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 2012  aprile 25 Mercoledì calendario

L’ANTIPATIA DEL CAVALIERE PER NICOLAS: «MITTERAND SI’ CHE ERA UNO STATISTA» —

Tra Berlusconi e Sarkozy è un problema di altezza e di grandezza, e non solo perché «io sono più alto di lui», dice il Cavaliere, ma anche perché «è lui che ha avuto bisogno di me», cinque anni fa, alla vigilia della corsa per l’Eliseo, quando il candidato dell’Ump «fu mio ospite in Sardegna, dove venne a trovarmi per avere consigli su come impostare la campagna elettorale». Allora Sarkozy vinse le presidenziali. Se ora rischia di perderle, secondo Berlusconi c’è un motivo: «Gliel’avevo detto che non doveva fidarsi della Merkel».
È sempre complicato il rapporto tra due narcisi, tra chi ha incarnato la grandeur francese con atteggiamenti guasconi e a volte arroganti, e chi ha esaltato la propria immagine pop con sortite eccentriche e politicamente scandalose. Come non bastasse, ad alimentare la rivalità è stata un’italiana alla corte di Francia. «Si sa che la signora Carlà è di sinistra», rammenta spesso il Cavaliere, che non ha mai dimenticato i giorni del G8 all’Aquila, quando la première dame si rifiutò di incontrare il padrone di casa.
Uniti negli Anni Ottanta da interessi economici, «lui era il mio avvocato a Parigi ai tempi del contenzioso su La Cinq», quando si sono ritrovati accomunati dalla politica non si sono presi, e l’antipatia reciproca ha preso il sopravvento. Era destino per Berlusconi, che pur essendo francofono con i francesi non ha mai legato: «I francesi mi hanno fregato con la tv».
Dovendo scegliere tra i capi di Stato transalpini che ha conosciuto, preferisce e di gran lunga Mitterrand, ne ha addirittura nostalgia, «ho nostalgia di uomini come lui, Kohl, Blair, Schröder, lo stesso Chirac, che hanno fatto la storia. Quelli che sono venuti dopo non sono stati al loro livello». Mitterrand sì che era un leader, anzi «uno statista». Tale era l’ammirazione che durante un vertice europeo a Corfù, al termine di un lungo pranzo, il Cavaliere gli cedette il passo davanti alla toilette malgrado avesse la stessa, impellente esigenza.
Chissà se avrebbe fatto la stessa cosa con Sarkozy, che a suo dire non ha le stimmate del leader. Perché un leader lo vedi da certi particolari, «un leader non rimprovera mai i propri collaboratori di fronte ad altre persone», spiegò anni fa Berlusconi ad alcuni industriali italiani, riuniti per una cena a villa Madama. Ma dopo aver rivelato gli aspetti spigolosi del carattere di Sarkozy, aveva detto di capirlo, «comunque lo capisco. Vuole acquisire visibilità, avere un ruolo europeo».
Il giudizio divenne sferzante nell’autunno scorso, durante i giorni dell’assedio a palazzo Chigi. Poco prima di dimettersi, descrisse l’inquilino dell’Eliseo come «uno che gira l’Europa atteggiandosi a presidente del Consiglio dell’Unione». Sul volto il Cavaliere avvertiva la ferita provocata da quel sorrisino complice tra Sarkozy e la Merkel, «una vergogna della quale — rivelerà mesi dopo Berlusconi — la cancelliera tedesca si è scusata. L’altro no». E pensare che all’«altro» aveva dato un consiglio, ricordato ieri nel corso del pranzo con alcuni maggiorenti del Pdl: «Gliel’avevo detto a Sarkozy che non doveva fidarsi della Merkel».
C’è una forte componente auto-assolutoria nelle confidenze di Berlusconi, ma c’è anche il racconto di chi ha tentato di contrastare una politica economica europea definita «suicida»: «Io mi sono opposto alla linea del rigore voluta dalla Germania. Mi sono opposto a norme assurde che hanno costretto le banche a mettere nei propri bilanci i titoli del debito pubblico. Mi sono opposto al fiscal compact. Ma ero praticamente solo». Ecco perché ieri — sebbene abbia evitato l’endorsement per Hollande — il Cavaliere ha sottolineato come una vittoria del candidato socialista a Parigi «potrebbe portare una ventata nuova in Europa, per esempio rifiutando il fiscal compact»...
È la subordinazione alla Merkel la colpa più grave addebitata a Sarkozy. Berlusconi è disposto a glissare sui rumors che — secondo un’ex titolare della Farnesina — «il presidente francese alimentava a Bruxelles sull’impresentabilità del premier italiano», ed è disposto persino a conciliare sull’inconciliabilità di carattere: «Ma non si può morire di rigore. E l’avevo detto a Sarkozy».
La prima volta fu dopo il crac della Lehman Brothers, al vertice europeo convocato d’urgenza dal presidente francese: «Anche gli Stati Uniti — avvisò allora Berlusconi — hanno capito di aver sbagliato. Serve una forte iniezione di liquidità per evitare il dilagare della crisi». La Merkel si oppose, e con lei Sarkò. La seconda volta fu quando la Grecia iniziò a vacillare: «Se non ci muoviamo ora, in futuro sarà più difficile farlo». Ma non ci fu nulla da fare. Questa è la storia, secondo il Cavaliere. L’ha raccontato a tutti che «la linea rigorista della Merkel è fallimentare». L’ha ripetuto anche a Monti...
Francesco Verderami