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 2012  aprile 23 Lunedì calendario

Agcom, Privacy, Rai Monti contro i partiti nella sfida sulle nomine – Una donna alla guida dell’Authority dei Trasporti

Agcom, Privacy, Rai Monti contro i partiti nella sfida sulle nomine – Una donna alla guida dell’Authority dei Trasporti. Sarà con ogni probabilità Barbara Marinali (classe 1964), attuale direttore generale del ministero delle Infrastrutture, il primo presidente dell’autorità che, da metà del prossimo mese, avrà il compito di garantire la concorrenza nel settore dei trasporti, dove si addensano gli interessi di grandi gruppi industriali, dai Benetton (Autostrade e Aeroporti di Roma) a Della Valle e Montezemolo (Ntv, Nuovo trasporto ferroviario) fino alla famiglia Gavio, dove si intrecciano interessi privati e tutele pubbliche, e dove si gioca un pezzo decisivo della partita per il rilancio della crescita economica, tra appalti e nuove infrastrutture. Una nomina, come altre che dovranno arrivare nelle autorità di controllo (Comunicazione e Privacy) e nella Rai, luogo simbolo dell’ingordigia dei partiti, ai tempi del governo dei tecnici di Mario Monti e della nuova stagione della disgregazione del rappresentanza, tra gli scandali e i crescenti rancori non solo dell’antipolitica. I partiti vogliono nominare ancora (è un potere che gli è rimasto), i professori dovranno interpretare la domanda di competenza che arriva dall’opinione pubblica. Arriveranno tanti compromessi, non sempre tra i più nobili. La Marinali è la scelta di Corrado Passera, ministro dello Sviluppo, ex banchiere (IntesaSanpaolo) ma anche ex manager pubblico (Poste), uomo di cerniera tra la nuova stagione della politicatecnica, il vecchio corroso sistema dei partiti e quello economico e finanziario sconvolto dalla profondità di questa recessione globale. Marinali l’ha spuntata su un trittico di candidatitecnici di assoluto valore: Ennio Cascetta, professore di pianificazione dei sistemi di trasporto alla Federico II di Napoli e docente anche presso il Mit di Cambridge, ed ex membro del Comitato direttivo della Fondazione montezemoliana di "Italia Futura", da cui si è dimesso proprio quando è cominciato a girare il suo nome per l’Autorità; Andrea Boitani, espertissimo di trasporti, professore di economia politica alla Cattolica di Milano; Lanfranco Senn, bocconiano e presidente della Metropolitana milanese. Passera ha voluto un tecnico interno alla struttura dell’amministrazione pubblica, ma ha accettato, o ha subìto, nella composizione dell’organismo la spartizione classica tra partiti: un uomo al Pdl e un altro al Pd. Gianni Letta, che ha ripreso a lavorare nell’ombra dei giochi di potere, realizzando i disegni del Cavaliere Silvio Berlusconi, ha indicato Pasquale De Lise (75 anni), ex presidente del Tar del Lazio, ex presidente del Consiglio di Stato, coinvolto nella vicenda della cosiddetta "cricca degli appalti", come componente dell’Authority, dopo che per raggiunti limiti di età non potrà fare il direttore generale dell’Agenzia per le infrastrutture stradali, nomina che pure Passera aveva sottoscritto. E per il Pd dovrebbe esserci Andrea Camanzi, dalemiano, già Telecom, Tim, Tecnost, Olivetti, attualmente membro dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici. Ecco, le porte girevoli delle authority: si esce dall’una, si entra nell’altra. Oppure si passa dal governo a un’autorità di controllo. Antonio Catricalà, per esempio, è stato per circa sei anni il presidente dell’Antitrust. Ora è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. I suoi rapporti con il premier Mario Monti sembra si siano incrinati profondamente. A Palazzo Chigi, Catricalà viene considerato la diretta emanazione di Gianni Letta. In più avrebbe stretto un patto di ferro con Vincenzo Fortunato, potente capo di gabinetto del Tesoro già ai tempi di Giulio Tremonti, all’insegna della conservazione e della resistenza burocratica alle riforme liberali. Il pasticcio sulla liberalizzazione delle licenze dei taxi, che di fatto non ha cambiato nulla e ha fatto fare una figuraccia al governo, pare sia nato proprio così. Da allora il premier osserva guardingo i movimenti di Catricalà. Che si dice potrebbe anche provare a candidarsi alla successione di Corrado Calabrò (magistrato) alla presidenza dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, in scadenza a metà maggio. Certo, se fosse vera la tesi secondo cui Catricalà non è altro che la longa manus berlusconiana all’apice del governo, il passaggio all’Agcom indebolirebbe il Cavaliere a Palazzo Chigi; dall’altra parte però lo garantirebbe in tutta la prossima decisiva partita delle frequenze. Con buona pace dell’idea che gli organismi di garanzia servano a tutelare il mercato dagli abusi di posizione dominante e i consumatori dallo strapotere dei produttori. Nel caso in cui Catricalà scegliesse di cambiare mestiere, la sua non sarebbe più una candidatura tecnica. E il governo dei tecnici che ne penserebbe di un’operazione così smaccata? Più probabile, allora, che si cerchi un’opzione appunto tecnica. Per questo sono cresciute negli ultimi tempi le chance di una promozione di Roberto Viola, attuale segretario generale dell’Autorità, al cui interno ha maturato una lunga esperienza. Difficile che possano farcela, per effetto dei veti incrociati, Vincenzo Zeno Zencovich, giurista apprezzato ma considerato troppo vicino a Mediaset, e Fabio Colasanti, già direttore generale Information society and media della Commissione di Bruxelles, e anche per questo ritenuto un tecnico di Romano Prodi. Potrebbero rientrare tutti nella corsa per i quattro posti da consiglieri, insieme a Antonio Martusciello (Pdl, l’unico che potrebbe essere riconfermato), e i tecnici Maurizio Decina (area Pd), Giovanni Valentini (area Pd), Enzo Pontarollo (economista considerato vicino a Monti). Qui, davvero, si metterà alla prova la forza e l’autonomia dai partiti e dalle operazioni di lobby dell’esecutivo dell’ex commissario europeo. Questa è la sua partita. E, come sempre dalla "discesa in campo", anche quella di Silvio Berlusconi. Ma è la Rai lo specchio anche di questa stagione. Nelle cene con i tra leader di maggioranza, Angelino Alfano (Pdl), Pier Luigi Bersani (Pd) e Pier Ferdinando Casini (Udc) pare che Monti non abbia aperto il capitolo sulla tv di Stato. Troppo delicato. Il premier aveva annunciato che sarebbe intervenuto in tempi brevi per rinnovare il Cda ormai scaduto, ma non l’ha fatto. Il consiglio è in prorogatio e rischia di rimanerci. È difficile che possa passare l’ipotesi della coppia Giulio AnselmiEnrico Bondi, con il primo (attualmente presidente della Fieg e dell’Ansa) alla presidenza, e il secondo (grande risanatore di aziende in crisi, l’ultima è stata Parmalat) alla direzione generale. Il Pdl punta alla riconferma di Lorenza Lei che si appresta a farsi votare il bilancio (4 milioni di utile per il 2011, ma una prospettiva molto negativa per il 2012) dall’assemblea convocata per il 4 maggio. Al ministero dello Sviluppo stanno studiando da tempo il progetto di far confluire tra le competenze della Banca d’Italia anche quelle attualmente esercitate dall’Isvap che, di certo, non ha dato grande prova di sé durante il caso Fonsai. A parole sono tutti d’accordo nel ridurre il numero delle authority (la stessa sorta dell’Isvap potrebbe toccare anche alla Covip che vigila sui fondi pensionistici integrativi e da poco pure sulle Casse private) ma nei fatti le ipotesi di riassetto muoiono in Parlamento: è stato così quando ci provò il governo Prodi a far passare la sorveglianza sulle assicurazioni a Via Nazionale, ma pure quando ci ha provato l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. E qualcuno ha fatto anche un nome per l’eventuale successione a Giancarlo Giannini: Andrea Monorchio, ex Ragioniere generale dello Stato, ora a guida della Consap, non proprio una new entry. In scadenza anche l’autorità sulla privacy. Al posto di Giovanni Pizzetti potrebbe essere nominato l’ex segretario generale dell’authority Giovanni Buttarelli. A comporre la squadra potrebbero arrivare Luigi Manconi (Pd) e Antonio Pilati (ex Antitrust in quota Pdl). Questa è l’Italia dei partiti delle nomine. La lottizzazione rischia di non essere molto diversa dal passato anche nella stagione dell’emergenza economica governata dai tecnici, forti di un mandato europeo. Per la lottizzazione si può usare anche la formula più nobile del patronage. Ma non cambia molto. Scrive Fabrizio Di Mascio nel suo "Partiti e Stato in Italia" uscito da poco per il Mulino: «Il patronage è esercizio motivato di discrezionalità da parte di attori politici che controllano l’affidamento di incarichi nel settore pubblico per ottenere il sostegno dei nominati alle proprie attività». E troppo spesso vale anche per gli organismi di controllo.