Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  marzo 29 Giovedì calendario

AMORE & PSICHE - Psiche che alza la lucerna sul volto dello sposo misterioso, convinta di scoprire un mostro, e rimane atterrita davanti ai capelli biondi e umidi d’ ambrosia di Amore, al suo collo bianco come il latte, alle guance rosate

AMORE & PSICHE - Psiche che alza la lucerna sul volto dello sposo misterioso, convinta di scoprire un mostro, e rimane atterrita davanti ai capelli biondi e umidi d’ ambrosia di Amore, al suo collo bianco come il latte, alle guance rosate. «Sugli omeri dell’ alato dio le bianche ali brillavano come fiori luccicanti di rugiada e, sebbene giacessero in stato di riposo, le loro piume molli e delicate palpitavano tremule con capricciosa irrequietezza. E tutto il resto del corpo era liscio e splendente, e tale, insomma, che Venere può ben vantarsi d’ essergli madre». È l’ immagine culminante del mito di Amore e Psiche, nella versione narrata nel II secolo da Apuleio, vivace avvocato della provincia d’ Africa. Un’ immagine che già aveva alimentato le fantasie degli artisti, dal periodo egizio e greco fino all’ epoca romana. Il racconto di Apuleio, che si sviluppa per ben tre capitoli nella sua raccolta de «L’ asino d’ oro», fa sognare i pittori e gli scultori del Rinascimento e quelli dei secoli successivi fino al Neoclassicismo, quando la favola di Psiche ebbe nuovamente grandissima diffusione letteraria e figurativa. Sono questi quattro secoli a segnare il percorso della mostra «La favola di Amore e Psiche», al Museo di Castel Sant’ Angelo, dove resterà aperta fino al 10 giugno. Con una sezione introduttiva sulle radici del mito, che presenta piccole sculture, gemme e affreschi dal periodo egizio all’ età romana. Curata da Maria Grazia Bernardini, direttore del Museo, e da Marina Mattei per la parte archeologica, la rassegna è stata ideata per festeggiare la conclusione dei lavori di restauro del fregio con la favola di Psiche che Perin del Vaga realizzò tra il 1545 e il 1547 in una saletta dell’ appartamento del pontefice Paolo III. Per l’ occasione sono confluite a Castello circa cento opere provenienti da musei italiani e stranieri, tra le quali il gruppo di Amore e Psiche degli Uffizi e quello dei Musei Capitolini, il quadro di Jacopo Zucchi, il gesso di Canova proveniente dalla Gipsoteca di Possagno, il bozzetto originale di Canova per il famoso gruppo del Bacio proveniente dal Museo Correr. E ancora: due disegni di Raffaello e bottega preparatori per la Loggia di Psiche della Farnesina e la serie completa delle incisioni realizzate nella prima metà del Cinquecento da Bernardo Daddi, conosciuto come Maestro del Dado perché firmava i suoi lavori con una B segnata su un dado. Oltre a una serie di terrecotte, vasi e avori provenienti da musei greci. La produzione di opere ispirate al tema di Amore e Psiche è sterminata. Da quando la favola di Apuleio venne riscoperta, con la pubblicazione del testo latino nel 1469 e con la volgarizzazione che ne fecero scrittori come il Boiardo, Berolado, Nicolò da Coreggio e il Firenzuola, il tema fu sempre più richiesto dai committenti. All’ inizio per decorare le fronti dei cassoni nuziali o le alcove dell’ amata. Nel corso del Cinquecento, letterati e filosofi neoplatonici vedono rispecchiati nella favola gli argomenti cari alla cultura umanistica, dall’ esaltazione dell’ amore coniugale al trionfo della bellezza, fino al cammino di espiazione e liberazione che l’ anima, Psiche, deve compiere per ricongiungersi alla divinità, Amore. Nascono da questa interpretazione i grandi cicli di affreschi come quello realizzato da Raffaello nei nove pennacchi delle Logge della Farnesina o quello dipinto dal suo allievo Gulio Romano in una sala di Palazzo Te a Mantova. Nel Seicento si privilegia l’ effetto luministico della scena in cui Psiche alza la lampada sul corpo di Cupido. Tra Settecento e Ottocento, gli artisti neoclassici rispolverano la raffigurazione dei due sposi abbracciati, molto diffusa in epoca romana. E quelli romantici scoprono la componente sentimentale della tristezza provocata dall’ abbandono e della tenerezza del dolce risveglio del bacio. Antonio Canova sublima entrambe le interpretazioni nei due capolavori dedicati ad Amore e Psiche, oggi al Louvre. Il catalogo della mostra, edito da L’ Erma di Bretschneider, è completato da una mappa dei luoghi di Psiche a Roma, elaborata da Miriam Mirolla. Lauretta Colonnelli