Daniele Lepido, Il Sole 24 Ore 20/4/2012, 20 aprile 2012
«L’ASTA PUÒ APRIRE IL MERCATO»
Sky rompe il silenzio sulle frequenze televisive e sul blocco del beauty contest, il "concorso di bellezza" dal quale si era sfilata in dicembre non senza polemiche. A scendere in campo con questa intervista al Sole 24 Ore è Andrea Zappia, 48 anni, che dallo scorso primo agosto ha sostituito Tom Mockridge alla guida della controllata italiana di Newscorp.
Cosa ne pensa dello stop del beauty contest da parte del Governo?
La direzione presa è coerente con alcuni dei rilievi fatti da noi in passato, partendo dalla necessità di uno stimolo maggiore alla pluralità e alla valorizzazione di un asset come quello delle frequenze. Asset che, sicuramente, ha un valore economico. Credo comunque che quello del Governo Monti sia un passo previsto e dovuto, in linea con molte altre loro scelte di politica economica e con quanto chiesto e ribadito dalla Commissione Europea.
Sarete della partita?
È ancora presto per dirlo. Trovo limitante concentrarsi solo sullo sviluppo del digitale terrestre, è un dibattito vecchio. Perché tra le varie tecnologie non è necessariamente quella più interessante, soprattutto per le televisioni non generaliste e per un’azienda come la nostra, che punta sulla qualità.
Quindi parteciperete all’asta?
Decideremo, come sempre capita quando si è di fronte a una decisione strategica, solo quando saranno noti tutti i dettagli. Riconosco comunque al Governo Monti di aver fatto un importante passo avanti, scegliendo un approccio neutrale, gettando le basi per favorire e accelerare un’evoluzione più aperta e pluralista del mercato televisivo.
Piersilvio Berlusconi sostiene che l’asta sarà al ribasso. È d’accordo?
Dipenderà molto da come l’Agcom definirà nel dettaglio il disciplinare di gara. Ma è sicuramente vero che quando un bene pubblico, scarso e prezioso, viene messo all’asta in modo neutrale, aperto e trasparente, è possibile attrarre un buon numero di acquirenti.
Mediaset rileva, a ragione, che siete "monopolisti" sulla piattaforma satellitare. Ma è vero anche che il Biscione detiene il primato della raccolta pubblicitaria televisiva. Il duopolio è definitivamente incrinato?
La distinzione per piattaforme tecnologiche è una logica davvero superata dai fatti. Il consumatore non sceglie se guardare il satellite o il digitale terrestre, bensì un buon programma televisivo. Fin dalla sua nascita Sky si è caratterizzata come forte elemento di pluralità nel mercato. Con Mediaset competiamo in maniera stimolante, è un’azienda leader con capacità manageriali e finanziarie che le hanno permesso di investire molto in questi anni. Senza contare che ha registrato nel corso del tempo la redditività migliore del settore.
Però...
Sul fronte pay, e mi riferisco all’offerta di Mediaset Premium, provo un certo disagio nel pensare che venga tollerato un business strutturalmente in perdita, con l’ennesimo posticipo di pareggio. Con la tesi che è giusto operare in questo modo per controllare la crescita di Sky. Credo che questa impostazione non sia positiva e che sia un elemento di rischio per tutti.
Non crede che ogni azienda sia libera di scegliere il modello di business?
Ovviamente. E infatti le dico che sarei felice se Mediaset raggiungesse l’utile con la sua pay tv perché vorrebbe dire che siamo in un contesto in cui tutti danno il giusto valore ai contenuti, significherebbe che i prezzi dell’offerta si sono attestati su valori corretti.
È cambiata la strategia di Sky?
Abbiamo deciso di ridurre drasticamente gli sconti delle offerte perché riteniamo che i clienti debbano essere al centro. Non possiamo pensare che i "vecchi" utenti siano trattati peggio dei "nuovi". Non credo che oggi perseguire la crescita degli abbonati a tutti i costi sia la strada migliore. Per questo ci stiamo concentrando nell’aumentare l’equazione di valore per i clienti, includendo nell’abbonamento più servizi e proteggendo così il nostro fatturato.
Su cosa puntate?
Sky Italia ragiona su tre pilastri: grande attenzione agli investimenti nella creatività, e quindi acquisizione di programmi esclusivi, continua innovazione tecnologica, supporto e relazione con il cliente. La qualità è centrale perché permette di differenziarsi in un mercato in cui l’offerta di intrattenimento si è moltiplicata.
Avete messo in campo una strategia "digitale" molto aggressiva rivedendo anche alcune scelte come quella di non far pagare più Sky Go. Quali sono i riscontri di pubblico?
Sky Go è un’innovazione radicale, che riscrive il concetto di fruizione televisiva portando fuori dal "medium" tv i contenuti. Ad oggi ci sono oltre 600mila nostri abbonati, non rilevati dall’Auditel, che guardano Sky sul computer, su iPhone, iPad ma anche su altri tablet, e arriveranno a un milione entro la fine di giugno. Da settembre a oggi abbiamo lanciato il 3D, aggiunto dodici nuovi canali in alta definizione, che arrivano così a un totale di 52. Ed è cresciuta in maniera esponenziale la penetrazione di MySky Hd, il decoder che rivede il concetto di palinsesto e permette di fermare i film e le partite in diretta.
Cosa ne pensa dell’integrazione tra internet e televisione?
È un percorso inevitabile. Questa estate lanceremo un’altra rivoluzione, Sky On Demand, rendendo fruibile gran parte del nostro palinsesto, quando si vuole, attraverso la connessione del decoder alla banda larga. Migliaia di programmi disponibili in qualsiasi momento grazie al canale di ritorno via web. Un servizio che offriremo gratuitamente, con un’anticipazione per gli abbonati con oltre due anni di fedeltà.
Qual è la sua valutazione sulla battaglia per la tutela del copyright, in particolare contro Youtube/Google?
Intanto quando si parla di over-the-top bisogna distinguere tra chi viola le leggi sul copyright e chi invece esercita un’attività totalmente legittima, come Netflix o Lovefilm di Amazon.
Soluzioni?
Esistono regole di business che potrebbero facilmente consentire il controllo degli abusi sul web. Per esempio su Youtube viene consentito l’upload di video sostanzialmente senza limiti di durata. Tanto spazio/tempo è pensato solo per trasferire filmati familiari, oppure già a monte si ritiene che gli utenti possano caricare altro?
Però non è Youtube che carica quei filmati. Sono gli utenti.
Le piattaforme non possono chiamarsi fuori dalle responsabilità e dal risultato che producono, considerando, soprattutto, che il loro modello di business si basa proprio sulla monetizzazione di questi contenuti. E poi molti di questi operatori sottraggono ricchezza anziché portarla al sistema Paese.
Si è parlato nei giorni scorsi di una vostra ipotetica trattativa per rilevare Fastweb.
In questo momento non esiste alcuna trattativa in tal senso.