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 2012  aprile 26 Giovedì calendario

LA RICETTA DI HOLLANDE: EUROBOND E TOBIN TAX

Nel giorno in cui la parola "crescita" è risuonata più volte, da Bruxelles a Berlino, il candidato socialista alle presidenziali francesi François Hollande ha ovviamente tirato la coperta dalla sua parte, ergendosi a capofila di una sinistra europea che vuole coniugare la disciplina di bilancio con scelte politiche meno austere, meno restrittive. Una sinistra che oggi può vincere a Parigi e domani, chissà, in Germania (dove si voterà nel settembre 2013).
«La nostra volontà, la nostra ambizione - ha ribadito Hollande nel corso di una conferenza stampa - è di integrare il Trattato fiscale europeo con qualcosa di più che non la sola disciplina con relative sanzioni, convinti che questa sia la strada proprio per raggiungere anche l’obiettivo di un controllo del debito e di una riduzione del deficit. Non voglio imporre nulla, ma quando il popolo francese si esprime può essere ascoltato. Soprattutto se è portatore di una posizione giusta, utile, oggi sostenuta da numerosi economisti. Molti, compresi alcuni che guidano istituzioni finanziarie, dicono che senza crescita l’Europa non ha futuro».
«Ed ecco - ha proseguito - lo stesso presidente della Bce, Mario Draghi, dichiara che il trattato fiscale deve essere completato da un patto di crescita. Aggiungendo persino che sarebbe utile fare un passo indietro e dare priorità all’educazione, alla ricerca, alle grandi infrastrutture. Il presidente della Bce è senz’altro importante per consentire di sostenere la crescita attraverso una politica dei tassi d’interesse. Ma il fatto che unisca la sua voce ad altre che si stanno levando, conferma che gli annunci che ho fatto, gli impegni che ho preso fanno di quella francese un’elezione decisiva anche per l’Europa».
Hollande ha inoltre confermato che, in caso di vittoria, all’indomani del voto del 6 maggio invierà a tutti i partner europei un memorandum in cui chiederà di rinegoziare il Trattato. Sulla base di quattro punti: «La creazione di eurobond, non per mutualizzare il debito bensì per finanziare progetti infrastrutturali industriali; maggiori possibilità di finanziamento per la Bei, la Banca europea d’investimento; la creazione di una tassa sulle transazioni finanziarie con gli Stati che saranno favorevoli; lo sblocco dei fondi strutturali oggi inutilizzati».
A questo documento «si dovrà aggiungere un dialogo tra gli Stati e la Banca centrale per combattere la speculazione e fare in modo di garantire il finanziamento necessario all’economia reale, visto che in questo momento il rischio principale è che l’Europa resti in recessione a causa delle difficoltà che incontrano le imprese nell’accesso al credito».
Fin qui le linee generali, relativamente chiare («Serietà sui conti pubblici sì, austerità a vita no»). Anche se l’idea di crescita che ha Hollande non è certo la stessa di Draghi. Lo scenario diventa più confuso quando si tratta di entrare nel merito delle iniziative.
Per esempio sugli eurobond, che sono cosa diversa dagli euro project bond, già previsti. «Gli eurobond - risponde Hollande - possono avere un doppio compito: finanziare il debito o dei progetti. Io preferisco che si finanzino dei progetti per rilanciare la crescita. Questo non impedisce che si trovino degli strumenti, penso allo stesso Esm, il Meccanismo europeo di stabilità, che permettano di aiutare gli Stati quando sono alla ricerca di finanziamenti o nel mirino della speculazione. Auspico peraltro che ci sia un legame tra lo Esm e la Bce, in modo da poter avere la potenza di fuoco necessaria». O sullo statuto della Bce: «Ho sempre pensato che andrebbe rivisto. Ma conosco le resistenze tedesche al riguardo. Sarebbe quindi meglio che la Bce, senza che sia necessario cambiarne lo statuto, possa intervenire come prestatore di prima e ultima istanza degli Stati». Sul Trattato, già ratificato da tre Paesi, Hollande ha poi spiegato che l’opzione tra una revisione dell’attuale o la stesura di un documento aggiuntivo sarà oggetto di negoziato con i partner europei.
Infine sui rapporti con la cancelliera tedesca Angela Merkel, che rischiano di essere problematici, ha chiarito: «Non penso che quello dello scontro sia un buon atteggiamento, non siamo qui per creare conflitti. Ma neppure per nascondere interpretazioni, posizioni diverse».