Arturo Colombo, Corriere della Sera 24/4/2012, 24 aprile 2012
Non so quanti ricordino il quotidiano «La Sera»; e quanti — meno ancora, immagino — sappiano chi fosse il suo direttore
Non so quanti ricordino il quotidiano «La Sera»; e quanti — meno ancora, immagino — sappiano chi fosse il suo direttore. Ha fatto, quindi, benissimo Barbara Boneschi a intitolare il suo saggio, vivace e documentato, Gian Luca Zanetti dall’avvocatura al giornalismo e all’editoria, appena uscito nella collana «Studi e ricerche di storia dell’editoria», diretta da Ada Gigli Marchetti (editore Franco Angeli, pagine 269, € 34). Vissuto prevalentemente a Milano, dal 1872 al 1926, pur continuando a fare l’avvocato, Gian Luca Zanetti aveva avvertito subito la passione di scrivere sui giornali (tant’è vero che fin dal 1898 si trova la sua firma su «La Vita internazionale», la rivista di Ernesto Teodoro Moneta, unico italiano Premio Nobel per la pace). Ma la stagione più impegnativa Gian Luca Zanetti l’ha vissuta fra il 1917 e il 1924: un periodo certamente assai complesso nella storia del nostro Paese. Infatti, lo stesso anno in cui l’Italia vive il dramma di Caporetto, Gian Luca Zanetti diventa direttore (e comproprietario) de «La Sera», che usciva a Milano in edizione pomeridiana fin dal 1892. La linea da lui impressa al giornale è sin dall’inizio chiarissima: «L’indirizzo sarà di democrazia operosa e ordinata». Cioè piena indipendenza da ogni potere (politico ed economico), anche se Gian Luca Zanetti sosterrà i governi prima di Giolitti e poi di Bonomi, criticando invece Nitti — come spiega bene la Boneschi —, oltre a essere subito avversario intransigente del fascismo e di Benito Mussolini al potere. Tanto che nel 1924, prima del delitto Matteotti, Gian Luca Zanetti è costretto a lasciare la direzione e anche a cedere «La Sera». Ha ragione Barbara Boneschi, dunque, nel seguire l’attività di Gian Luca Zanetti (anche come «professionista legato a grandi rappresentanti dell’industria milanese»), di sottolineare la sua «personalità accentratrice e risoluta», ma ponendo in luce anche quanto fosse «aperto» sul piano del rinnovamento dell’Italia. Da qui l’interesse per i molti gravi problemi del Mezzogiorno, sui quali farà intervenire firme prestigiose, come quella di Napoleone Colajanni; e soprattutto il sostegno per «il diritto di voto alle donne», ribadito fin dal 1919 con alcuni articoli firmati da Fabio Luzzatto e Innocenza Cappa. Ma un altro merito di Gian Luca Zanetti è stato quello di aver dato vita alla casa editrice Unitas: «Nome evocativo — precisa la Boneschi — dell’unità d’Italia e dell’unità sociale attraverso la cooperazione», che rimarranno princìpi ispiratori di Zanetti. Lo si vedrà anche negli altri periodici, creati dall’Unitas — per esempio, «La Rivista d’Italia» e «L’Industria», entrambi diretti dallo stesso Zanetti —, dove alcuni punti fermi, dalla politica per le riforme allo sviluppo economico, verranno trattati da nomi di spicco, come Einaudi o Pareto, Salvemini o Sforza, Gobetti o Calamandrei, senza dimenticare i contributi di letterati illustri, da Ada Negri a Pirandello.