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 2012  aprile 24 Martedì calendario

Se guardate bene Angela Merkel quando incontra Wen Jiabao, scoprirete che la Germania è ormai il sesto membro dei Brics

Se guardate bene Angela Merkel quando incontra Wen Jiabao, scoprirete che la Germania è ormai il sesto membro dei Brics. La faccia europea delle grandi economie emergenti, per molti versi da mettere vicina a Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (i cinque Brics, appunto). Una compagnia che aiuta a capire anche la posizione di Berlino nella crisi dell’euro. La cancelliera tedesca e il primo ministro cinese ieri mattina erano a Hannover, per aprire l’edizione annuale della Fiera — la più grande di prodotti industriali del mondo — della quale Pechino è ospite d’onore: si sono promessi che il commercio tra i due Paesi, nel 2011 di 144 miliardi di dollari, nel 2015 raddoppierà quasi, a 280 miliardi. È che la Germania è nel pieno di un riposizionamento economico e commerciale con pochi precedenti. Già dal 2010, la Cina è il principale mercato non europeo di esportazione di prodotti tedeschi, una posizione prima occupata dagli Stati Uniti: gli economisti stimano che nel 2015 lo sarà in assoluto, quando l’export della Germania nel mercato cinese supererà anche quello verso la Francia, il partner storico numero uno. È un rapporto strategico, quello con Pechino, che Berlino promuove a tutto vapore. Alla Hannover Messe di quest’anno, la Cina è stata incoronata ospite privilegiato e i cinesi hanno risposto portando 500 imprese a esporre, il dieci per cento del totale: la più grande mostra di prodotti che abbiano mai effettuato fuori dai confini. Sempre ieri, Wen è andato a Wolfsburg, dove ha sigillato l’accordo per la costruzione di una nuova fabbrica Volkswagen nel Xinjiang. In gran parte è la realtà della globalizzazione che ha spinto le aziende tedesche — grandi e medie — a cercare sbocchi sul mercato più dinamico del pianeta. Ma anche Frau Merkel non si è tirata indietro: dal 2006, è stata cinque volte a Pechino in visita di Stato, sempre accompagnata da imprenditori, manager, banchieri. Il fatto è che la Cina non è unica nell’attenzione extra-europea della Germania: negli ultimi otto-dieci anni, la base economica tedesca si è molto riposizionata verso i mercati emergenti. La Germania è tentata — dice un rapporto preparato dall’European Council on Foreign Relations — «di vedere se stessa come un potere credibile in un mondo multipolare, il che a sua volta porta alla tentazione di diventare globale da sola». Non si può dire che Berlino abbia scelto di divorziare dall’Europa: durante tutta la crisi dell’euro la signora Merkel è stata la leader di gran lunga più impegnata nella ricerca di una soluzione. Ma si può dire che la tendenza centrifuga è sempre più forte e che nel rapporto con i Brics la Germania si muove da sola. La relazione con Mosca è profonda: seimila imprese tedesche sono attive in Russia e la Germania dipende pesantemente dalle importazioni di gas russo. E, nonostante le critiche di Frau Merkel a Vladimir Putin su diritti umani e legalità, i rapporti politici sono stretti, per ragioni storiche ma anche per motivi contingenti: per dire, nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu l’anno scorso Berlino si è astenuta, assieme ai Brics e contro gli occidentali, sulla risoluzione che ha consentito l’intervento militare in Libia. La collaborazione con l’India si è enormemente intensificata, soprattutto dopo un viaggio della cancelliera a New Delhi l’anno scorso: l’obiettivo sono venti miliardi di euro di interscambio entro fine anno e collaborazioni nell’hi-tech. Il Brasile e il Sudamerica, per parte loro sono da qualche anno l’oggetto di una vera e propria offensiva economico-diplomatica portata avanti soprattutto dal ministro degli Esteri Guido Westerwelle. Un posto tra i Brics per la Germania — economia che cresce, campione di export, a bassa disoccupazione e ormai anche a salari contenuti — non sarebbe insomma una stravaganza. Per molti versi, anzi, Berlino è più vicina a Pechino di quanto Pechino non lo sia a Delhi. E Pechino è più vicina a Berlino di quanto quest’ultima non lo sia ad Atene. Il fatto è che tutti e sei i Paesi — Brics più uno — probabilmente emergeranno dalla crisi più forti di prima: è questo che li unisce. Twitter @danilotaino