Sergio Luciano, ItaliaOggi 20/4/2012, 20 aprile 2012
Uckmar: pressione fiscale al 50% – Giustizia e fiscalità sono i due aspetti per i quali l’Italia è maggiormente arretrata nel mondo
Uckmar: pressione fiscale al 50% – Giustizia e fiscalità sono i due aspetti per i quali l’Italia è maggiormente arretrata nel mondo. E non lo dico io, ma la classifica ufficiale della Banca mondiale»: è caustico e preoccupato Victor Uckmar, principe dei tributaristi italiani. «Il paese sta precipitando al 158° posto nel mondo per affidabilità giudiziaria e al 134° per la fiscalità. Con un simile contesto, come attirare gli investimenti internazionali?». Domanda. Ci risiamo col fisco iniquo? Risposta. In questo momento sono attestato sulla linea del Piave, come chiede il governo. Bisogna obbedire e tacere. Pagare le tasse, riequilibrare i conti pubblici. Poi riprenderemo a discuterne. D. Non crede che un fisco abnorme come il nostro soffochi la ripresa? R. Be’, certamente oggi il sistema influenza la sfera economica, almeno quanto un tempo influenzava quella politica. Certo, per sviluppare la nostra economia dobbiamo riordinare queste anomalie. D. Proviamo a riepilogarne le cause... R. La pressione fiscale in Italia ha superato il 50%: ufficialmente è ferma al 48%, ma solo per un effetto statistico, da correggere alla luce dell’evasione e di tutta l’economia sommersa. E comunque si tratta di statistiche alla Trilussa. Per esempio, con le rendite di capitale tassate alla fonte al 20%, c’è un’intera categoria di rentier che sfugge al fisco. E poi un’altra grave anomalia: le società di comodo. Abbiamo in Italia oltre 30mila srl che servono solo a incapsulare compensi per servizi di natura personale, per non far emergere la tassazione a carico delle persone fisiche che li producono. D. Professore, ci perdoni, lei parla come Befera... E le polemiche contro il fisco esoso e iniquo? R. Abbiamo aliquote tra le più alte del mondo, evidenti sperequazioni e una complessità di sistema patologica. Anche chi come me ha molta esperienza si scontra ogni giorno con un problema nuovo. Del resto, anche gli Stati Uniti hanno un codice tributario di 70mila pagine. D. Ma si può fare qualcosa? R. Dal settembre del 2008 ho avviato un’azione di volontariato accademico, invitando i professori ordinari di diritto tributario a riunirsi per scrivere regole processuali comuni per tutti i tributi. E pochi giorni fa abbiamo consegnato al Cnel un testo con queste regole uniformi per quanto riguarda l’accertamento, il contenzioso tributario... D. Saranno indispensabili, visto anche il discredito che ha colpito alcune di quelle istituzioni dopo lo scandalo degli arresti di Napoli... R. Il ministro Severino ha accolto un mio suggerimento sulla gestione del contenzioso, a proposito di questo increscioso episodio. Nelle commissioni tributarie, oggi abbiamo anche soggetti senza una professionalità specifica. Gente inesperta, che si fa cooptare solo per influenzare le decisioni a favore dei suoi amici. I membri di queste commissioni dovranno essere scelti attraverso concorsi pubblici, come prescrive la Costituzione. E non basta, c’è un’altra grave anomalia. D. Un’altra? R. Oggi le commissioni tributarie sono gestite dal ministero dell’Economia, mentre dovrebbe gestirle il ministero della Giustizia, più neutrale. Gli stranieri ci considerano un ginepraio inestricabile di leggi confuse e contraddittorie! E hanno ragione. Un ginepraio di norme che cambiano quotidianamente, inquinate da una giurisprudenza complicatissima e da una Cassazione che oggi dice bianco e domani nero. D. E allora, che cosa dobbiamo pensare per il nostro futuro fiscale? R. L’Agenzia delle entrate è diventata più efficiente. Certo, la via maestra per ridurre la pressione fiscale è tagliare la spesa. Del resto, io mi schiero col governo ma non fino al punto da non vedere che anche il suo operato sta rivelando lacune: per esempio la revisione del sistema fiscale ha per ora partorito un topolino...