Diego Gabutti, ItaliaOggi 20/4/2012, 20 aprile 2012
Romano Prodi era famoso per il suo inossidabile fattore C. – Era famoso, anche lui, per il cosiddetto Fattore C, dove «C» stava per_ be’, sapete per cosa
Romano Prodi era famoso per il suo inossidabile fattore C. – Era famoso, anche lui, per il cosiddetto Fattore C, dove «C» stava per_ be’, sapete per cosa. Ogni volta che si presentava alla testa del centrosinistra contro Silvio Cesare era lui a vincere e la Buonanima a soccombere. Ogni volta era uno scontro epico: Fattore C contro Fattore C, come Totò e Peppino quando agitano nell’aria le mani a coppa e si danno dei colpi di chiappa ballando la tarantella. E oggi? Bè, oggi Romano Prodi, da quel re dei fortunelli che era, è diventato uno sfigato in pensione, one uf us, uno di noi, come diceva Joseph Conrad di Lord Jim. Dicono che punti alla presidenza della repubblica. Ma ormai gli capita, come ai comuni mortali, anche di cadere dalla bicicletta. * * * Imane Fadil, modella marocchina, ha raccontato nell’aula del processo per bunga bunga alla Buonanima che «la consigliera regionale Nicole Minetti e la show-girl Barbara Fagioli ballavano travestite da suore davanti all’ex premier». A entrambe, sul momento, dev’essere sembrata una bella fortuna ballare travestite da suore e poi «fermarsi a dormire ad Arcore», come racconta sempre Imane Fadil. Invece era l’inizio d’una stagione iellatissima. * * * Quanto a Valter Lavitola, sfortunato in affari e in politica, ha per lo meno la fortuna che, con tutte le accuse che gli sono piovute addosso, nessuno insinua (non ancora) che si sia travestito da suora per cantare Sister Act. * * * Un po’ sarà «il vento cattivo» evocato dal segretario del partito democratico, un po’ sarà la mancanza d’«ideone» e di bacchette magiche di cui ha parlato con Lucia Annunziata il ministro dello sviluppo economico (mettendo così le mani avanti affinchè nessuno si faccia troppe illusioni). Ma fatto sta che in Italia la iella impera. E se l’antipolitica fosse soltanto uno scongiuro? * * * «Cos’è un politico puro? Equivale a un grande politico, o a un politico eccezionale? E un politico eccezionale equivale a un uomo eccezionale, o eticamente irreprensibile, o a un uomo semplicemente decente?» (Javier Cercas, Anatomia di un istante, Guanda 2010). * * * Bè, se anche il voto per la lista di Beppe Grillo (mai così festante come negli ultimi giorni, da quando le leghe affondano nel grottesco e i sondaggi danno in ascesa le Cinque stelle) è uno scongiuro contro la storica malasorte degl’italiani, presto ci sarà bisogno d’un talismano contro i talismani. * * * Sfida la sorte anche lo stesso Beppe Grillo quando insinua che i sondaggi, per quanto favorevoli alla sua lista pentastellare e a lui personalmente, sono stati non di meno taroccati per minimizzare l’inarrestabile avanzata grillista, ben superiore a quanto finora ammesso. Sfida la sorte, dunque gli serve un talismano. Provi con un Cornafacendoday. O si tocchi le orecchie. * * * Era uno di questi portafortuna, all’alba della seconda repubblica, anche il partito padano, che da allora, per oltre vent’anni, si è sforzato di propiziare gli astri ai contribuenti del nord, lavoratori autonomi in testa, piccole e medie aziende a ruota. Ciò nei ritagli di tempo tra un rito celtico e l’altro: Ampolle del Dio Po (e diti medi) da sollevare, nonché Trote nella polvere e Trote sull’altar. Adesso è il partito padano ad aver bisogno d’un portafortuna. Si è offerto, come sapete, Bobo Maroni, che tuttavia, nella parte della zampa di coniglio o del ferro di cavallo, difficilmente otterrà un Oscar, come spera. * * * E che dire del talismano supremo, la Buonanima, a cui tutti cercavano di sfregare la gobba, nella speranza che la buona sorte che aveva sempre gonfiato le sue vele, prima all’imprenditore, poi al politico, gonfiasse anche le loro? Cosa rimane della sua proverbiale fortuna? Un processo per bunga bunga, un megarisarcimento a Carlo De Benedetti per l’Affaire Mondadori, la compagnia farfugliante del Senatùr sulla panchina dei dimenticati. * * * «Mio zio mi precedeva con passo svelto, e io lo seguivo non senza terrore. Finche fummo imprigionati nella parte inferiore della torre, tutto ando bene; ma dopo cento scalini l’aria mi colpì in viso: eravamo arrivati alla piattaforma del campanile, dove cominciava la scala aerea, che aveva la sola difesa d’una fragile ringhiera, i cui scalini pareva portassero su verso l’infinito. «Sali!» ingiunse il professore. Mi arrampicai dietro di lui. L’aria aperta mi stordiva, sentivo il campanile oscillare; le gambe mi si piegavano; strisciai sulle ginocchia, poi sul ventre... Chiusi gli occhi, preda delle vertigini. Finalmente, aiutato dallo zio che mi tirava per il bavero, arrivai in cima alla torre, presso la palla. «Guarda!», mi disse il professore. «Bisogna prendere lezioni di abisso!”» (Jules Verne, Viaggio al centro della terra, Mondadori 2005). * * * «Quasi tutti gli esseri umani sono comunque incapaci di ridurre le cose a caricatura, essi osservano tutto fino in fondo con la loro aria terribilmente seria, diceva, e non sono neppure sfiorati dall’idea d’una caricatura, diceva» (Thomas Bernhard, Antichi Maestri, Adelphi 1992).