Renato Minore, Il Messaggero 27/04/2012, 27 aprile 2012
FINANZA, SE IL GIOCOLIERE DEL DENARO NASCE A PIETRALATA
Il pianeta della finanza, scosso dalla profonda crisi economica, può diventare il cuore pulsante del racconto, può essere oggetto di narrazione? Tra i libri che hanno anticipato il tema, uno dei migliori di genere è Alta finanza di Ken Follett, in cui la City viene descritta in tutti i suoi aspetti ed attraversando tutte le classi sociali. Dall’alta finanza, appunto, alla borsa, dalla bassa criminalità a sofisticate organizzazioni delinquenziali, ai media. E ancora, su altra sponda, Cosmopoli di Don DeLillo, romanzo scarno e terribile dove la storia individuale che dovrebbe «rappresentare» la Storia, è questa: in una limousine iperattrezzata un supermiliardario, «alla ricerca di qualcosa di più puro, di tecniche per creare diagrammi che anticipano il movimento del denaro», attraversa New York, con l’obiettivo di concludere una speculazione eccezionale e di tagliarsi i capelli. Nel viaggio al cuore della città, tra orrori e sorprese nulla alla fine risulterà uguale a prima, in un apologo feroce e visionario che DeLillo monta con grande sapienza costruttiva. Tra i libri più recenti ricordo, soprattutto, l’eccellente L’indice della paura. Robert Harris è giunto all’attualità più bruciante immaginando la vicenda di uno scienziato trasformatosi in potente uomo d’affari, proprietario di una società che gestisce fondi. Investimenti d’oro, grazie a un sistema che lui - fisico teorico- ha messo a punto e che ruota intorno all’«indice della paura». Cioè il calcolo della volatilità delle reazioni umane, con un incredibile ritorno economico per i clienti. Tutto bene? Non proprio: perché il misterioso algoritmo, se genera ricchezza impensabile, genera complicazioni di ogni tipo all’ignaro creatore.
Anche Walter Siti in Resistere non serve a nulla (Rizzoli, 317 pagine, 17 euro, in uscita il 2 maggio), mette al centro un finanziere dei nostri giorni, anzi un vero e proprio giocoliere della finanza con la creatività del matematico mancato, messo in posa con tutta la sua complessa e, in qualche modo, fulminante parabola di moltiplicatore di milioni su milioni, in una spirale infinita. Dalle origini povere, piene di ambiguità e misteri all’esplosivo successo professionale e mondano fino alla crisi dell’ultimo periodo, al mutato orizzonte di paura e panico. Tommaso, così si chiama il banker d’assalto, si affida nelle mani di uno scrittore, che è poi lo stesso Siti, presente in campo con tutta la sua (anche ingombrante) biografia non solo letteraria. A lui chiede di raccontarlo. Siti è preso al laccio di quell’offerta forse perché (confessa) «non si scrive quello che si vuole, si scrive quello che si può»; così lo racconta in una sorta di mimetico camuffamento antropologico - conoscitivo, «sei il mio stuntman, che esegue le scene più pericolose... un prototipo della mutazione».
Le scene più pericolose sono presenti fin dall’apertura dove il padre di Tommaso ancora bambino è costretto a uccidere per conto della criminalità organizzata; e così prepara in qualche modo il destino del figlio grande obeso (ma si opererà in Svizzera), il quale, dai condomini cenciosi di Pietralata e Anzio, come gestore di un fondo prima per una banca poi in proprio con un collega tanto diverso da lui per estrazione sociale, arriva a lambire l’International Hedge Award. Ad aver casa nel centro di Roma con i Cagnacci alla parete, a incastrare a sé un’olgettina molto intelligente e una scrittrice molto impegnata e tanto velleitaria. A diventare protagonista di salotti dove si muove l’umanità vacua e chiacchierina che già in Troppi paradisi, il suo romanzo più potente, Siti aveva indagato e vissuto con grande sapienza e sfrontatezza.
La «mutazione» è quella che lentamente scopre una sorta di «zona grigia» tra criminalità e finanza, un gran brodo di azioni, gesti, comportamenti, rituali sociali su cui Siti si getta senza esclusione di colpi, con un’immersione anche violenta nel gergo finanziario ed economico dei derivati e delle bolle di cui fa sentire, attraverso il linguaggio adesivo e avvolgente, quasi il respiro fisico, sessuale con cui passano i sentimenti, le emozioni, i valori, le visioni del mondo. Di un mondo (come ha ben scritto Alfonso Berardinelli) in cui lo stile che interessa di più è lo stile sociale, sono le modalità espressive che definiscono individui e ambienti: o meglio ambienti, più che individui.
Siti salta dal resoconto biografico al romanzo in terza persona con il classico, dichiarato narratore onnisciente mettendo anche nel conto un’ingordigia di materia: a che serve riprodurre l’egregio saggio de Il foglio sulle ragazze immagini, o la breve visione corsivata di un Berlusconi - che fa altre due fulminee apparizioni nel romanzo - «ricucito e rivestito»? Ma se l’abbondanza può far vacillare l’asse portante del romanzo, è continua nei suoi diversi strati una sorta di voce sovrapersonale che scorre e amalgama i vari registri. L’unica in grado di cogliere lo spirito del tempo, le «cose come sono», mettendo sullo stesso tavolo chi osserva e chi è osservato, chi racconta e chi si racconta, per una pietosa/impietosa risonanza magnetica della scrittura.
Un’ultima cosa: Resistere non serve a niente vuole «rappresentare un mondo dove soldi sporchi e soldi puliti si confondono in un groviglio inestricabile»: ma è anche un romanzo «definitivo sul collasso finanziario e morale dell’occidente»? Per l’estensore della quarta di copertina, non c’è dubbio, lo è. Ma non è un boomerang la tecnica imbonitoria nella confezione dei libri, senza la seduzione di «Donne, è arrivato l’arrotino» che qualche volta risuona ancora alle nostre finestre?