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 2012  aprile 26 Giovedì calendario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

LONDRA — Entrava dalla porta secondaria di Downing Street. «I premier non volevano che mi scoprissero i fotografi». Lo Squalo li ha conosciuti tutti gli inquilini del «numero 10». Ne è stato intimo interlocutore e compagno di merende.
La Thatcher? «Non era di molte parole, per lei ho sempre avuto grande ammirazione, condividevo ogni virgola del suo operato». E l’amico Tony Blair? «Era un entusiasta, andavo da lui almeno tre volte all’anno, gli confidai che se il nostro flirt fosse continuato saremmo finiti a fare l’amore come porcospini». John Mayor e Gordon Brown? «Con il primo diversi scambi di vedute, col secondo ci siamo lasciati male, mi telefonò per dirmi che noi gli avevamo dichiarato guerra e che ai laburisti non restava che ripagarci con la stessa moneta». L’ultimo arrivato, David Cameron? «Lo frequento dal 2005, il giorno che è stato eletto mi ha invitato a Downing Street per un tè e per ringraziarmi dell’aiuto che i miei giornali gli avevano dato».
Conservatori e laburisti, che differenza c’è per lo Squalo? Destra e sinistra erano alla sua corte personale e del suo impero mediatico. Era lui che governava. Persino il secessionista scozzese Alex Salmond è riuscito in qualche modo ad arruolare. Sogghignando ha rivelato: «L’indipendenza della Scozia è affascinante».
Se mai ci fosse stato bisogno del racconto minuzioso di come funziona l’intreccio fra editoria e potere politico, di come i partiti e i loro leader, senza distinzioni di schieramento, hanno corteggiato il padrone di Times, Sun e Sky, quello di ieri fatto da Rupert Murdoch alla commissione Leveson che indaga sulle deviazioni spionistiche dei tabloid è stato all’altezza delle aspettative.
Visto che ormai ha ben poco da perdere, nella prima puntata della sua apparizione (oggi la replica), Rupert Murdoch ha rappresentato con calma olimpica il quadro della situazione: da che l’editore di nascita australiana decise di sbarcare nel Regno Unito e di comprarsi le storiche testate londinesi del Times e del Sun, più di 30 anni fa, l’agenda politica se proprio non l’ha imposta l’ha condivisa alla grande. Discuteva amabilmente di economia e di giornali, di sindacati e di scioperi, di guerra in Iraq e in Afghanistan. «Non ero io a chiedere di incontrare i premier. Erano loro a invitarmi, io sono di natura curioso, li ascoltavo e dicevo la mia». Già la sua qual era? «Basta leggere gli editoriali del Sun. La penso così».
Rupert Murdoch è un imprenditore di enormi mezzi finanziari, d’accordo, ma è pure un personaggio che, volente o nolente, ha una forte vena teatrale, capace di recitare diverse parti. Quella dell’ingenuo: «Seguo la politica con intensità variabile, non sono un uomo di potere». Quella del comico: «I tabloid inclinano pericolosamente allo scandalismo? Mi pare esagerato?». Quella del buon samaritano: «Se i giornalisti spiano i telefoni e si affidano ai detective privati per cercare storie è perché sono pigri». E poi quella dell’editore integerrimo: «Io non detto la linea ai direttori, pretendo comportamenti incontestabili sotto il profilo dell’etica».
Sarà. Ma lo Squalo, oltre per conoscerne filosofia di vita e di lavoro, lo hanno convocato qui per sapere delle sue coperture politiche che hanno garantito impunità e stavano per portargli in dote la piattaforma satellitare BSkyB (spesuccia da 8 miliardi di sterline). Nel governo aveva una «spia», il ministro delle cultura Jeremy Hunt che lo informava degli affari a lui cari e che però giura di avere operato con correttezza e non si dimette (ha lasciato il suo consigliere). Nel gioco di squadra, David Cameron lo ha difeso ai Comuni: «Ha fatto un ottimo lavoro».
Resta la certezza che i vertici tory erano appiattiti e genuflessi. Murdoch se la ride. «Cameron lo conosco da parecchio tempo». Cene, pranzi, tè e biscottini. Pure bagni di sole a bordo di uno yacht in Grecia. Quando Cameron si insediò a Downing Street, appena due giorni dopo lo Squalo presentò la sua offerta per BSkyB.
Che caso. «Già una bella coincidenza», ha riflettuto a voce alta il tycoon, mezzo padrone di Downing Street. E la moglie Wendy Deng, dietro a supportarlo, gli ha regalato un bella pacca di approvazione sulle spalle: bravo, ottimo show.
Fabio Cavalera