Maria Serena Natale, Corriere della Sera 27/04/2012, 27 aprile 2012
DIAMANTI DI SANGUE, TAYLOR COLPEVOLE
Nella capitale della Sierra Leone, Freetown, i sopravvissuti hanno seguito la lettura della sentenza in diretta tv, caroselli di motociclisti per le strade. Nella liberiana Monrovia giovani arrabbiati hanno sfilato con manifesti che invocavano Dio e il ritorno del presidente. All’Aia, nell’aula della Corte speciale per la Sierra Leone, il 64enne Charles Taylor ieri è stato dichiarato colpevole di crimini di guerra e contro l’umanità. Sangue e diamanti, una trama che intreccia la brutalità del machete e il fascino glam di Naomi Campbell, una sentenza che stabilisce un precedente importante: per la prima volta dal processo di Norimberga un ex capo di Stato viene condannato da un tribunale internazionale. È la fine dell’impunità per crimini commessi da un governante in carica.
Atti di terrorismo, omicidio, violenza, stupro, schiavitù sessuale, oltraggio alla dignità personale, violenze, atti disumani, reclutamento di bambini-soldato, riduzione in schiavitù, saccheggi: sono gli undici capi d’accusa per i quali è stato condannato l’ex signore della guerra. Durante il conflitto del 1991-2002 in Sierra Leone il liberiano Taylor, leader ribelle con studi negli Usa probabilmente aiutato dalla Cia a rovesciare il regime di Samuel Doe e diventato presidente nel 1997, armò i massacratori sierraleonesi del Fronte rivoluzionario unito (Ruf) in lotta contro il governo di Monrovia. Una guerra segnata da indicibili crudeltà, torture, mutilazioni, bambini mandati a uccidere e morire, oltre 50 mila vittime. Con le armi trasferite a Freetown venivano scambiati i «diamanti di sangue» che hanno ispirato l’immaginario hollywoodiano, vedi il film di Edward Zwick del 2006 con Jennifer Connelly e Leonardo DiCaprio, «Blood Diamond». Quegli stessi diamanti per i quali nel 2010 furono chiamate a deporre all’Aia Naomi Campbell e Mia Farrow: la Venere nera ammise di aver ricevuto «pietruzze» da Taylor in occasione di una cena a casa del presidente sudafricano Nelson Mandela nel 1997; l’attrice raccontò invece la consegna in piena notte di un «enorme diamante».
Il tribunale penale internazionale istituito congiuntamente da Nazioni Unite e governo di Freetown renderà nota la pena il prossimo 30 maggio, Taylor potrà presentare ricorso. Se l’appello sarà respinto, l’ex presidente finirà in una prigione britannica. Uno degli aspetti più delicati della sentenza — e uno smacco per l’accusa — è il fatto che si sia riusciti a dimostrare «solo» l’aiuto materiale e il sostegno forniti da Taylor, non il suo ruolo di comando. Un elemento che lascia una parziale ambiguità sul confine tra responsabilità individuale e appartenenza alla rete criminale: potenziale spiraglio per altri casi di giustizia internazionale, come i processi a Radovan Karadzic e Ratko Mladic per i conflitti balcanici, e gancio per i critici della «giustizia politica» perseguita dai giudici dell’Aia.
Sentenza storica, vittoria del diritto sulla barbarie del regolamento di conti (Saddam Hussein e Muammar Gheddafi): immediati i commenti favorevoli di organizzazioni per i diritti umani e governi, dagli Stati Uniti all’Unione Europea. «Tutto il mondo deve sapere cos’ha fatto Charles Taylor» ha detto all’Ap in Sierra Leone l’allevatore Samuel Komba, 58 anni, sopravvissuto a un rogo appiccato dai ribelli durante la guerra. Si salvarono in due, gli altri del villaggio furono arsi vivi.
Maria Serena Natale