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 2012  aprile 25 Mercoledì calendario

Macché diseredato: ecco le 21 case di Doria - Buon sangue non mente. Tran­ne qualche volta. Lasciate stare il nonno, ha detto Marco Doria can­didandosi a sindaco di Genova

Macché diseredato: ecco le 21 case di Doria - Buon sangue non mente. Tran­ne qualche volta. Lasciate stare il nonno, ha detto Marco Doria can­didandosi a sindaco di Genova. Ma quale titolo nobiliare, aveva re­plicato al Pdl che, schierando Pier­luigi Vinai, ironizzava sulla Sini­stra in corsa nella Superba col pri­mo dei superbi, discendente del ca­sato più antico e celebre della città. Ignoranti: «Mio padre Giorgio fu di­seredato dalla famiglia quando si iscrisse al partito comunista». Lo chiamavano il «marchese rosso», non a caso, e giù a ricordare con vanto i tempi in cui papà suscitò scandalo nella Genova bene, e non tornò sui suoi passi neppure quando i suoi congiunti lo at­taccarono per una scelta ideologi­ca e di vita lacerante ri­sp­etto alle ori­gini aristocrati­che e liberali. Buon sangue non mente e infat­ti è da papà che Marco ha preso tut­to. Il mancato titolo, e gli immobili. Tanti: ventuno per l’esattez­za. Cinque negozi, un ga­rage, un magazzino, tre­di­ci appartamenti e un im­mobile a destinazione spe­ciale. Tutti nelle vie e nei quartieri più prestigiosi. Un appartamento di 10 vani, più tre garage e un nego­zio in via Ageno Bombrini a Sam­pierdarena, la sola strada nobile di quello che per il resto è un quartie­re popolare, intitolata al commen­datore e senatore che guidò la Ban­ca del Regno d’Italia. Un apparta­mento di 8 vani in via Montallegro, due di 10 e 4 vani in via Franzone, uno di 5,5 vani in via Zara, e cioè nel­l­e tre vie più belle della collina di Al­baro, che si arrampica alle spalle del lungomare e che i genovesi semplicemente chiamano «la zo­na dei ricchi». E poi il gettonatissi­mo centro storico: tre negozi in vi­co del Ferro, un appartamento di 17,5 vani in vico della Chiesa della Maddalena, dove possiede anche un negozio e un laboratorio magaz­zino da 218 metri quadri. Ma su tutto corso Garibaldi, già Strada Maggiore e poi via Aurea, che ospita magnifici palazzi dagli interni affrescati e che fa parte del Patrimonio dell’umanità dell’Une­sco. Per la maggior parte, gli immo­bili, ereditati da papà Giorgio, «te­stamento olografo » dicono le visu­re, e suddivisi fra i fratelli Doria, Marco, Clemente e Giuliano, e la di loro madre Nora Adele Goldsch­miedt. Un patrimonio che sul mer­cato vale oltre 30 milioni di euro, ammesso di poter dare un valore a palazzi come quello al civico 6 di via Garibaldi, che sa­rà il caso ma si chia­ma Palazzo Doria, nel quale Marco e fa­miglia possiedono il piano terra che ospita la Banca Carispezia, l’ammezzato, il primo e il se­condo piano occupati dal Circo­lo Tun­nel, e poi un appartamen­to di 14 vani al terzo piano e quattro appartamenti al sesto, uno dei quali di 16,5 vani. Tanto per di­re: il circolo Tunnel, classificato co­me D8, e cioè immobile a destina­zione speciale, ha una rendita cata­stale di diconsi 79.200 euro, contro i 1988 euro del pur prestigioso ap­partamento di 14 vani al terzo pia­no. Ogni anno, il Tunnel paga un af­fitto di 120mila euro. Poiché la pro­prietà è suddivisa in sesti, Clemen­te che ne ha i tre sesti ne incassa 60mila, agli altri tre componenti della famiglia vanno 20mila euro a testa. Sul totale del valore di merca­to degli immobili ( nove di sua pro­­prietà, gli altri suddivisi in sesti), il Doria candidato alla fine, se ven­desse tutto, potrebbe contare su 10-12 milioni di euro. Fosse un ve­ro comunista, di quelli che la pro­prietà privata è un furto, Genova avrebbe risolto metà dei suoi pro­blemi. Del resto, se fosse un compa­gno vero, Marco forse avrebbe cambiato la categoria catastale di almeno uno dei suoi appartamen­ti in A1, categoria di lusso, e invece sono tutti ordinari se non popolari, alcuni addirittura in A10, cioè sen­za bagno o riscaldamento. Lui, tanto per non fare il figlio di cotanto papà, la casa dove vive se l’è comprata. Trattasi di 17,5 vani su due piani, rendita catastale 4.699,76 euro, che significa un valo­re ai fini fiscali di 775.460 euro, e un sul mercato di oltre un milione. Ca­tegoria A 2, ordinaria, vabbè. Ubi­cato in vico della Chiesa della Mad­dalena, uno dei preferiti dai radi­cal chic che vogliono ostentare la propria appartenenza al popoli­no. Un altro appartamento che Marco si è comprato da sé è in piaz­za della Maddalena, 6 vani con una rendita catastale di 906 euro che il compagno professore ha diviso in due appartamenti da tre vani. Men­tre i 10 vani di via dei Franzone 2, in Albaro, li ha comprati con la mo­glie: in separazione dei beni, che va bene il comunismo, però ciò che mio è mio. Del resto, a Marco i soldi non mancano, ché oltre alla docenza universitaria è stato nel Cda di Filse, la Finanziaria della Re­gione, vicepresidente di Liguria ri­cerche, consigliere di Cooperfidi ed è tuttora nel Cda della Urban Lab Genoa International School. Le colpe dei padri non ricadono sui figli. L’eredità sì. Ditelo a don Gallo il prete dei diseredati, che al diseredato marchese arancione mette a disposizione un locale del­la sua comunità di San Benedetto per la campagna elettorale. Dice un proverbio genovese: «O cù e i dinê no se mostran a nisciun». Per la traduzione, chiedere a Doria.