Federico Fubini, Corriere della Sera 27/04/2012, 27 aprile 2012
MERKEL VUOLE ROMPERE L’ASSEDIO PRIMA DELLA SCELTA PER L’ELISEO
Se la politica si è rimessa in moto in Europa, è perché un doppio campo di forza rischia di strappare la cornice nella quale Angela Merkel sperava di contenere la crisi. Ci sono la logica finanziaria e quella europea, che impongono l’austerità e la fine delle illusioni di protezione a basso costo; poi c’è la logica degli agitatori di piazza di destra e di sinistra, che da anni non trovavano un terreno tanto fertile.
In questo momento la Gran Bretagna, la Grecia, l’Italia, il Portogallo, la Spagna, l’Irlanda, il Belgio, l’Olanda, la Danimarca, la Repubblica Ceca, la Slovenia e l’Ungheria hanno fra loro due punti in comune: tutti e dodici stanno applicando politiche di austerità, e tutti e dodici sono ufficialmente in recessione. Nel frattempo in quasi tutti questi Paesi, e in altri, le forze populiste crescono ogni settimana nei sondaggi e lo fanno in una stagione elettorale sempre più intensa. Il 6 maggio si vota per le presidenziali in Francia, dove gli antieuropei controllano un terzo del voto, e per le politiche in Grecia dove il reddito per abitante è crollato di un quinto nell’ultimo anno e gli antieuropei rappresentano il 60% delle intenzioni nei sondaggi. A fine mese si pronunceranno poi sui vincoli di bilancio del «fiscal compact» gli irlandesi, dopo due anni di sacrifici imposti pur di tenere in vita le banche di Dublino alle quali le banche tedesche avevano prestato cento miliardi di euro. Dopo l’Irlanda toccherà di nuovo alla Francia tornare alle urne per le politiche, quindi all’Olanda che sembra diretta verso il voto anticipato: nei Paesi Bassi i «Socialisti» (marxisti-leninisti) e gli xenofobi di Geert Wilders competono per il 45% di voto anti-europeo e già questo basta a far dimettere il governo di Mark Rutte. Poi, nel 2013, scadrà il mandato dei parlamenti in Italia e in Germania.
Da quando Atene nel 2009 dette il colpo d’avvio della crisi, i politici e i mercati non si sono mai capiti. Soprattutto, i due campi di forza che insistono sull’euro hanno sempre faticato a capire come le rispettive logiche interagiscono fra loro in una continua azione e reazione. Se l’austerità crea recessione e la recessione crea populismo, quest’ultimo rischia di disfare anche i frutti dell’austerità.
Angela Merkel ha perfettamente presenti i rischi politici di questa crisi finanziaria. Sa che un’ascesa di François Hollande all’Eliseo, sospinto dalla voce di chi contrappone lo slogan della crescita a quello dell’austerità, può produrre un effetto nuovo in Europa: far sembrare la Germania isolata, e sorda. Già nel governo spagnolo, malgrado il nuovo declassamento del rating ieri sera, c’è chi non aspetta altro che una svolta a Parigi per cambiare registro sul deficit.
È anche per questo che mercoledì scorso il governo tedesco ha insistito per far conoscere anzitempo i contenuti del lavoro che da mesi sta svolgendo con il governo italiano. Nikolaus Meyer-Landrut, consigliere diplomatico di Angela Merkel, e il ministro degli Affari europei Enzo Moavero Milanesi si sono visti, parlati per teleconferenza, telefonati un’infinità di volte. La credibilità di Mario Monti, le sue misure e il costante lavoro sul campo di Moavero hanno fatto dell’Italia in questi mesi un interlocutore molto ricercato: con undici Paesi «liberisti», l’Italia ha animato un documento per le liberalizzazioni nei servizi in Europa quest’inverno; ora con la Germania parla di come usare il bilancio comunitario 2014-2020 per la crescita e trova una prima sintonia persino su «project bond» europei con i quali finanziare progetti-pilota di investimenti comuni. Non sono gli eurobond per mutualizzare il debito, ma è un segnale che la Germania non intende affatto rinunciare all’enorme investimento politico e psicologico che ha fatto nell’Europa.
Con questi messaggi e con l’intesa con Monti, Angela Merkel rimette se stessa al centro durante questa stagione di fremiti elettorali. Per ora siamo più nel campo della simbologia politica che delle svolte capaci di creare crescita e posti di lavoro subito. Per questi ultimi non ci sono scorciatoie, solo la lunga opera di revisione dei modi di vivere già avviato in molte società europee. Intanto però anche Hollande ha capito il messaggio: la Germania (con l’Italia) è pronta a lavorare per la crescita, ma senza rinunciare a una sola virgola dell’austerità. Secondo Monti e Merkel è un mix abbastanza potente da piegare, alla lunga, persino il populismo.
Federico Fubini