TONIA MASTROBUONI, La Stampa 25/4/2012, 25 aprile 2012
Salari al palo, a marzo +1,2% - C’era una volta la scala mobile, un meccanismo micidiale che legava automaticamente gli stipendi all’inflazione e creava, a sua volta, aumenti dei prezzi, la cosiddetta «spirale inflazionistica»
Salari al palo, a marzo +1,2% - C’era una volta la scala mobile, un meccanismo micidiale che legava automaticamente gli stipendi all’inflazione e creava, a sua volta, aumenti dei prezzi, la cosiddetta «spirale inflazionistica». Ma c’è qualcosa anche nel metodo attuale, che prevede che i sindacati e aziende negozino ogni tre anni gli aumenti in busta paga, che funziona male. A marzo si è registrata la differenza più alta tra la dinamica dei prezzi e quella delle retribuzioni da diciassette anni: ben 2,1 punti percentuali. Una sorta di «tassa occulta» che mina la capacità di spesa dei lavoratori e che incide negativamente sul costo della vita. Mentre gli incrementi in busta paga sono stati dell’1,2 per cento rispetto a marzo del 2011 (e nulli mese su mese), ci fa sapere l’Istat, l’inflazione è aumentata del 3,3 per cento, spinta soprattutto dall’impennata del petrolio e delle materie energetiche. La differenza è del 2,1 per cento, appunto, la forbice più alta dal 1995, quando era stata del 2,4 per cento. L’incremento dell’1,2 per cento, peraltro, è il più alto dall’inizio delle serie storiche, dal 1983 (quando però c’era ancora la scala mobile). Anche il dato del primo trimestre degli aumenti degli stipendi è ai minimi: l’1,3 per cento rispetto al periodo gennaiomarzo del 2011. Certo, il dato è influenzato dal congelamento dei rinnovi contrattuali decisi nel 2010 per gli statali - infatti nella rilevazione per macrosettori risulta che a marzo, tra i pubblici dipendenti, la variazione sull’anno precedente è stata nulla.Alcontrario,idipendenti del settore privato hanno beneficiato - se così si può dire, di buste paga più pesanti dell’1,7 per cento. Ma un altro fattore che pesa, è che molti rinnovi attendono ancora di essere firmati: ben 36 (ma 16 nel pubblico), equivalente al 32,6 per cento dei dipendenti. Significa che ci sono 4,3 milioni di lavoratori in attesa di un adeguamento dei loro stipendi al costo della vita attraverso i negoziati sui contratti collettivi. Il Codacons parla di una «tassa invisibile che dissangua sempre più gli italiani» e ha tentato un calcolo delle perdite effettive per una famiglia. «E’ come se una famiglia di tre persone avesse avuto una perdita equivalente a 720 euro (610 per una famiglia di 2 persone)» calcola il Codacons. In trincea anche i sindacati. Susanna Camusso osserva che le cifre fornite dall’Istat confermano che «le condizioni di reddito dei lavoratori continuano a peggiorare». La numero uno della Cgil ha ricordato che « i lavoratori pubblici sono al quarto anno di blocco dei contratti» e che molte «altre categorie rinnovano i contratti e gli accordi aziendali con grande difficoltà mentre sul potere d’acquisto pesa l’aumento delle tasse e il fiscal drag». Intanto sono in arrivo ritocchi alla riforma dell’articolo 18. Alcune correzioni potrebbero essere apportate in Senato nel corso dell’esame in Commissione lavoro. «Il Pdl e il Pd non hanno presentato modifiche all’art. 18», il che conferma il fatto che «il “lodo ABC” tiene», ha spiegato il relatore Maurizio Castro (Pdl), anche se alcuni piccoli aggiustamenti potrebbero essere fatti in particolare sui licenziamenti disciplinari, limitando i poteri del giudice e correggendo le norme che potrebbero diminuire le tutele in appello per i licenziati. Per questi aggiustamenti non saranno i relatori a presentare gli emendamenti ma dovrebbe farlo il governo. Castro ha poi precisato che «vanno fatti due aggiustamenti». Uno sul disciplinare: la tipizzazione legale va espunta rispetto alla tipizzazione contrattuale e regolamentare. Mentre nel licenziamento economico bisogna fare in modo che la possibilità che la procedura conciliativa non possa essere elusa. In tutto sono 800 gli emendamenti depositati (300 solo della Lega) che da domani la Commissione deve affrontare.