. Vi si aggiunge la richiesta di lingotti d´oro, pietre preziose, qualche appartamento d´incerta origine, o anche beni "minori" ma egualmente fruibili per parenti di scarsa volontà, figli svogliati e altro, aspiranti a tesi di laurea rilasciate da università fasulle, meglio se fornite di qualche timbro internazionale. È così accaduto che un giudice dell´Alta Corte, nel corso del recente provvedimento sull´illecito appalto del palazzo dei Marescialli di Firenze, si sia imbattuto in una subdola richiesta di un funzionario che ambiva ricevere una croce di cavalierato quale riconoscimento aggiuntivo per i suoi servigi sottobanco. Il magistrato, colto e spiritoso, ne fu molto divertito, ricordando una sarcastica quartina ottocentesca dello sfortunato giornalista Felice Cavallotti che, polemizzando con gli artefici del fallimento della Banca Romana, scrisse:
In tempi men leggiadri e più feroci,
i ladri li appendevano alle croci,
in tempi men feroci e più leggiadri,
si appendono le croci in petto ai ladri.
Le battute di spirito non furono però di buon auspicio. Qualche tempo dopo Cavallotti, infatti, cadde trafitto al 33° duello della sua vita. Peccato. Se questi scontri cavallereschi, ancorché perigliosi, fossero ancora in uso tutt´oggi, potrebbe anche darsi che molti inutili processi ci sarebbero risparmiati a vantaggio di qualche sentenza eseguita di mano propria e più rapidamente.
Allontanandoci dal paradosso per affrontare le caratteristiche proprie della corruzione, val la pena ripercorrere le vicende in proposito degli Stati americani, ristampate sovente in questo periodo. Lo storico C.Hove scrive in proposito: «Il Wisconsin era un vassallo degli interessi ferroviari, forestali ed elettorali che attraverso il complesso dei funzionari federali nominava ed eleggeva governatori, senatori e rappresentanti al Congresso, questi a loro volta usavano il potere per arricchire i loro sostenitori».
Una visione meno drastica della lotta alla criminalità la si evince dall´andamento da questa assunto negli Stati Uniti dell´ultimo decennio dell´Ottocento e del primo decennio del Novecento. L´argomento è stato ampiamente trattato in un convegno dell´Ambrosianeum, dove è stato approfondito il tema delle grandi ricchezze accumulate (poderosi trust, ferrovie, petrolio, ma anche grandi ineguaglianze, grandi miserie, grandi abusi di potere). Su tutto questo dominava una enorme rete corruttiva (v. Storia degli Stati Uniti di Nevisi e Comminger, Einaudi, Torino 1961). «È difficile stabilire se fossero più corrotte le amministrazioni statali o quelle municipali. Parlamenti statali e Consigli municipali potevano concedere preziose franchigie in servizi di pubblica autorità, aggiudicare ricchi contratti, il pagamento non sempre prendeva la forma di corruzione esplicita, esso poteva manifestarsi sotto veste di carriera nel campo politico». Gli interventi al convegno a cura di M.Vitale ed M. Garzonio sono avvincenti come uno sceneggiato televisivo, sia che affrontino le sconfitte che le vittorie: «La politica era un commercio per privilegiati, pochi stimavano possibile un altro sistema e nessuno sfidava il governo dell´oligarchia che distribuiva le cariche, la stampa era indifferente e controllata». Un vigoroso movimento riformista divenne finalmente efficace quando si saldò con l´azione politica di giovani e brillanti leader, da Wilson a T. Roosevelt, che puntarono sul piano locale prima che occuparsi di Washington. Molte azioni si riferivano alla democratizzazione della macchina politica, (voto segreto, referendum, leggi contro la corruzione e per il suffragio femminile.) Fu un periodo di riforme e rivolte in quasi tutti i domini della vita americana.
Il discorso può essere non del tutto lontano dal caso italiano. In proposito vorremmo concludere queste osservazioni sulla corruzione citando un recente discorso di Piero Grasso, Procuratore generale antimafia: «Il metodo mafioso, anche quando non c´è la mafia, è diventato purtroppo un metodo diffuso nella nostra società. C´è un sistema basato su un principio di amicizie strumentali, relazioni informali che lasciano poco spazio a forme democratiche di libero mercato. Alla luce di rapporti amicali si prendono decisioni, si fanno affari, s´intrecciano conoscenze che sono funzionali a questo sistema».