Giornali vari, 19 marzo 2012
Anno IX – Quattrocentosedicesima settimana Dal 12 al 19 marzo 2012Soldi Lo spread ha raggiunto quota 275 e si parla ormai apertamente di quota 180, da riconquistare molto presto in modo da metter fine alla lunga perdita di valore dei nostri titoli
Anno IX – Quattrocentosedicesima settimana
Dal 12 al 19 marzo 2012
Soldi Lo spread ha raggiunto quota 275 e si parla ormai apertamente di quota 180, da riconquistare molto presto in modo da metter fine alla lunga perdita di valore dei nostri titoli. Intanto però la benzina sta a due euro e per un buon cinquanta per cento questo prezzo è determinato dalle accise che la gravano e dall’Iva che si calcola pure sulle tasse e che dall’autunno dovrebbe salire al 23%, se non ci saranno ripensamenti. Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, il costo nudo e crudo della benzina è di dieci centesimi, «il prezzo del greggio al pozzo e quello per trasformarlo in carburante». Tuttavia, essendo invariata la struttura delle accise imposte dalla politica (e dalle amministrazioni regionali, che hanno diritto a un’addizionale: le più avide sono le Marche, quelle che fanno più sconti Bolzano e la Lombardia), resta il fatto che, al minimo aumento del prezzo del petrolio, arrivato a 125 dollari il barile, il costo della benzina va su.
Petrolio Come mai, però, il petrolio va su? Prima di tutto perché il dollaro si sta apprezzando sull’euro e questo ha riflessi sul prezzo del barile dato che il petrolio si compra solo con i dollari e per comprare petrolio bisogna quindi comprare prima i dollari, e se i dollari crescono di prezzo… Seconda causa, la ragionevole certezza degli speculatori che in Iran qualcosa accadrà e se qualcosa accadrà (guerra) cesseranno le forniture provenienti da quell’area. Terza causa: sono spariti dal mercato 550 mila barili di petrolio al giorno per via delle reazioni iraniane alle sanzioni e altri 200 mila barili di petrolio al giorno per via delle crisi in Siria, Sudan meridionale e Yemen. Quarta causa: Putin manovra per tener su il prezzo del greggio, dato che a 118 dollari fa il pareggio del bilancio e a 150 ha i soldi per comprarsi quei pezzi della società civile e degli apparati dello Stato che ancora non controlla. Quinta causa, forse la più importante, la sete cinese: sempre temendo una guerra in Iran, a febbraio Pechino ha acquistato 5,95 milioni di barili al giorno, +18,5% rispetto all’anno scorso. La Cina ha moltiplicato le importazioni da Riad e acquistato centinaia di navi che avevano a bordo greggio caricato a gennaio in Medio Oriente, Russia, Africa.
Lavoro Il governo varerà la sua riforma del lavoro venerdì prossimo, con o senza l’accordo di sindacati, Confindustria e organizzazioni che rappresentanto le piccole imprese. Girano una quantità di indiscrezioni, ma la Fornero è andata domenica sera da Fazio e a questo punto sembra certo che: l’articolo 18 sarà modificato lasciando al giudice la decisione, in caso di licenziamento per motivi disciplinari, di reintegrare il dipendente allontanato o risarcirlo (è il sistema tedesco, nel quale otto volte su dieci il giudice opta per il risarcimento); verrà istituito un assegno di disoccupazione e gradualmente abolita la cassa integrazione straordinaria e quella in deroga (la riforma dovrebbe andare a regime nel 2017); le imprese pagheranno «qualcosa in più» (Fornero) quando assumeranno a tempo determinato, soldi che lo Stato almeno in parte restituirà quando l’assunzione sarà trasformata a tempo indeterminato. Questo breve elenco rende conto dell’opposizione generale al progetto di riforma: i sindacati, su cui incombe una débâcle storica, non vogliono che si tocchi l’articolo 18 (almeno: non in questo modo) e hanno il mal di pancia per l’abrogazione di pezzi di cassa integrazione, uno strumento che dà loro un grande potere di mediazione su tutto il territorio. I sindacati padronali (Confindustria e Rete Imprese Italia) vedono come il fumo negli occhi il rincaro dei contratti di precariato. Rete Imprese Italia ha preannunciato a questo proposito la denuncia di tutti gli accordi esistent. Fornero da Fazio ha sostenuto che questa opposizione di tutti garantisce che il governo «sta lavorando per il bene del Paese e non a vantaggio di una parte sola». Sia la ministra del Lavoro che Monti hanno ribadito più volte che tireranno dritto per la loro strada qualunque cosa pensino le parti sociali. I sindacati hanno tentato da ultimo la mossa disperata di presentare un documento unitario sull’articolo 18, altrimenti «non firmeremo». Finirà che a ustionarsi su questa materia sarà alla fine anche Bersani.
Sequestri Gli italiani rapiti nel mondo sono a questo punto dieci, dato che un’organizzazione maoista ha sequestrato sabato sera altri due nostri connazionali nello stato di Orissa, in India. Nel momento in cui scriviamo la situazione è in stallo. I due si chiamano Paolo Bosusco, 54 anni, da Condove (Torino) e Claudio Colangelo, 61, da Rocca di Papa (Roma). Bosusco, attraverso una sua agenzia che ha sede a Puri (India), organizza camminate sui sentieri delle tribù interne e (forse) incontaminate del Kandhamal. Colangelo, che passa il tempo aiutando i diseredati del mondo, gli aveva chiesto di organizzargli uno di questi trekking. La gita è cominciata ed è finita male. I sequestratori sono maoisti Naxaliti guidati da uno Shabhasachi Panda che si vuole moderato, anche se accusato di aver violentato una donna e averle ammazzato il marito. Questo Panda sarebbe in lotta con la frazione estremista del suo movimento e il sequestro sarebbe finalizzato a conquistargli nuovo consenso. Due indiani capitati nelle mani dei rapitori insieme con Bosusco e Colangelo e subito liberati sostengono che i banditi non hanno cattive intenzioni e rilasceranno incolumi i prigionieri. Panda ha posto tredici condizioni per la liberazione, tra cui il pagamento di un riscatto e la scarcerazione di un certo numero di prigionieri politici. Nel suo comunicato se la prende anche con i “safari umani”, la mania dei turisti di fotografare e filmare gli indigeni come fossero animali rari. Il governo dell’Orissa sembra incline a concedere tutto quello che viene chiesto.
Anghiari L’ingegner Maurizio Seracini sostiene da 30 anni che dietro a La battaglia di Scannagallo, dipinta dal Vasari sulla parete est del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze, si nasconde la celeberrima Battaglia d’Anghiari di Leonardo, magnifica secondo le testimonianze d’epoca ma mal dipinta perché Leonardo con le pitture sul muro non ci sapeva fare (vedi L’ultima cena) e coperta alla fine per ordine di Cosimo I de’ Medici. Vasari non avrebbe però affrescato sul vecchio dipinto: costruito un muro a pochi millimetri da Anghiari, avrebbe così salvato l’opera leonardesca proteggendola con un’intercapedine. Sondaggi hanno fatto uscire del nero compatibile con quello della Gioconda e questo ha fatto gridare alla scoperta. Per continuare a indagare sull’eventuale capolavoro leonardesco bisogna quindi continuare a bucherellare Scannagallo e su questo c’è stata una sollevazione di storici dell’arte e uomini di cultura: anche lo Scannagallo è un capolavoro e si tratterebbe quindi di distruggere o danneggiare qualcosa che esiste per qualcosa che potrebbe anche non esistere. Il sindaco Matteo Renzi, che cavalcò Anghiari anche da presidente della Provincia, si sbraccia parecchio in favore di Seracini e ha ottenuto bei titoli sui giornali con una conferenza stampa entusiasta. I suoi oppositori – o odiatori – sono comunque alacremente all’opera.