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 2012  aprile 26 Giovedì calendario

Questo fumetto parla difficile Sarà la nemesi dell’erudito? - Di questo passo, servirà davvero il topo-dizionario

Questo fumetto parla difficile Sarà la nemesi dell’erudito? - Di questo passo, servirà davvero il topo-dizionario. Da «diafano» a «turlupinare», fino a «retrogrado» e «nemesi», il linguaggio un po’ ricercato è sempre stata una delle caratteristiche delle pagine di «Topolino». Ma oggi, nell’era degli Sms con faccine e abbreviazioni, i piccoli lettori di fumetti stanno perdendo le parole. E fanno sempre più fatica a capire alcuni dei termini che popolano le frasi di Paperino, Pippo e Nonna Papera. È quanto emerge da una ricerca realizzata dal settimanale Disney su un campione di giovani seguaci. Tra le voci risultate più ostiche ai ragazzi intervistati, ci sono parole effettivamente un po’ in disuso come «stolido» e «disdoro». Ma anche altre che sembrerebbero facilidacapire,come«erudito», che – ironia della sorte – guida la classifica dei vocaboli più oscuri. In totale, sulle 2291 pagine dei numeri del giornalino presi in esame,sonoemerseben 545 parole giudicate difficili o ambigue. La ricerca è stata lo spunto per una competizione per sceneggiatori in erba, che si concluderà con la premiazione al Salone Internazionale del Libro, in programma tra il 10 e il 14 maggio. Nel concorso, Topolino ha invitato i ragazzi dai 6 ai 14 anni a scegliere una parola particolarmente complicata e poco usata e a costruirci intorno una breve storia. L’iniziativa è partita a febbraio con la striscia «Paperino e il mago delle parole», ideata da Roberto Gagnor. «È una storia un po’ simbolica spiega il fumettista - un super dizionario elettronico chiamato Kapoccion divora tutti i libri e fa sparire le parole dal mondo. Nessuno sa più come comunicare e la realtà diventa brutta e insignificante». Nella striscia, Paperino chiede aiuto al «glottostregone» Bergonz, la versione a fumetti dell’attore – e gran giocoliere della lingua – Alessandro Bergonzoni. «Topolino ha sempre avuto un lessico non banale - spiega Gagnor - è una tradizione che io e tanti miei colleghi cerchiamo di conservare. Io non credosiaunlimite,anzimipiacemettere qua e là dei termini difficili. I bambini, se non li conoscono, possono cercarli e imparare qualcosa. E gli adulti si godono una lettura un po’ più raffinata». Già perché i fumetti sono tutt’altro che una questione da ragazzini. Chi li produce non può dimenticare la sempre più vasta platea di appassionati adulti, che ritrovano nelle strisce un po’ della loro infanzia. Non fanno eccezione neppure quelli tradizionalmente considerati prerogativa di bambini e teenager, come appunto «Topolino». «Ormai i due terzi dei nostri lettori sono adulti», rivela la direttrice Valentina De Poli, «ma anche il nostro pubblico più giovane sta cambiando molto. Un tempo ad immergersi nei fumetti erano soprattutto i ragazzi un po’ più “asini”, troppo pigri per affrontare un libro. Oggi è il contrario: il bambino che legge libri molto spessoè lostesso chesiavvicina anche ai fumetti». Nell’epoca di Facebook e della comunicazione istantanea, il fumetto può insomma servire a salvare l’italiano e la sua varietà. «La quantità di parole che ognuno di noi conosce e adopera corrisponde alla profondità del nostro pensiero», dice lo scrittore Fabio Geda. «Ben vengano i fumetti che hanno un linguaggio assortito e che usano termini anche meno semplici da capire. Non solo nella scrittura, ma anche quando parliamo ai bambini, è giusto usare sempre le parole esatte. In questo modo, possiamo trasmettere la curiosità e il gusto per le tante possibilità che ha la nostra lingua». In fondo, se zio Paperone smettesse di lamentarsi dicendo «Me misero! Me tapino!», non sarebbe più zio Paperone.