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 2012  aprile 26 Giovedì calendario

MADDIE, LA BAMBINA CHE VEDIAMO CRESCERE IN UN COMPUTER

Fra qualche giorno Madeleine McCann compirà nove anni. Oggi è una bella bambina che sorride da una foto diffusa da Scotland Yard. Ma Maddie — come la chiamano i suoi da quando è nata, e come ormai fanno tutti quelli che conoscono la sua storia — non cresce come gli altri bambini. Il suo sviluppo avviene grazie a un software della polizia che, di anno in anno, rielabora i volti delle persone scomparse, proponendo come potrebbero essere adesso, nella speranza che siano ancora in vita e che qualcuno li possa riconoscere nel mondo reale.
La vicenda di Maddie ha avuto inizio nel maggio 2007 in un residence di Praia da Luz, in Algarve, Portogallo. La piccola era in vacanza coi genitori e due fratellini più piccoli. Una sera i McCann hanno lasciato i figli a dormire senza custodia per recarsi a cena con alcuni amici presso un ristorante a un centinaio di metri di distanza dal residence. Quella notte Maddie è scomparsa dal suo lettino e nessuno ne ha saputo più nulla. Il caso ha acquistato subito un’incredibile eco mediatica. Gli investigatori portoghesi, pressati dall’opinione pubblica di mezzo mondo e dai colleghi inglesi, hanno dovuto scontrarsi con un muro di buio e silenzio.
Si pensa subito a un rapimento e viene indagato un uomo del posto insieme con due conoscenti. Ma quando i cani da cadavere fiutano qualcosa nella stanza d’albergo, il sospetto cade sui genitori di Maddie come una mannaia. Entrambe le piste finiscono nel nulla e, dopo mesi di indagini, le autorità portoghesi mentre da un lato ammettono di non avere alcuna certezza riguardo alla sorte della bambina, dall’altro, paradossalmente, escludono con altrettanta certezza l’ipotesi del rapimento. Ipotesi che, però, non è mai stata abbandonata da Scotland Yard. E la conferma è proprio la foto mostrata ieri ai media che ritrae Maddie alla vigilia del suo nono compleanno. Per far luce sulla vicenda, il premier David Cameron pretese che si costituisse un team dedicato. Ebbe inizio l’Operation Grange, con 28 investigatori a capo dei quali c’è Andy Redwood che alla BBC ha dichiarato che oggi ci sono molte più possibilità di chiudere il caso e per questo ha fornito alla polizia portoghese ben 195 nuovi spunti d’indagine. Ma, cosa più importante, Redwood ha affermato che Maddie potrebbe essere ancora viva. L’ha fatto con una fermezza che stupisce, specie se proviene da gente di Scotland Yard, attenta a dosare ogni parola per non offrire vantaggi ai colpevoli. Perché è proprio questo il punto. Oltre al volto di Maddie, rimane una seconda faccia coperta dall’ombra.
Appartiene a chi forse l’ha presa o, molto più semplicemente, a chi sa che fine abbia fatto. Sono le sembianze di questa persona a perseguitare chi, da sei anni, cerca la bambina. Un mostro che, come sempre, è travestito da persona normale. Qualcuno che, quella sera, non è entrato in quella camera d’albergo per caso. Qualcuno che sapeva che i tre piccoli McCann dormivano senza custodia. Qualcuno che ha scelto Maddie e non i suoi due fratellini. È stato casuale oppure voleva proprio lei? Forse conosceva i MaCann o forse li aveva studiati nei giorni precedenti. Ed è da qui che, verosimilmente, sono ripartiti gli investigatori britannici. Non dal buio di una notte di primavera, ma dal sole di una vacanza. È nella luce del giorno, impressa nelle foto ricordo o nei filmini dei McCann e dei frequentatori del residence, che si nasconde il volto che nessun computer potrà elaborare. Ma, proprio nella foto di Maddie, c’è un dettaglio che può far immaginare un epilogo. La rielaborazione elettronica non mostra semplicemente una bambina più adulta, come capita negli altri casi di scomparsa. Nella riproduzione, Maddie sorride. E quel sorriso può significare tante cose. Per esempio che non si deve cercare una bambina impaurita, ma probabilmente una ragazzina che ormai ha rimosso il trauma del rapimento e adesso vive una nuova esistenza ricordando poco o nulla del passato. Una bambina a cui forse qualcuno, in modo sbagliato e distorto, vuole bene.
Donato Carrisi