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 2012  aprile 26 Giovedì calendario

COSÌ ISRAELE VINCE LE SFIDE IMPOSSIBILI

Allevare salmoni «norvegesi» nel deserto, riparare tubature de¬gli acquedotti dall’interno per bloccare lo sperpero di acqua per causa di tubi perforati o mal salda¬ti, inventare nuovi tipi di chip,atti¬rare dall’estero laboratori di ricer¬ca di società come Google, Ebay, Microsoft, Cisco, sono alcuni dei successi menzionati nel best sel¬ler di due giornalisti ( Dan Senor & Saul Singer: Start-up Nation 2009) per spiegare come un Paese grande come la Lombardia in guerra da 64 anni e senza risorse naturali è riuscito a aumentare di 10 volte la popolazione (da 600 mi¬la a 7,5 milioni) le esportazioni di 13mila volte (da 6 milioni a 8 mi¬liardi di dollari) piazzandosi in ter¬mini di Pil fra Spagna e Italia.
Il segreto di queste scommesse vincenti con continue sfide esi¬stenziali sta nella combinazione di tre atteggiamenti caratteriali: sprezzo dell’autorità, passione del rischio, visione dell’avversità come fonte di energia. Non rende Israele particolarmente simpati¬co a molti. Ma pone il più delegitti¬mato Paese dell’Onu al 22˚ posto nella scala dei «migliori Paesi del mondo» (secondo Newsweek ), al quindicesimo per dinamismo, al primo per la salute pubblica con l’88% di soddisfazione della sua popolazione. È il solo ad aver supe¬rato l’attuale a crisi aumentando il suo rating; l’unico che inizia il ventunesimo secolo con più albe¬ri e¬verde che all’inizio del ventesi¬mo, che ha risolto i problemi di ir¬rigazione con la desalinizzazione e l’invenzione dell’irrigazione a gocce. Detiene il record mondiale della produzione del latte per mucca, esporta le migliori sale operatorie assieme ad aerei senza piloti, vanta la più alta percentua¬le di sopravvivenza dal cancro con medicine innovatrici contro l’Alzheimer,il Parkinson e la scle¬rosi multipla, una pillola rivolu¬zionaria per la diagnosi del siste¬ma digestivo e il primo computer biologico.
Si potrebbe allungare la lista ma la formula del successo che fa tanto imbestialire i suoi nemici, arabi e non arabi, non si è autocre¬ata. Vi hanno contribuito leader come Ben Gurion che ordinava, quando un esperto affermava che un compito era irrealizzabile, di cambiare l’esperto; come Shi¬mon Peres che negli anni Ottanta ha ridotto l’inflazione (dal 400% all’attuale 2.3%), come Netan¬yahu c¬he negli anni Novanta ha li¬beralizzato l’economia abbassan¬do la disoccupazione dal 12 al 4.7%, come il governatore della banca centrale Stanley Fisher che ha accumulato 78 miliardi di dol¬l¬ari di riserve stabilizzando la mo¬neta. Vi hanno contribuito i 20 col¬legi universitari, accademie, con 3 catalogate fra le prime 50 del mondo. In ultimo l’apporto di un milione di immigranti dalla Rus¬sia con educazione superiore per il 50% e la concentrazione in pa¬tria del più alto numero al mondo di scienziati e ingegneri per 10.000 abitanti (produttori del più alto numero di brevetti dopo USA e Canada).
Tuttavia un catalizzatore dello sviluppo é stato l’esercito. Con¬s¬cio della propria inferiorità quan¬titativa nei confronti del nemico arabo ha puntato sulla qualità umana facendo proprio il motto di Einstein: l’immaginazione è più importante della conoscenza. Chi esaminasse la lista dei fonda¬tori, direttori, amministratori del¬le società start-up (ve ne sono ol¬tre 4000 con un numero di quelle registrate alla borsa Nasdaq di New York che è superiore a quello europeo) noterebbe che la gran¬de maggioranza di questi innova¬tori esce dalle unità scientifiche, tecnologiche e di intelligence del¬le forze armate.
Il «miracolo» israeliano ha le sue ombre: divario di ricchezze e stato sociale, concentrazione del potere finanziario nelle mani di 18«famiglie allargate»,basso livel¬lo delle scuole medie, un milione di bambini a livello di povertà. Pro¬blemi a cui la scoperta di giaci¬menti di gas sottomarino dovreb¬bero portare rimedio entro il 2014 garantendo l’indipendenza ener¬getica del Paese e la creazione di un fondo sovrano dedicato - se¬condo le promesse con cui Bibi Netanyahu conta di vincere le prossime (2013) elezioni legislati¬ve all’educazione, allo sviluppo e alla integrazione sociale.