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 2012  aprile 24 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. GLI STIPENDI CRESCONO MENO DELL’INFLAZIONE (DATI ISTAT)


REPUBBLICA.IT
MILANO - A marzo la forbice tra l’aumento delle retribuzioni contrattuali orarie (+1,2%) e il livello d’inflazione (+3,3%), su base annua, tocca una differenza di 2,1 punti percentuali, che rappresenta il divario più alto dall’agosto del 1995, quando era di 2,4 punti percentuali. Lo rileva l’Istat.
"E’ la conferma di quanto dice la Cgil, la condizione di reddito dei lavoratori continua a peggiorare" attacca il leader del sindacato Susanna Camusso 1che aggiunge: "I lavoratori pubblici sono al quarto anno di blocco contrattuale mentre i contratti del lavoro privato si rinnovano con grande difficolta". E, infatti, proprio l’istituto di statistica certifica che un dipendente su tre è ancora in attesa del rinnova contrattuale: a marzo, risultano in attesa di rinnovo 36 accordi contrattuali, di cui 16 appartenenti alla pubblica amministrazione, relativi a circa 4,3 milioni di dipendenti (circa 3 milioni nel pubblico impiego), il 32,6% della forza lavoro. E continua a salire la media dei mesi di attesa per i lavoratori con il contratto scaduto, arrivata a 27 mesi rispetto a 15,2 mesi che si aspettavano nel marzo 2011.
A rallentare sono le retribuzioni contrattuali orarie rimaste ferme ai livelli di febbraio e in crescita dell’1,2% su base annua: si tratta della progressione più bassa del 1983, quando iniziano le serie storiche ricostruite dall’Istat. Nel primo trimestre, invece,
sono cresciute invece dell’1,3% rispetto allo stesso periodo del 2011. In particolare, le retribuzioni orarie contrattuali registrano un incremento tendenziale dell’1,7% per i dipendenti del settore privato e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione: "I salari fermi sono lo specchio della situazione del Paese. Se non si abbassa la pressione fiscale non si potranno alzare gli stipendi e risollevare i consumi" ha aggiunto Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl.
I settori che a marzo presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: tessili, abbigliamento e lavorazione pelli (2,9%), chimiche, comparto di gomma, plastica e lavorazioni minerali non metalliferi e quello delle telecomunicazioni (2,7% per tutti i comparti). Si registrano, invece, variazioni nulle nell’agricoltura, nel credito e assicurazione e in tutti i comparti appartenenti alla pubblica amministrazione.
(24 aprile 2012)

GIULIANO BALESTRERI
MILANO - La sorpresa arriva da Eurostat: a giudicare dalle sue statistiche il livello di occupazione non sembra dipendere dal costo dal lavoro. O meglio: i dieci Paesi europei dove il costo del lavoro è più alto sono gli stessi dove la disoccupazione è più bassa. Con buona pace di economisti, ministri e imprenditori. L’unica eccezione è rappresentata dalla Francia, dove il costo del lavoro è il quinto più alto (34,2 euro l’ora) e la disoccupazione è al 9,9% (al quattordicesimo posto).
Insomma, le statistiche di Bruxelles sembrano sconfessare le teorie di chi chiede salari più flessibili e riduzioni del cuneo fiscale allo scopo di accelerare le assunzioni. Non sembra certo che un taglio del costo lavoro ridurrebbe il tasso di disoccupazione. A incidere sulle dinamiche occupazionali sono piuttosto la produttività e il tessuto economico del Paese. Non si spiegherebbe altrimenti il perché in Norvergia la disoccupazione sia assente (al 3,3%), mentre il costo del lavoro sia il più alto d’Europa (44,2 euro l’ora). Lo stesso vale per la Germania: disoccupazione al 5,7% (al quinto posto, in ordine crescente, nel Vecchio continente) e costo del lavoro tra i più alti a 30,1 euro l’ora (l’ottavo più caro d’Europa).
La classifica integrale 1
E la regola di Eurostat vale anche a valori invertiti. Tra i Paesi dove lavorare costa meno, solo Malta (11,9 euro l’ora) e la Repubblica Ceca (10,5 euro) hanno una disoccupazione più bassa dell’Italia, rispettivamente al 6,8% e al 6,7%.
E l’Italia? L’Italia si trova esattamente a metà del guado. Il costo del lavoro è a 26,8 euro l’ora (27,6 euro la media nell’Eurozona) con la disoccupazione all’8,9%: al tredicesimo posto sul fronte dei costi, al dodicesimo in quello dell’accesso al lavoro. Con un trend che fa tremare i polsi: tra gennaio e febbraio il costo del lavoro è rimasto invariato, la disoccupazione è salita al 9,3%.
(24 aprile 2012)

Tabella: nella seconda colonna il "costo del lavoro" (paga oraria in euro) nella terza il tasso di disoccupazione

Norvegia 44,2 3,30%
Belgio 39,3 7,10%
Svezia 39,1 7,50%
Danimarca 38,6 7,80%
Francia 34,2 9,90%
Lussemburgo 33,7 5,10%
Olanda 31,1 4,90%
Germania 30,1 5,70%
Finlandia 29,7 7,50%
Austria 29,2 4,20%
Eu17 27,6 10,60%
Irlanda 27,4 14,70%
Italia 26,8 8,90%
Eu27 23,1 10%
Spagna 20,6 23%
Uk 20,1 8,30%
Cipro 16,5 9,40%
Slovenia 14,4 8,70%
Portogallo 12,1 14,60%
Malta 11,9 6,80%
Repubblica Ceca 10,5 6,70%
Slovacchia 8,4 14,10%
Estonia 8,1 11,70%
Ungheria 7,6 11%
Polonia 7,1 10,10%
Lettonia 5,9 14,60%
Lituania 5,5 14,30%
Bulgaria 3,5 11,80%
Grecia nd 21,00%
Romania nd 7,50%


ROMA - La Uil è contraria all’ipotesi di sciopero generale contro la riforma delle pensioni e le questioni legate al lavoro, alla crescita e al fisco. Lo dice il leader Luigi Angeletti, secondo il quale una giornata di sciopero, se riuscisse completamente, porterebbe un calo di Pil di quasi lo 0,5%. "Sta andando molto male - ha detto - sciopero generale? Dovremmo augurarci che non ci sia e se ci fosse davvero dovremmo sperare che vada molto male senno si avrebbe un calo del Pil di quasi lo 0,5%". Un calcolo che, però, non convince il leader della Cgil Susanna Camusso, che ribadisce la volontà del suo sindacato di "mantenere la prospettiva dello sciopero" generale sulle questioni legate alla crescita, il fisco e il lavoro. La Camusso, replicando al numero uno della Uil ha detto:"Non so come abbia fatto il conto,mi sembra un po’ strano. Resta aperta la discussione con Cisl e Uil, credo che vada mantenuta la prospettiva di sciopero perché il governo non cambia passo". Di estrema ratio parla, invece, il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, secondo il quale "gli scioperi servono, ma come diceva Wojtyla è uno strumento estremo, quando ci vuole ci vuole, ma tutti i giorni no. Lo sciopero è un’estrema ratio". Rispetto alla previsione di Luigi Angeletti sul calo del Pil prodotto dallo sciopero, Bonanni ha commentato: "Angeletti ha detto una cosa concreta cioè quanto vale sul Pil", e comunque "sappiamo quanto pesa sulle buste paga".
Esodati. Il problema degli esodati resta un punto sul quale, secondo Angeletti, il governo "deve trovare una soluzione perché l’unica alternativa che non ha è quella di lasciare le cose come stanno", ha detto intervenendo a La telefonata di Maurizio Belpietro. Secondo il leader della Uil, l’esecutivo deve rispettare gli accordi: fino ad ora, intanto, oltre alla lettera del ministro Fornero in cui annunciava l’intenzione di incontrare i sindacati, Angeletti ha ricordato che non ci sono stati contatti con il Governo. La soluzione "ragionevole" prospettata da Angeletti "è molto semplice": si deve innanzitutto valutare se ci siano casi in cui i lavoratori possano tornare al lavoro, ma dove ciò non possa avvenire, "l’unica soluzione è mandarli in pensione con le vecchie regole perché quelli erano gli accordi".
Anche Susanna Camusso è tornata a parlare del nodo degli esodati: "Serve una soluzione per tutti i lavoratori e le tipologie di lavoro", ha ribadito e ha proposto di "ritornare ai criteri in essere al momento della riforma per tutti coloro che non avevano una prospettiva di lavoro, per chi è in mobilità, in esodo incentivato individuale, per chi stava contribuendo volontariamente per raggiungere quella condizione, per i lavoratori pubblici per i quali sono state applicate norme poi cambiate". In merito alla lettera inviata dal ministro del Lavoro, Camusso replica: "Una lettera di risposta a una richiesta di incontro senza data è un modo di prendere tempo". "Se il ddl viene ulteriormente modificato sulla precarietà si fa poco o niente e per certi aspetti si rischia di peggiorare la situazione". E ha concluso: "Dopo tre anni persi del governo precedente, ora si sommano manovre recessive. Si sceglie di comprimere l’economia e non di investire nulla sulla crescita e sul lavoro".
"Quella di tornare in azienda non è una cosa nella disponibilità del governo, ma delle imprese", è la posizione di Bonanni, che così stronca l’ipotesi di riportare al lavoro gli esodati. Quella degli esodati, sottolinea il leader della Cisl, è un "fatto simbolico che non mandiamo giù" sia perché "le persone aspettano risposte" e perché "da questo si capisce il rispetto nei confronti dei sindacati. Abbiamo apprezzato- dice- la lettera del ministro ma vorremmo sapere quando sarà possibile incontrarci e trovare soluzioni".
Dati Istat. "I dati confermano quello che diciamo da tempo: e cioè che la condizione dei lavoratori peggiora", ha sottolineato Camusso, commentando i dati sui salari registrati oggi dall’Istat 1. Senza contare, prosegue Camusso, che "ci sono 4 milioni di lavoratori, quelli del pubblico impiego, che sono al quarto anno di blocco contrattuale mentre i rinnovi negli altri settori registrano gravi difficoltà", sommando a un potere d’acquisto perciò molto ridotto "un aumento della tassazione e un fiscal drag sempre più pesante". ’’I salari fermi sono lo specchio della situazione del Paese. Se non si abbassa la pressione fiscale non si potranno alzare gli stipendi e risollevare i consumi’’, ha detto Bonanni. "Il calo della pressione fiscale sul lavoro dipendente - aggiunge - deve essere il punto fondamentale del patto sociale’’ da stipulare con il governo.
Tasse. "Siamo caricati come muli di tasse: lavoratori, sindacati e imprese. La vendita di beni demaniali è l’unica soluzione se non si vogliono vendere le persone", ha detto Bonanni, intervenendo di Confindustria. "Il capitolo del mercato del lavoro - ha aggiunto il leader della Cisl - bisogna chiuderlo se non vogliamo perdere altro tempo e affrontare i veri problemi".
Napolitano scrive a Marcegaglia. "Va riconosciuto come grande impegno comune quello della tutela dei valori primari, quali il lavoro e la persona, che la nostra Costituzione pone a fondamento della Repubblica": il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, così ha dichiarato in un messaggio al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, inviato in occasione del convegno La Sicurezza conviene sempre organizzato dalla Confindustria in collaborazione con l’INAIL. "Le istituzioni, il mondo produttivo e le forze sociali sono più che mai chiamate ad assumere tutte le misure necessarie per assicurare il rispetto delle norme poste a garanzia della vita e dell’integrità fisica dei lavoratori", ha aggiunto, lodando quelle imprese che hanno "effettuato investimenti e interventi mirati alla prevenzione degli infortuni, promuovendo all’interno delle loro aziende la cultura della sicurezza, segno tangibile di civiltà e di progresso sociale".
Riforma del lavoro. ’’Chiudere prima possibile e bene la riforma del lavoro per occuparci di crescita, riduzione della spesa pubblica, delle tasse e degli asset dello Stato per investire in ricerca, innovazione, scuola e università, per avere un futuro migliore’’, ha detto Emma Marcegaglia, nel suo intervento. Occorre modificare, ha ribadito Marcegaglia, alcune rigidità della flessibilità in entrata su contratti a tempo determinato e partite Iva perché ’’se non si modificano queste cose si rischia di distruggere posti di lavoro e creare un danno a lavoratori e imprese’’.
Confindustria, sindacati non ascoltano intervento Fornero. Invitati a rimanere al termine della tavola rotonda alla quale avevano appena partecipato, questa mattina i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno lasciato la sala qualche minuto prima dell’inizio dell’intervento del ministro del LavoRO

CORRIERE.IT
MILANO - Retribuzioni ferme nel mese di marzo: secondo l’Istat, si è registrata una variazione nulla rispetto a febbraio. Ma non solo: la forbice tra l’aumento delle retribuzioni contrattuali orarie (+1,2%) e il livello d’inflazione (+3,3%) su base annua, ha registrato una differenza di 2,1 punti percentuali: il divario più alto dall’agosto del 1995 e aumento tendenziale più basso dal 1983, anno di inizio della ricostruzione delle serie storiche. In particolare, le retribuzioni orarie contrattuali registrano un incremento tendenziale dell’1,7% per i dipendenti del settore privato e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione.
I COMPARTI - I settori che a marzo presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: tessili, abbigliamento e lavorazione pelli (2,9%), chimiche, comparto di gomma, plastica e lavorazioni minerali non metalliferi e quello delle telecomunicazioni (2,7% per tutti i comparti). Si registrano, invece, variazioni nulle nell’agricoltura, nel credito e assicurazione e in tutti i comparti appartenenti alla pubblica amministrazione.
RINNOVI - L’Istat ha sottolineato anche che un lavoratore dipendente su tre è in attesa del rinnovo del contratto di lavoro. La quota dei dipendenti in attesa è precisamente del 32,6% nel totale dell’economia. Nel settore privato, la percentuale scende al 12,3% (circa 1 lavoratore su 6). L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è, in media, di 27 mesi tanto nel totale che nell’insieme dei settori privati.ì
CGIL - «I lavoratori pubblici sono al quarto anno di blocco contrattuale - ha detto il numero uno della Cgil Susanna Camusso - l’Istat conferma quello che la Cgil dice da tempo, ovvero che la condizione di reddito dei lavoratori continua a peggiorare e i contratti del lavoro privato si rinnovano con grande difficoltà».
Redazione Online