Marco Imarisio, Corriere della Sera 24/4/2012, 24 aprile 2012
DAL NOSTRO INVIATO
CASELLE (Torino) — In un Paese normale questa sarebbe una giornata normale. All’ingresso dell’Alenia invece c’è un affollato picchetto dei sindacati Fim, Ugl e Fismic che cercano di sbarrare l’ingresso a Elsa Fornero, schierando cartelli e un paio di sobri cappi al collo. I militanti contestano l’incontro del ministro del Lavoro con i dipendenti dell’azienda che le hanno chiesto di spiegare la riforma. Considerano la sua visita come una specie di lesa maestà, che cancella il loro diritto di rappresentanza dei lavoratori. Tendono però a svicolare quando viene fatto presente che si trattava di un invito e che in passato era già successo altrove. Comunque l’opera di sbarramento non va a buon fine, l’auto del ministro passa attraverso l’aeroporto di Caselle e si ferma davanti all’hangar 7, nella zona del campo volo.
L’ambiente era di quelli spartani, un capannone spoglio e abbastanza buio, con pareti e finestre ricoperte da spessi teli blu che preservano il segreto industriale dei C-27J, gli aerei militari da trasporto tattico assemblati in quest’area. Nessuna sedia in platea, tutti in piedi. Un piccolo palco e un tavolo con quattro sedie. L’assemblea è stata accesa ma in buona sostanza corretta. Il ministro è stato interrotto un paio di volte, aveva 20 minuti di tempo per esporre i contenuti della riforma del lavoro, ha preso appunti su nove domande che le sono state rivolte dal pubblico e le ha condensate in una sola risposta. «Guardate che non è una cosa straordinaria, voi mi avete invitata e io ho detto sì. So che abbiamo punti di vista diversi e che ci sono delle critiche, io sono venuto a spiegare il mio punto di vista e ascolterò il vostro, anche se questo potrebbe non farci cambiare idea».
L’esordio, al netto del rimbombo che ha condizionato la resa di ogni registrazione, è stato più o meno questo. Non ha replicato quando Pierpaolo Calcagno, delegato Fiom, una certa notorietà acquisita tramite la trasmissione di Michele Santoro, ha sventolato sopra la testa un libretto dal titolo impegnativo, «Ricerche del Comitato ambiente sulle resine epossidiche adottate dalle nuove tecnologie aeronautiche». L’opera risale al 1982, ormai si tratta di un esemplare unico. «Ma vede ministro, con questa ricerca noi mettemmo a rischio molte commesse. Oggi non potremmo più farlo, oggi ci avrebbero licenziato per ragioni economiche». Secondo i resoconti di Calcagno e dei suoi colleghi, Fornero ha mostrato una faccia comprensiva. Ma solo quella. «Sulla flessibilità in uscita la soluzione che abbiamo dato è quella che riteniamo più equilibrata. Lavorerò da subito con le Camere perché la riforma venga approvata in tempi brevi».
Non è stata una passeggiata, e il sentiero più scosceso era quello delle disuguaglianze. «Volete abbattere il debito pubblico e guarda caso cominciate sempre da noi», è il grido che arriva dalla platea, seguito da un invito a pareggiare i conti con la patrimoniale. Fornero replica con frasi piuttosto studiate. «La nostra riforma magari non è perfetta ma ha un equilibrio generale ed è fatta per ridare speranza all’Italia». Quando il microfono passa agli operai, diventa evidente qual è il vero nodo, non solo di questa assemblea. «Dovete ridurre i costi della politica», «dovete colpire anche gli altri, i ricchi». Le risposte, c’era da prevederlo, rendono l’hangar ancora più freddo di quel che già non sia. «Premesso che abbiamo studiato le carte...» «Un conto è studiarle, un conto è viverle...» urla un altro operaio, che fa il pieno di applausi. Il ministro risponde, senza lasciare troppi spiragli alle riforme invocate dalla platea. «La riduzione delle spese politiche è una delle cose allo studio, ma è un argomento molto complesso...».
Eppure arriva un momento in cui questi due mondi così distanti generano una piccola empatia. «Mi chiamo Michele, ho 32 anni e sono in cerca di un futuro. Quando l’ho vista piangere alla televisione mi sembrava sincera, e ho pensato che di lei potevo fidarmi. Adesso non vorrei dovermi ricredere». Fornero incassa il colpo, quando finisce l’assemblea chiede di poter scambiare due parole con Michele, che ha 32 anni, 1.200 euro di stipendio, una fidanzata insegnante precaria, un bilancio mensile che lo costringe a vivere ancora con i genitori a Mappano di Borgaro, pochi chilometri da Caselle. «Sono costretto a recitare da bamboccione» scherza all’uscita del turno delle 14. «Il ministro mi ha ringraziato. "Vi capisco" ha detto. Resto della mia opinione, ma ho apprezzato il fatto che ci abbia messo la faccia».
Alla fine non è successo niente. Le reciproche opinioni sono rimaste distanti. Il ministro ha incassato un attestato di rispetto e stima. La Fiom, che ha 12 delegati sindacali su 21, e la Uilm, entrambe favorevoli all’incontro, hanno capitalizzato una inaspettata rendita di immagine giunta da una settimana di incomprensibili polemiche sulla scelta della Fornero di accettare l’invito, che ha unito Susanna Camusso a Giorgio Cremaschi passando per Raffaele Bonanni. L’avamposto di questa lotta era all’ingresso dell’Alenia. «Non deleghiamo a nessuno la rappresentanza dei lavoratori» ha detto Claudio Chiarle, segretario della Fim torinese. «Altrimenti i sindacati vengono meno alla loro funzione principale, di aiutare i lavoratori a capire». Salvo improbabili casi di omonimia, deve trattarsi della stessa persona che nel gennaio 2011, ai tempi del referendum di Mirafiori, fece spiegare in fabbrica i contenuti del nuovo contratto Fiat dai capi reparto dell’azienda. Altri tempi.
Marco Imarisio