Marco Antonio Bazzocchi, la Repubblica 25/4/2012, 25 aprile 2012
La tesi chiesta al maestro che PPP non realizzò più Nel 1942 Longhi chiede al suo allievo bolognese Francesco Arcangeli notizie su un nome che ha visto nella firma di un articolo sulla rivista dei giovani universitari bolognesi
La tesi chiesta al maestro che PPP non realizzò più Nel 1942 Longhi chiede al suo allievo bolognese Francesco Arcangeli notizie su un nome che ha visto nella firma di un articolo sulla rivista dei giovani universitari bolognesi. Questo nome, che lui sente puzzare di "aristocratico" e di fregnone (cioè sciocco), è quello di Pier Paolo Pasolini che, appena tornato da un congresso della gioventù a Weimar, stende un resoconto entusiasta del suo soggiorno tedesco. Perché Longhi si rivolge a Arcangeli, che in realtà ha solo nove anni più di Pasolini, per chiedere informazioni? Arcangeli costituisce il baluardo bolognese della scuola longhiana. Il maestro, arrivato sulla cattedra di Storia dell´arte, nel 1934, ha trovato in lui un allievo modello, tanto che Arcangeli abbandona il progetto di una tesi letteraria su Guicciardini e si butta su un lavoro dedicato a un trecentista minore, Iacopo di Paolo, che studia con passione, come dimostra la sua tesi appena ripubblicata da un giovane studioso, Fabio Massaccesi, a sua volta allievo del bolognese Daniele Benati. Massaccesi pubblica anche le lettere che allievo e maestro si scambiano tra il 1936 e il 1937: lettere bellissime, dove sentiamo nasce la passione di Arcangeli per l´arte, sotto l´occhio attentissimo di Longhi. Pasolini, più giovane, resta incantato invece dalle lezioni del 1942 su Masaccio e Masolino, lezioni che sedimenteranno in lui a lungo, per risorgere all´altezza degli anni Sessanta, quando il poeta passa al cinema e crea un esperimento visivo fondato su principi longhiani: personaggi elementari, inquadrati come se fossero i corpi di una scultura romanica, espressionistica, padana. Ma nel ´42 Pasolini vorrebbe laurearsi in Storia dell´arte. Ha capito che il gruppo dei giovani intellettuali bolognesi gravita intorno a Longhi, anche se spesso scrivono poesie e discutono di letteratura. Allora scrive al maestro, gli propone due argomenti opposti: uno antico, su un quadro leonardesco, la Gioconda nuda, e uno moderno, su Carrà, Morandi, De Pisis. Ma la tesi non andrà in porto, non sappiamo se la mediazione di Arcangeli a un certo punto spinge in senso opposto. Fatto sta che Pasolini interrompe per un po´ gli studi, poi decide di laurearsi in fretta, su un argomento letterario, e compila un´antologia commentata della poesia di Pascoli con il docente di letteratura. Una scelta di ripiego? non è possibile dirlo, dal momento che Pascoli diventa per Pasolini un alter ego, un punto di riferimento costante. E le sue poesie vengono analizzate esattamente come se fossero immagini proiettate sul muro, secondo l´abitudine con cui Longhi impostava le sue lezioni. Frammenti di opere messe in relazione e commentate, un film che diventava racconto storico attraverso un paragone, per similitudine e differenze. Arcangeli scoprirà la sua vocazione sottraendosi alla personalità di Longhi, e scavando una strada profonda proprio in quella modernità che nella lettera Longhi chiama "inebriante". Pasolini diventerà longhiano negli anni Cinquanta, quando la rivista del maestro, Paragone, farà uscire i primi frammenti di una prosa narrativa atipica, un mosaico di lirica e dialetto. Con il cinema, poi, Longhi diventerà il vero nume tutelare. Ma sono passati vent´anni, e Pasolini si è rivelato tutt´altro che un "pazzoide novecentista motorizzato".