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 2012  aprile 24 Martedì calendario

UN RISULTATO CHE FA GIOCO ALLA POLITICA

In attesa di verificare se Hollande entrerà all’Eliseo fra due settimane (probabile ma non del tutto scontato), i mercati finanziari gli hanno dato ieri il benvenuto. Crollo generale delle Borse, assai vistoso in Italia e un rapido peggioramento degli spread. Niente d’imprevisto, a dire la verità: anzi, sarebbe giusto rilevare che il sussulto non è stato provocato solo da un candidato-presidente non ancora eletto, bensì da una condizione di malessere che attraversa l’intera Europa e tocca Paesi che si ritenevano immuni dal "virus" che divora le capitali indebitate. In Olanda si è dimesso il premier e si può credere che questa notizia abbia turbato gli operatori persino più del primo turno delle elezioni in Francia. In fondo gli olandesi sono tra i più fedeli alleati di Angela Merkel e del rigore tedesco condividono di solito fin le sfumature. Eppure anche loro sono in subbuglio. E a Roma? La soddisfazione per il successo di Hollande è palpabile. A sinistra, certo, ma non solo. L’idea diffusa è che dopo il 6 maggio il "Mitterrand pallido", una volta insediato, possa spezzare il vecchio patto di ferro con la Germania, indebolendo la posizione della cancelliera. È uno di quei casi in cui le differenze fra destra e sinistra si stemperano. Nessuno, s’intende, può rivaleggiare con Bersani, convinto che il vento di sinistra che soffia dalla Francia sia in grado di gonfiare le vele del Partito Democratico in Italia. Inutile obiettare che Hollande contesta proprio quelle linee di politica economica, ispirate alla Bce e all’ortodossia europea, che il Pd ha sostenuto fin qui votando i provvedimenti del governo Monti. Ma è legittimo: non tanto cambiare idea, quanto augurarsi che d’ora in poi qualcosa muterà; e che Hollande si rivelerà un così abile politico da riuscire a tessere la tela degli scontenti e da presentarsi poi alla Merkel per rinegoziare i vincoli di bilancio. Quale sarà il prezzo da pagare a questa svolta, se mai ci sarà? Non si sa ancora, ma le spinte speculative sono già in atto. Difficile credere che si fermeranno per incanto. Colpisce invece che anche a destra si guardi al nuovo possibile presidente con simpatia. Sarkozy aveva irritato tutto l’arco del centrodestra berlusconiano, lui che all’inizio sembrava in sintonia con quel mondo. Per cui la rottura si era consumata da tempo e adesso l’area Pdl e Lega non si rammarica di certo per l’eventuale uscita di scena dell’ex amico. Giulio Tremonti si è espresso per Hollande in modo esplicito, ma anche chi non arriva a tanto ammette a denti stretti che un presidente socialista apre nuovi spazi, allarga i margini di chi deve fare politica in Europa contenendo lo strapotere tedesco e richiamando l’attenzione dei vari governi nazionali sul problema della crescita economica. È un’opportunità di cui anche il presidente del Consiglio è consapevole, benché la linea dell’Esecutivo contempli la più assoluta lealtà agli impegni presi. Ma quello che accade a Parigi è troppo importante per non interessare da vicino Palazzo Chigi. Il punto semmai è un altro. È vero, la vittoria di Hollande è un sasso gettato nello stagno dell’Unione, sia pure a caro prezzo. Ma più che un successo del nebuloso programma socialista, il voto di domenica sembra una sconfitta di Sarkozy e della sua politica troppo filo-Markel. Diciamo meglio: il voto è un messaggio contro l’Europa della moneta unica. Il punteggio di Marine Le Pen, lo si è già detto, ha del clamoroso. La leader del FN si prepara a egemonizzare buona parte della destra francese, superando di slancio la vecchia frattura fra gollisti e "petainisti": temi che ai giovani d’oggi, che hanno votato in massa la figlia di Jean-Marie, non dicono granché. Eppure l’area che un tempo era berlusconiana e che oggi Alfano prova a rigenerare rischia di trovarsi stretta in una morsa. Hollande forse farà una politica populista che potrebbe trovare estimatori anche a destra, ma il vantaggio politico sarà del centrosinistra bersaniano. Per il buon motivo che finalmente il Pd avrà in Europa (un’Europa fino a ieri tutta di destra dopo la caduta di Zapatero a Madrid) una sponda ragguardevole. Viceversa la destra moderata dovrà maneggiare l’ingombrante presenza della Le Pen. La quale pronuncia parole di fuoco verso Bruxelles e Francoforte: proprio le parole che Berlusconi e i capi del Pdl, nel loro complesso, vorrebbero gridare anche loro. Ma non possono, non è la loro parte in commedia. E tuttavia la sofferenza è grande. Fra Hollande e Marine Le Pen la scomposizione politica in Francia rischia di essere travolgente. Tanto da far apparire le manovre dei partiti italiani quello che sono: piccoli giochi tattici al riparo del governo "tecnico".