Giornali vari, 26 marzo 2012
Anno IX – Quattrocentodiciassettesima settimana Dal 19 al 26 marzo 2012Topolino La montagna eretta da Mario Monti e Elsa Fornero intorno alla riforma del mercato del lavoro ha partorito, invece di un decreto o di una legge delega, il topolino di un disegno di legge che non vedrà mai la luce, se è vero che ci vogliono come minimo due anni perché un qualunque testo passi dalle Camere alla Gazzetta Ufficiale, e questo non è un testo qualunque, ma un testo fortissimamente avversato da Cgil e Partito democratico (con contorno di spaccature interne)
Anno IX – Quattrocentodiciassettesima settimana
Dal 19 al 26 marzo 2012
Topolino La montagna eretta da Mario Monti e Elsa Fornero intorno alla riforma del mercato del lavoro ha partorito, invece di un decreto o di una legge delega, il topolino di un disegno di legge che non vedrà mai la luce, se è vero che ci vogliono come minimo due anni perché un qualunque testo passi dalle Camere alla Gazzetta Ufficiale, e questo non è un testo qualunque, ma un testo fortissimamente avversato da Cgil e Partito democratico (con contorno di spaccature interne). Del resto, basta fare un po’ di conti: Monti si augura che sia possibile il varo del Senato «prima dell’estate», in realtà «prima di 120 giorni» (Schifani). 120 giorni significa metà luglio. Basterà quindi agli oppositori (Idv, Lega e vari di sinistra sparsi) un minimo di manovre parlamentari, di cui sono maestri, per arrivare ad agosto, cioè a settembre-ottobre quando entreranno però in pista i tradizionali provvedimenti finanziari di fine anno. Eccoci perciò ancora al Senato all’inizio del 2013, esordio della campagna elettorale e degli inciuci per scegliere il successore di Napolitano. È anche possibile che in mezzo al fuoco di quelle settimane future si riesca a licenziare il testo da Palazzo Madama. Mancherebbe però ancora tutto l’iter della Camera. Sarà un caso, ma lo spread, che era sceso fino a 275 dieci giorni fa, è tornato a 329 all’apertura dei mercati di lunedì.
Articolo 18 In ogni caso: il punto contestato della riforma è la riscrittura dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, approvato nel 1970 con l’astensione del Pci. Mentre nella vecchia versione era proibito agli imprenditori licenziare senza giusta causa, nella nuova versione si potrà mandare a casa la gente per motivi economici pagando un risarcimento di 15-27 mensilità; oppure per motivi disciplinari lasciando al giudice di decidere, poi, se il lavoratore mandato via vada risarcito o reintegrato. La Cgil non vuole che si tocchi l’articolo 18 e ha proclamato 16 ore di sciopero, che si faranno però a maggio. Cisl e Uil vogliono che sia demandato al giudice anche il licenziamento economico. Impossibile, come è ovvio, liberarsi di un dipendente per ragioni “discriminatorie”, cioè per il colore della sua pelle o per la sua religione eccetera. L’articolo 18, così riformulato, è esteso a tutte le imprese, anche a quelle con meno di 15 dipendenti.
La riforma Per il resto, la riforma prevede quanto segue: la cassa integrazione ordinaria rimane, quella straordinaria pure, finisce invece la cosiddetta mobilità, quel pezzo del welfare che riguarda i lavoratori rimasti senza posto. Per costoro, invece dei quattro anni teorici di assistenza, si provvederà con un assegno di 1.119 euro per 6 mesi, ridotto del 15% per gli altri sei mesi. Se il lavoratore ha più di 54 anni, saranno ammessi ancora sei mesi di soccorso con un ulteriore taglio del 15%. Il trattamento di mobilità riguarda oggi quattro milioni di lavoratori. Questo nuovo Aspi (Assicurazione Sociale Per l’Impiego) sarà invece erogabile a tutta la platea dei 12 milioni di lavoratori dipendenti privati. La Fornero ha spiegato che il nuovo sistema vuole incentivare i disoccupati a trovarsi un altro posto al più presto. Le imprese potranno/dovranno ricorrere a un contratto dominante, uguale per tutti. In un primo periodo di tre anni, dedicato all’apprendistato, il lavoratore potrà essere mandato via. Dopo questi tre anni, il contratto diventerà a tempo indeterminato. Il ricorso a forme di contrattualizzazione più flessibili (contratti a progetto, lavori somministrati, a chiamata ecc.) sarà più costoso per le imprese di un 1,4%, parzialmente restituibili se il contratto flessibile sarà trasformato in un’assunzione a tempo indeterminato. Il sistema andrà a regime nel 2017 e costerà (cifre fornite dalla ministra Fornero) 1,7-1,8 miliardi.
Politica Nella procedura con cui si è arrivati all’approvazione in consiglio dei ministri del provvedimento c’è un punto da non sottovalutare: il premier ha preannunciato che non avrebbe sottoscritto alcun accordo con i sindacati, secondo il vecchio metodo della concertazione: verbalizzate le posizioni di ciascuno, avrebbe affrontato l’unico interlocutore per lui valido, cioè il Parlamento. Per Cgil, Cisl e Uil – private a un tratto del potere di veto – è un brutto colpo. A cui hanno reagito invocando il Parlamento perché modificasse il testo «migliorandolo». Un riconoscimento, finalmente, della superiorità di Camera e Senato contro cui però le sigle dei lavoratori, a questo punto, non potranno protestare nel caso la riforma, invece di essere «migliorata», fosse «peggiorata».
Squinzi Il nuovo presidente della Confindustria, scaduto il mandato di Emma Marcegaglia, sarà Giorgio Squinzi, designato dalla giunta dell’organizzazione con uno scarto minimo, però, sul suo avversario Alberto Bombassei: appena 11 voti. È persino possibile che a maggio, quando l’assemblea di Confindustria sarà chiamata a ratificare questa scelta, vi sia un voltafaccia. È più probabile tuttavia che tra i due rivali si arrivi a un accordo e a una gestione di compromesso. Squinzi era il candidato della Marcegaglia, Bombassei quello della Fiat: Marchionne aveva persino annunciato che, se fosse stato eletto, il Lingotto sarebbe rientrato in Confindustria. Il neo presidente ha 69 anni, guida la Mapei (colle e adesivi per mattonelle tra cui il celebre Vinavil) una multinazionale con 7500 dipendenti, 68 aziende consociate, 59 stabilimenti (9 in Italia, 50 nel resto del mondo). Squinzi è milanese, appassionato di ciclismo e proprietario della squadra di calcio del Sassuolo, salita da ultimo dalla serie C2 alla B. Dice di non aver mai mandato via nessuno e di essere sempre andato d’accordo con la Cgil. Considera l’articolo 18 e la questione dei licenziamenti «l’ultimo dei problemi».
Liberato Dei due italiani sequestrati dieci giorni fa nell’Orissa indiano, Claudio Colangelo, 61 anni, da Rocca di Papa in provincia di Roma, è stato liberato. Durante la prigionia, ha preso la malaria, poi, stufo di mangiare pane azzimo, ha insegnato ai suoi rapitori a grigliare le melanzane («ci mettono ancora troppo olio»). Ha detto che lui e l’altro rapito sono diventati amici dei maoisti che li custodivano nella giungla facendoli marciare senza sosta. L’altro rapito, ancora nelle mani dei sequestratori, si chiama Paolo Bosusco, 54 anni, da Condove in provincia di Torino: la sua salvezza dipende dall’esito delle lotte tra i gruppi maoisti. I rapitori dei due italiani sono guidati da uno Shabhasachi Panda che vuole, mediante i sequestri, riacquistare credibilità e forza all’interno del movimento. I suoi nemici – sempre maoisti – per dissuadere il governo a concedergli quello che chiede hanno ammazzato un poliziotto e rapito un parlamentare.
Tolosa Lunedì 19 marzo, alle 7.56 del mattino, Mohamed Maher di 23 anni è entrato nella scuola ebraica Ozar Hatorah di Tolosa e sparando con due pistole ha ucciso un insegnante trentenne, Yonatan Sandler, i suoi due figli di 6 e 3 anni, Arieh e Gabriel, e una bambina di 8 anni, Miriam Monsenego. Mentre ammazzava, Maher teneva legata al petto una piccola telecamera, con cui riprendeva le fasi dell’eccidio. La polizia lo ha individuato quasi subito, grazie alle telecamere che avevano filmato massacro e fuga, alle tracce lasciate da un computer, all’analisi delle pallottole da cui si è risaliti alle armi e si è scoperto che l’assassino era lo stesso che, pochi giorni prima, aveva ucciso, sempre a Tolosa, tre parà. Assediato per 30 ore dalla polizia nel suo ammezzato di rue Sergent Vigné 17, alla fine Maher è saltato da una finestra continuando a sparare. Ma mentre fuggiva un proiettile della polizia lo ha colpito alla testa, freddandolo sul colpo.