Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 24/4/2012, 24 aprile 2012
TELEVISIONE, “RAI E MEDIASET NON TOLLERANO CONCORRENZA”
Centinaia di ricorsi, decine di lettere, anni di nulla. E poi il canale Europa 7 che s’accende lentamente perché l’abusiva Rete 4 non s’era mai spenta. L’abruzzese Francesco Di Stefano non è soltanto un imprenditore, ma una sentinella di truffe e trame che s’infiltrano nel mercato televisivo: “Non occorre fare sofisticate previsioni oppure ragionamenti burocratici, l’azzeramento del beauty contest non aiuta il pluralismo italiano. L’asta sarà un fiasco: non cambia niente, i piccoli non crescono, i nuovi non entrano, i monopolisti godono. Vi siete chiesti perché Mediaset ha protestato così timidamente?”. Domanda complicata, Di Stefano prova a rispondere: “Però facciamo un salto indietro nel tempo. Il famoso beauty contest, che doveva assegnare gratuitamente le frequenze, viene pensato perché l’Europa aveva aperto una procedura d’infrazione (rischio multe milionarie, ndr) che diceva che la Gasparri aveva fatto un disastro ammazzando la concorrenza. Non finisce qui”.
IL RACCONTO è ingarbugliato non per colpa di Di Stefano: a volte, la lentezza è una qualità tipicamente politica. “E anche a Bruxelles – aggiunge l’imprenditore – C’era stata pure una sentenza storica che riguardava Europa 7: la Corte di Giustizia europea spigava che le storture causate con la legge Gasparri andavano sistemate e il mercato finalmente aperto”. E invece il governo di Silvio Berlusconi, eventi ancora recenti, istituisce un concorso di bellezza, il beauty con-test. Non si paga, si riceve: “Ecco , l’errore sta in quell’atto sciagurato. Mediaset e Rai, i monopolisti, non dovevano partecipare: non potevano. Il beauty contest serviva per le società, italiane o straniere, che potevano rinfrescare un quadro immobile con il Biscione e viale Mazzini a spartirsi ascolti e pubblicità”. Senza scivolare nel conflitto d’interessi, s’immagini al governo: come rimediare? “Il premier Mario Monti e il ministro Corrado Passera conoscono benissimo la materia. Sanno perfettamente che una parte di quelle frequenze in gara, fra poco, cioè nel 2015, sono riservate agli operatori telefonici. La soluzione è semplice: Rai e Mediaset non possono iscriversi, le frequenze disponibili vanno a quelli danneggiati come me oppure a quelli che vogliono investire”. Lei non è a palazzo Chigi, dunque non si toccano le pedine. Il governo prevede un’asta pubblica fra quattro mesi, che succede? “Non credo che Telecom Italia Media (La7) o Rai saranno dei giochi. L’unico dubbio forse è Sky, che sarebbe anche l’unico timore di Mediaset. Quando Fedele Confalonieri avrà la certezza che il campo sarà libero, terrà la sua azienda fuori: al Biscione possono interessare nuove frequenze per impedire che vadano la concorrenza, altrimenti può farne a meno”. Mediaset protesta, però: ci tengono fuori, dicono, c’è il divieto di cinque multiplex e noi siamo esattamente a cinque. Vero o falso? “Questo è l’ennesimo regalo. Confalonieri si finge vittima perché intuisce e spera che le frequenze per la tv sul telefonino - che già possiedono - saranno convertite al digitale terrestre. Identico omaggio per la Rai. Il rischio c’era anche con il beauty con-test, perché ora fanno questa scenata?”. Il racconto si trasforma in romanzo. Non s’intravede la fine. Come sarà? “Non ci sarà la gara per le televisioni, semmai fra chissà quanti anni verranno coinvolti i telefonici. Fra avere più frequenze e misurarsi con la concorrenza, Mediaset preferisce la prima scelta. Anche la Commissione europea ha colpe gravissime. La procedura d’infrazione è stata attivata sei anni fa, sono maestri nel perdere tempo e nel cincischiare. Non dimenticherò facilmente l’ex ministro Paolo Gentiloni che difesa le legge Gasparri a Bruxelles. La Commissione per la concorrenza non ha più alibi”. Europa 7 farà l’asta? “Non ci penso nemmeno, faremo i nostri ricorsi. Noi avevamo vinto il beauty contest, ci avevano messo in un lotto vuoto perché in Italia neppure tentano di fare televisioni. Mi dispiace perché l’ultimo treno è passato, e il mercato televisivo italiano sarà sempre lontano dai principi di un paese europeo: la concorrenza ce la sogniamo”.