Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 25 Mercoledì calendario

NUOVO FINIRE

Tiziana Oliveri detta Titti, 41 anni. Originaria di Modena, «brava ragazza, alla buona», viveva a Ribiera (Reggio Emilia) col compagno Ivan Forte, quindici anni più giovane di lei, di Castrovillari (Cosenza), autotrasportatore a Bologna, che aveva conosciuto un paio d’anni fa in una chat e da cui, undici mesi fa, aveva avuto un bambino di nome Nicolò. L’altra sera i due presero a discutere perché non erano d’accordo su come passare le prossime ferie estive: lui voleva andare in Calabria a trovare la madre, lei intendeva trascorrere qualche giorno sulla riviera romagnola. La discussione ben presto si tarformò in lite furiosa e d’un tratto il Forte strinse le mani attorno al collo della Oliveri finché quella non smise di respirare e poi, come nulla fosse, preparò la pappa al bimbo arrovellandosi nel frattempo la mente in cerca di un sistema per far passare il delitto per incidente. Alle 3 e mezza di notte, certo di aver trovato l’idea giusta, poggiò il cadavere della Oliveri di fianco al letto, diede fuoco al materasso e poi, mentre il fumo iniziava a invadere il palazzo, col figlioletto e il cane uscì di casa con la faccia da pazzo e prese a suonare i campanelli di tutti i vicini gridando: «La casa sta bruciando, c’è la Tiziana dentro, c’è la Tiziana dentro, aiutatemi a salvarla». Il giorno dopo alla polizia il Forte raccontò che la disgrazia era capitata per via di certe candele profumate che la compagna, prima d’addormentarsi, s’era scordata di spegnere. Poi, dopo ore di interrogatorio crollò: «Abbiamo litigato, le ho messo le mani al collo e l’ho strangolata».
Serata di venerdì 20 in un appartamento al primo piano in via Fontana 36 a Fontana di Rubiera (Reggio Emilia).