Giovanni Caprara, Corriere della Sera 26/4/2012, 26 aprile 2012
La nuova corsa all’oro nello spazio A bordo Google e il papà di Avatar– «Questa è una storia americana
La nuova corsa all’oro nello spazio A bordo Google e il papà di Avatar– «Questa è una storia americana. Ancora un volta sono i privati a generare grandi idee». Le parole cariche d’orgoglio di Ross Perot Jr., figlio del miliardario ex candidato alla Casa Bianca, hanno sottolineato l’impresa che lo vede protagonista assieme ad altri famosi personaggi superdotati in dollari. Riuniti al Museo del volo di Seattle, nello Stato di Washington, presentavano gli obiettivi della società Planetary Resources, destinata a sfruttare le risorse minerarie degli asteroidi raccontando operazioni che sembrano il canovaccio di un film di fantascienza. Accanto a Perot c’erano James Cameron, il regista di Avatar e Titanic, appena risalito dagli abissi della Fossa delle Marianne, Larry Page co-fondatore di Google, Eric Schmidt presidente di Google, Charles Simonyi, che da turista si è concesso due voli sulla stazione cosmica e Eric Anderson, che già produce utili con la società Space Adventures spedendo turisti in orbita. Alle loro spalle altri investitori, specialisti e astronauti provenienti dalle industrie e dai centri della Nasa, come Chris Lewichi che al Jet Propulsion Laboratory guidava i piani di esplorazione marziana ed ora è il cervello che pilota la nuova avventura. L’impresa era nata in silenzio tre anni fa per iniziativa di Anderson e Peter Diamandis, un visionario che raccoglie fondi per lanciare premi ai confini del possibile. Sua era stata l’idea di un aeroplano a razzo per normali cittadini interessati a compiere un balzo oltre l’atmosfera a 100 chilometri d’altezza. Ora è stato costruito e Richard Branson presto lo utilizzerà con la sua società Virgin Galactic: prezzo del biglietto 200 mila dollari. Questo genere di premi ha una lunga tradizione negli Stati Uniti e lo stesso Charles Lindberg attraversò per primo l’Atlantico nel 1927 partecipando a uno di essi. L’idea di sfruttare le risorse naturali degli asteroidi non è nuova e i primi pionieri dello spazio, tra cui il russo Konstantin Tsiolkovsky agli inizi del Novecento, la proponevano. Ma erano ovviamente fantasie. In epoche più recenti, invece, gli asteroidi sono diventati sinonimo di paura dal cielo, come il film Armageddon ha raccontato. Un certo rischio asteroidi esiste davvero, perché finora non si è scandagliato a sufficienza il cosmo per censire la loro presenza, mentre le ricognizioni compiute negli ultimi anni dimostrano che sono almeno novemila quelli che si avvicinano alla Terra e circa 1500 hanno orbite ben conosciute. Fra tutti, gli astronomi sorvegliano con cura Apophis, che secondo i calcoli ha una certa probabilità di caderci addosso il 13 aprile 2036. E mentre le agenzie spaziali studiano missioni per deviarne le traiettorie, i miliardari della Planetary Resources guardano invece alle opportunità di business che offrono. A far uscire allo scoperto le loro intenzioni, tanto da annunciarle in dettaglio, sono stati due fatti. Il primo è un’indagine scientifica conclusa il mese scorso dal Keck Institute for Space Studies (Kiss) del Politecnico della California (Caltech), condiviso da vari centri Nasa e numerose università, il quale ha dimostrato la validità dell’idea; il secondo fatto è che oggi le tecnologie consentono di materializzare un progetto tanto ambizioso. «Dopo la corsa all’oro potrà nascere una corsa al platino», ha spiegato Eric Anderson, perché il metallo prezioso e uno dei componenti di questi corpi celesti con varie dimensioni, da pochi metri a centinaia di chilometri. Un pianetino di 800 metri di diametro potrebbe contenere 130 tonnellate di platino, con un valore di circa sei miliardi di dollari. Il rapporto Kiss ha precisato, inoltre, che in un asteroide di 500 tonnellate ci sono 100 tonnellate di acqua, 100 tonnellate di sostanze carboniose, 90 tonnellate di metalli (ferro, nickel e cobalto) e 200 tonnellate di silicati. Insomma un vera miniera su cui sognare affari stellari. Per arrivarci la società Planetary Resorces, che già produce utili con sistemi tecnologici avanzati nelle telecomunicazioni laser, ha un piano che prevede entro due anni il lancio di una sonda con un telescopio iniziando a rilevare gli asteroidi più interessanti su cui concentrare l’attenzione. Intanto si studierà un’altra sonda in grado di raggiungere il corpo celeste designato entro il decennio. Il proposito è di portare queste masse vicino alla Terra per facilitarne l’estrazione trasferendo in superficie ciò che più interessa, ad esempio il platino. Invece per altri metalli come il ferro, si pensa a un utilizzo diretto nello spazio nella costruzione di stazioni sulle quali imbarcare l’acqua estratta dagli asteroidi ricavandone ossigeno e idrogeno necessari agli astronauti e ai propulsori a razzo. Un’ulteriore ipotesi è collocarli intorno alla Luna per facilitare la realizzazione di una colonia selenica. «Abbiamo una visione di lungo periodo; non ci aspettiamo utili rapidamente — ricorda Anderson — ma è una prospettiva ormai concreta su cui puntare». Nel 1963 l’assemblea delle Nazioni Unite approvava il Trattato sullo spazio extra-atmosferico che impediva l’occupazione e l’appropriazione di qualsiasi corpo celeste da parte di nazioni singole. Anche gli Stati Uniti lo hanno sottoscritto ma nella conferenza di Seattle nessuno lo ha citato. Inevitabilmente nasceranno discussioni. Giovanni Caprara