(?) StampaSera, 14.05.1966, 23 aprile 2012
Elsa MORANTE «Ho sempre desiderato essere un ragazzo»: da questo sogno è nato il suo capolavoro: «L’isola di Arturo» Un carattere anticonformista, difende i «capelloni» Elsa Morante vive a Roma (dove è nata, da una famiglia piccolo-borghese) in due o tre appartamenti
Elsa MORANTE «Ho sempre desiderato essere un ragazzo»: da questo sogno è nato il suo capolavoro: «L’isola di Arturo» Un carattere anticonformista, difende i «capelloni» Elsa Morante vive a Roma (dove è nata, da una famiglia piccolo-borghese) in due o tre appartamenti. Non è una boutade, è la verità. Elsa Morante non vuole troppi seccatori intorno, né quando scrive, né quando ascolta musica, né quando gioca con i suoi gatti, che sotto ormai dei personaggi importanti nella mitologia letteraria italiana. E’ una donna anticonformista. Mesi fa ha difeso i « capelloni » di Roma in nome della libertà. Lo scorso anno, a Torino, ha concluso tempestosamente una sua conferenza ai «Venerdì letterari* con un battibecco con alcune persone del pubblico. Vive sola (pure essendo sposata con Alberto Moravia, «uno scrittore — ha detto — che non amo ma per cui sento affetto»). Potrebbe sembrare un personaggio antipatico; e forse lo è. Ma Gyorgy Lukacs ha scritto di lei: «Mi sembra uno dei massimi talenti di scrittore che io conosca ». Ed Emilio Cecchi, parlando di Numiatina, la giovane sposa infelice dell’* Isola di Arturo», ha detto: «Si tratta di una delle immagini più vive e sorprendenti del nostro romanzo contemporaneo ». « L’isola di Arturo » ha vinto il Premio Strega nel 1957, dopo che nel 1948 il primo romanzo di Elsa Morante, « Menzogna e sortilegio > aveva ricevuto il premio Viareggio. Sono poi usciti i racconti dello * Scialle andaluso*. Di libro in libro Elsa Morante porta avanti il .ino solitario monologo che non ha eguali nella letteratura italiana dei nostri giorni. Prendiamo < L’Isola di-Arturo», a nostro giudizio il più bello dei suoi libri. Lo ha scritto in cinque anni faticosamente, su quaderni da scuola dalla copertina nera, a mano; ogni volta che finiva un capitolo, dopo averlo corretto e ricorretto, lo batteva a macchina. Era la storia fantastica di un ragazzo che vive a Procioni, con un padre strano, un semidio biondo che spesso lo lascia solo (il ragazzo è orfano di madre) sull’isola; quel padre diventa per Arturo un mito, e lo rimane anche quando si risposa con Nunziatina, una ragazza di Napoli umile e orgogliosa insieme] ostinata in una fedeltà assurda a un uomo che sembra una meteora ed ha il cuore di ghiaccio. Finché il ragazzo non scopre chef il semidio è un povero vinto, malato, perverso; e quando lo’ scopre per lui è finita la infanzia mitica e la giovinezza selvaggia. Arturo lascia per sempre Pisola, affronta la vita. «Come fui sul sedile accanto a Silvestro — così si chiude il romanzo — nascosi il volto suI braccio, contro lo schienale. E dissi a Silvestro: — Senti. Non mi va di vedere Procida mentre s’allontana, e si confonde, diventa come una cosa .grigia... Preferisco fingere che non sia esistita..Perciò, fino, al momento che non se ne vede più niente, sarà meglio ch’io non guardi là. Tu avvisami, a quel momento. «E rimasi col viso sul braccio, quasi in un malore senza nessun pensiero, finché Silvestro mi scosse con delicatezza, e mi disse: — Arturo, su, puoi svegliarti. «Intorno alla nostra nave, la marina era tutta uniforme, sconfinata come un oceano. L’isola non si vedeva più». Arturo, disse una volta Elsa Morante a un giornalista, era lei. Scrivendo il libro, raccontò, « realizzavo un mio vecchio sogno. Ho sempre desiderato di essere un ragazzo, e ancora adesso vorrei esserlo: Da bambina, facevo i giochi dei ragazzi. Li preferivo perché i giochi delle bambine sono prive di fantasia; le bambine fanno le madri, le signore, le donne di casa, insomma quello che diventeranno un giorno, i ragazzi invece fanno il pellerossa o il cow-boy, e poi diventano ingegnere, impiegato di banca». Per operare la metamorfosi Elsa Morante gioca la sua grande carta, quella della magia che trasfigura la realtà. Come lei è Arturo, così Arturo, pur essendo un ragazzo di Procida come tutti gli altri è, di là dal velo delle apparenze, il simbolo dell’infanzia senza memoria, felice e senza tempo. Dopo, tutto appassisce. Beato chi non esce mai da quell’infanzia. Una delle poesie di Elsa Morante, posta come dedica all’*Isola di Arturo», termina con questi versi: «E tu non saprai la legge - ch’io.e come tanti, imparo, - e a me ha spezzato il cuore: fuori del limbo non v’è eliso ». Pagina 7- numero 113