Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 30/03/2012, 30 marzo 2012
IN UN DOCUMENTO LA PROVA DEL PRIMO SOGGIORNO ROMANO DI MICHELANGELO
Si tratta di poche righe, che affiorano un pò sbiadite a conclusione di un atto notarile datato 7 settembre 1498: «Actum in Romae in Regione Parionis in domo eiusdem domini Jacobi presentibus magistro Sancto Macarallarius de Rione Parionis et Michaele Angelo statuario florentino testibus». Ai profani forse non dicono niente, ma per gli studiosi sono una scoperta importante che fa luce sui primi anni di Michelangelo a Roma. Da queste righe si apprende che quel 7 settembre 1498 lo scultore (statuario fiorentino) Michelangelo fa da testimone, insieme a un certo Sancto Macarallarius, a un atto in cui il banchiere Jacopo Galli (o Gallo) nomina suo procuratore Nando Palluzzelli per la presa in possesso di una casa in Campo de’ Fiori. L’ atto viene stipulato in casa di Jacopo, nel rione Parione e allo stesso rione apparteneva la residenza del Macarallarius. La residenza di Michelangelo, invece, non è indicata. Ed è un segnale decisivo, perché significa che l’ abitazione dello scultore era la stessa dell’ intestatario dell’ atto, il banchiere Galli. Dei rapporti tra l’ artista fiorentino e il banchiere romano, amico del cardinale Raffaele Riario, si avevano già notizie. È il Galli, infatti, che dieci giorni prima di questa testimonianza, vale a dire il 27 agosto, si impegna a nome di Michelangelo con l’ ambasciatore di Carlo III presso papa Borgia, il cardinale Jean Bilhères de Lagraulas, per la realizzazione della Pietà. Ed è sempre lui che ricovera nel suo viridario, tra le statue antiche, quella del celebre Bacco con satiro, commissionato a Michelangelo da Riario e dallo stesso cardinale rifiutato quando lo vide finito. Mancava la fonte che attestasse il soggiorno di Michelangelo a casa Galli, situata nei pressi della basilica di San Damaso, oggi inglobata nel palazzo della Cancelleria, fatto costruire proprio in quegli anni da Riario. Era stato il potente cardinale, nipote di Sisto IV, a chiamare Michelangelo a Roma, dopo aver subito la beffa di un Cupido scolpito dall’ artista neanche ventenne e spacciatogli dai mercanti per un’ opera antica. Il Buonarroti era arrivato nella Città Eterna nel 1496. Ma di questo soggiorno, che dura fino al 1501, e del successivo (dal 1508 al 1512, anni in cui dipingerà la volta della Sistina) si sa molto poco. Al contrario dei trent’ anni anni successivi (1534-1564) che sono ben documentati. A scoprire il documento è stata Maria Antonietta Quesada. L’ ha scovato tra le pagine di uno dei quattordici protocolli del notaio Felice de Villa, redatti tra il 1495 e il 1535 e conservati nell’ Archivio di Stato di Sant’ Ivo alla Sapienza. Questo protocollo, rovinato dal tempo, è stato appena restaurato grazie al contributo della Fondazione Città Italia e presentato ieri dal direttore dell’ Archivio, Eugenio Lo Sardo.
Lauretta Colonnelli