Fabio Cavalera, Corriere della Sera 25/04/2012, 25 aprile 2012
MURDOCH SI VENDICA. SVELATE LE TRAME CON IL GOVERNO INGLESE —
Il clan Murdoch presenta il conto a David Cameron e soci. Ci avete abbandonato? E allora fuori la verità, che vi sistemiamo per le feste. Ci pensa l’ex numero uno di News International e di BSkyB, James Murdoch, il figlio che lo Squalo ha sacrificato per salvare il salvabile, a silurare Downing Street. Giù la maschera, si vuota il sacco davanti alla commissione Leveson che deve vederci chiaro nello scandalo dei tabloid infetti e delle protezioni che hanno goduto corruttori e corrotti.
Gli amici di Downing Street se l’erano cavata parlando di incontri conviviali in belle ville di campagna? Nulla di scorretto e di sconveniente? E allora ecco come stanno le cose: un intreccio fra potere e affari degno della Piovra. Altro che una cenetta di tanto in tanto, una festicciola o una rilassante cavalcata con gli amici. I vertici dei conservatori erano marionette nelle mani del potente magnate e della sua combriccola.
Tanto per cominciare: quel Jeremy Hunt che guida il ministero della Cultura, era la «spia». C’era in ballo la scalata del clan Murdoch alla piattaforma satellitare BSkyB, e lui, il «segretario di Stato» di sua maestà incaricato di promuovere o bocciare il grande affare televisivo, di ogni riunione e di ogni sospiro riferiva al «responsabile degli Affari pubblici» del gruppo editoriale, Fréd Michel.
Come se fosse il suo padre-padrone, Jeremy Hunt lo ragguagliava per posta elettronica delle discussioni nell’esecutivo e persino delle indagini (all’inchiesta sono state allegate 163 pagine di fitta corrispondenza), gli preannunciava i contenuti di ciò che avrebbe detto in Parlamento, lo invitava a brevi consulti prima di godersi il balletto «Il lago dei cigni». James Murdoch butta lì la sentenza su Jeremy Hunt: «Ricevevamo informazioni attraverso il nostro canale dei pubblici affari».
Domanda impertinente della commissione Leveson: non è che il ministro Jeremy Hunt fosse la vostra «ragazza pon-pon»? Noooo, risponde l’erede dello Squalo. Ma è un sìììì imbarazzante, costruito con i fatti: ci sono le email che inchiodano. «Che si dimetta subito», invocano i laburisti.
Downing Street traballa. E non solo per via della «ragazza pon-pon», Jeremy Hunt, ma anche perché schizzi di fango volano verso obiettivi più alti. Il Cancelliere dello Scacchiere? Certo: George Osborne, l’uomo dei conti pubblici, attraverso il capo dello staff opportunamente scolarizzato, forniva «dettagliati» racconti sul ruolo del liberaldemocratico e ministro delle Attività produttive Vincent Cable, nemico del gruppo Murdoch.
E David Cameron? James Murdoch tira al bersaglio grosso: incontri, cene, colazioni di primo mattino, pranzi, addirittura dal lontano 2006 annotati nel diario-agenda, una volta per parlare di politica, una di progetti futuri, una della crisi, una dell’appoggio dei giornali e dei tabloid targati Murdoch da togliere ai laburisti e spostare sui tory, magari in cambio del grande tesoro, in cambio di BSkyB. Riunioni in ristoranti e ville di campagna. E party natalizi con le famiglie (Murdoch, Cameron, la manager Rebekah Brooks) guarda caso il 23 dicembre 2010, due giorni dopo che Downing Street aveva esautorato dalla pratica televisiva l’ostico ministro Vince Cable per affidarla all’amico Jeremy Hunt. Relazioni occasionali? James Murdoch è un ciclone (oggi tocca a papà Rupert). Ne esce a pezzi persino il paladino dell’indipendenza scozzese, Alex Salmond, «sensibilizzato» e arruolato alla causa dello Squalo. Non erano un caso quei pronunciamenti di Rupert Murdoch a favore delle secessione. I tentacoli della piovra arrivano dappertutto. Si salvi chi può. Cadrà la testa del ministro Jeremy Hunt? L’oligarca russo con casa londinese Evgeny Lebedev scherza su twitter: «Se Jeremy Hunt ha bisogno di un lavoro, sto cercando un consigliere. Per piacere la domanda al mio ufficio». Il «Murdochgate» è ormai un «torygate».
Fabio Cavalera