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 2012  aprile 27 Venerdì calendario

CASSONI E SACCHI DI SABBIA. IL PIANO PER PORTARE VIA IL RELITTO DELLA CONCORDIA — È

CASSONI E SACCHI DI SABBIA. IL PIANO PER PORTARE VIA IL RELITTO DELLA CONCORDIA — È una balena spiaggiata la Costa Concordia, adesso. Adesso che il mare si è quietato e il vento soffia finalmente leggero, il relitto più assurdo nella storia dei relitti appare un bestione immobile e ferito, adagiato a cento metri dalla riva. Lo porteranno via, presto.
O, meglio, è finalmente pronto, e partirà a breve, il piano per rimuovere la nave da crociera che il 13 gennaio scorso urtò uno scoglio sommerso al largo dell’Isola del Giglio ed entrò nella storia delle tragedie, provocando trentadue vittime. Poi ci vorranno almeno dieci mesi per portare via il relitto. Circa trecento milioni il costo complessivo dell’operazione.
Perché la condizione è di rimuovere la carcassa della nave tutta intera. Ma, soprattutto, di portarla via senza fare danni all’ambiente: su questo il ministro Corrado Clini è stato perentorio e aspetta assicurazioni prima di dare il via libera all’operazione.
Il piano di rimozione presentato dalla Titan Salvage (Florida) e dalla Micoperi (Ravenna) ha un cronoprogramma fitto e quasi ottanta pagine di analisi e di studi. C’è da raddrizzare un bestione di 54 mila tonnellate, inclinato a 65 gradi che poggia su un fondale di una trentina di metri, a ridosso di un abisso che scivola fino a cento. Non si possono sbagliare le mosse.
La nave è stata svuotata dal carburante. Ma è piena di tutto il resto. Detersivi, plastica, grassi, cibo, acque nere, liquidi idraulici, sostanze chimiche per uso personale, materiali isolanti, pitture, mobili, cavi, anche sostanze radioattive e idrogeno solforato. Non dimentichiamoci che la Costa Concordia era una città galleggiante abitata da oltre quattromila persone. Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, ha insistito perché il bestione non venisse abbattuto in mare lì dove si trovava, ma fosse invece trascinato intero fino ai cantieri di Livorno. Le due imprese hanno messo a punto un piano dettagliato.
Ci penserà un sistema fatto di cavi, di tiranti, di strands jacks (martinetti idraulici) e di cassoni galleggianti a tirar su il relitto, quasi 290 metri di lunghezza per 35,5 metri di larghezza e quasi 20 metri di altezza. Prima di ogni altra cosa, però, bisognerà sanare la ferita, quel taglio di 45 metri causato dall’urto sullo scoglio durante l’ormai famigerato e maledetto «inchino» davanti all’Isola del Giglio.
Subito dopo verranno sistemati i cavi di ritenuta, indispensabili per tenere ferma la nave durante le prime operazioni: 60 cavi, uno ogni quasi tre metri, per generare una capacità di tenuta il cui valore medio di riferimento è di 18 mila tonnellate, per chi ama le cifre. Per chi ama la fisica, invece, possiamo dire che il problema prioritario che si è posto è stato quello di distribuire le forze di rotazione e di galleggiamento sull’intero scafo: è l’unico modo per far resistere la struttura. Ci penseranno dei sacchi cilindrici (4 metri per 10) dove verrà pompata dentro ad hoc sabbia e malta, a favorire la distribuzione del peso uniformemente sul relitto.
Poi verranno montate le piattaforme subacquee. Per tirare su la nave infatti non si può lasciarla adagiare su un fondo che, peraltro, in quel punto è molto irregolare: ecco dunque che proprio sul fondale verranno sistemate quattro piattaforme subacquee (ognuna 40 metri per 40, supportata da sei pali) dove il relitto si poserà una volta messo in piedi. Saranno degli strands jacks collegati ai cavi tiranti a fornire le spinte rotatorie. Quindi sarà la volta dei cassoni di spinta.
Sul lato sinistro (quello emerso) del relitto verranno montati 15 cassoni di spinta, ognuno del peso di 530 tonnellate. Saranno questi a fornire il contrappeso necessario a dare la spinta finale alla nave. Una volta raddrizzato il relitto, una fila di cassoni di spinta uguale e dello stesso peso verrà montata anche sul lato destro del relitto. Se tutto andrà bene, il relitto sarà trascinato a riva, poi ai cantieri di Livorno. Ma il condizionale non è un optional, in questo caso.
Le possibilità di insuccesso sono concrete ed è qui che il ministro dell’Ambiente Clini ha messo i suoi paletti alla Titan Salvage e alla Micoperi. Un questionario con quaranta interrogativi: sono in grado le due società di sciogliere i dubbi e le paure del ministro? È una condizione per poter cominciare i lavori, non risposte a piacere.
Alessandra Arachi