La Stampa 23/4/2012, 23 aprile 2012
Bruxelles non teme Hollande “Tutti meglio di Sarkozy” - Hollande? A parte Marine Le Pen, per l’Europa qualunque cosa è meglio di Sarkozy», assicura il funzionario Ue di lungo corso che per parlare chiede un comprensibile anonimato
Bruxelles non teme Hollande “Tutti meglio di Sarkozy” - Hollande? A parte Marine Le Pen, per l’Europa qualunque cosa è meglio di Sarkozy», assicura il funzionario Ue di lungo corso che per parlare chiede un comprensibile anonimato. Dice che a Bruxelles «i più sono infastiditi dalla sua rincorsa a destra e dalla deriva nazionalista». Accusa il presidente d’aver frenato l’Unione per colpa della sua «crisi di identità», per il «non essere un leader economico, e tanto meno internazionale, che l’ha fatto andare a rimorchio della Germania inseguendo chimere intergovernative». Alla fine, concede un secondo pezzo grosso comunitario, «è stato lo strumento di politiche sulle quali Berlino non era disposta a esporsi sino in fondo». Tengono il fiato sospeso, a Bruxelles, per curiosità più che per altro. Gli uomini delle istituzioni europee, quelli che Sarkozy ha chiamato con spregio «i tecnocrati che hanno fatto smarrire l’Europa», ostentano serenità davanti al match per l’Eliseo, e piuttosto sono in ambasce per il pieno della Le Pen, brutto segnale euroscettico che germoglia sulle lacune del progetto a Ventisette. A parte questo, e non è poco, sanno che cosa li attende se l’inquilino dell’Eliseo non dovesse cambiare, mentre Hollande non toglie loro il sonno, le sparate sul Fiscal Compact, come quelle sulla Bce, sono considerate «roba elettorale» che può essere ricondotta nella normalità. Col vantaggio di avere un socialista a sparigliare l’asse franco tedesco, che nel dopo crisi ha fatto il buono e il cattivo tempo nell’Ue. Ecco la chiave. L’incognita di breve termine è cosa succederà all’asse Berlino-Parigi. Daniel Gros, apprezzato economista del Ceps, prevede «qualche tensione», tuttavia «alla fine tutto tornerà come prima». Il fatto che Hollande «abbia idee confuse sulla costruzione europea», spiega, non stravolgerà il cammino dell’Ue. «Parlerà molto, dirà che serve solo l’austerità, così avremo presto un consiglio Ue speciale che varerà un “Pacchetto Crescita” che andrà bene anche a Mario Monti». Insomma, assicura il tedesco, «la Merkel dovrà fare qualche concessione di forma sullo sviluppo e sui poteri ulteriori alla Bce». E basta. Fonti berlinesi riferiscono che nella capitale tedesca si attende l’esito della disputa elettorale francese con «una certa tranquillità». Risulta che la Merkel sia stata rassicurata dai contatti già avvenuti con lo staff di Hollande. Non si esclude qualche contraccolpo iniziale, ma secondo Daniela Schwarzer, analista della Swp, «la situazione è talmente complessa che non c’è il tempo materiale perché emergano conflitti franco-tedeschi». Qualche cruccio in più c’è l’ha la Bundesbank, il cui presidente Weidmann teme una svolta «meno rigorista». Frau Merkel dovrà certo vedersela con l’onda socialista che potrebbe influenzare il voto tedesco del 2013. In tal senso, un’affermazione di Hollande non rappresenta però solo una festa per i socialdemocratici. Potrebbero contare sull’effetto benefico di una svolta politica a gauche, eppure il francese è considerato «troppo di sinistra», più Linke che Spd. Non a caso Peer Steinbrück, papabile per la cancelleria, ha definito «naïf» le dichiarazioni sulla riforma del Fiscal Compact. Bruxelles non le teme, non ritiene che un’eventuale vittoria di Hollande possa far tremare l’Europa. Roberto Gualtieri, eurodeputato del Pd, racconta che nei contatti con Parigi è emerso che il candidato Ps «per rinegoziazione del Fiscal Compact non intende una modifica del trattato in senso stretto». Si immagina invece decisioni complementari, «che intervengano nel nome della crescita sulla legislazione Ue senza toccare il Trattato». Se darà la scossa alla congiuntura, saranno tutti contenti. Ma l’insidia è altrove, è il 20% dei lepeniani che confermano come un elettore su cinque in Europa sia tentato dall’euroscetticismo. È una circostanza che a l’Ue deve smettere di sottovalutare. MARCO ZATTERIN *** Le Borse tifano per la destra Preoccupa la debolezza francese - Ci mancava solo l’Olanda. Stamane il primo ministro Mark Rutte si recherà dalla regina per rassegnare le dimissioni: il suo alleato di governo, il capo dell’estrema destra Geert Wilders, ha ritirato l’appoggio all’esecutivo perché si rifiuta di firmare la manovra che dovrà riportare i Paesi Bassi entro l’obiettivo del 3% nel 2013. Si avvicina anche nel Paese tradizionalmente più vicino al rigorismo tedesco da sempre annoverato tra i «falchi», lo spettro delle elezioni anticipate e il deragliamento dal percorso di risanamento. Una notizia destinata ad aggravare la tensione sui mercati, già in fibrillazione da giorni per le elezioni francesi – gli investitori tifano per il perdente Sarkozy – e per la spirale recessiva in Spagna. Ma anche per i segnali di smottamento che provengono dall’Italia.L’analisidiSilvioPeruzzo,economista dell’area euro per Royal Bank of Scotland, è inquietante: «Prevedo tensioni crescenti sui titoli di Stato italiani» i cui rendimenti sui decennali hanno toccato alla fine della scorsa settimana i 400 punti di differenziale con il Bund tedesco. «Nella seconda metà del 2012 lo spread potrebbe tornare a 500 punti, ai livelli di fine anno», è il pronostico funesto dell’economista. Ai livelli cioè che hanno determinato a novembre il cambio di guardia a Palazzo Chigi tra Berlusconi e Monti. Naturalmente, in questi giorni gli occhi sono puntati soprattutto sulla Francia. Peruzzo sostiene che «una fetta non residuale del mercato tifa ancora Sarkozy». Preoccupa che «chiunque vinca le elezioni debba impegnarsi in una correzione del deficit dell’1,5%» attualmente il disavanzo viaggia a ritmi del 5,2. Ma della campagna del socialista non sono piaciute le promesse di abbassare l’età pensionabile o di assumere più dipendenti pubblici. E soprattutto, l’impegno a rinegoziare il Fiscal compact europeo e il mandato della Bce. Ed Yardeni, un altro influente analista finanziario, ha ricordato un altro motivo di preoccupazione: «Per me la Francia è sempre stata l’anello più debole dell’Europa» perché sue banche sono «pesantemente esposte verso i Paesi periferici». Basti pensare al fatto che erano, assieme a quelle tedesche, le più imbottite di titoli greci. Peruzzo, lucidamente, prevede che per Hollande sarà difficile andare allo scontro frontale con Angela Merkel sul nuovo Patto di stabilità se i mercati crolleranno il giorno dopo la sua nomina all’Eliseo. Insomma, avendo il mercato «una capacità di persuasione piuttosto rilevante», alla fine dovrà desistere dai suoi piani più radicali. Ma secondo l’economista la pressione salirà anche sui titoli spagnoli e italiani per un motivo molto semplice: ormai il mercato ha imparato che la Bce interviene, quando la situazione precipita. Comprando titoli di Stato o, nella peggiore delle ipotesi, lanciando aste triennali. E ne approfitta. Finché non appariranno i primi aspetti positivi delle misure di aggiustamento e l’Europa riemergerà dalle secche della recessione con una prospettiva reale di rinascita economica, «sarebbe saggio che la Bce si assumesse quest’onere», conclude Peruzzo. Perché è inutile illudersi: i mercati non molleranno. TONIA MASTROBUONI