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 2012  aprile 23 Lunedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 23 APRILE 2012

Ieri i francesi hanno votato per il primo turno delle presidenziali. Nel momento in cui chiudiamo questo numero il calendario dice però sabato 21 aprile, dunque per indovinare come è andata a finire bisogna affidarsi ai sondaggi: mercoledì ne hanno pubblicato uno che prevedeva un 29-24 per il candidato socialista François Hollande al primo turno, 58-42 al ballottaggio del 6 maggio: un’umiliazione per il presidente Nicolas Sarkozy. La settimana scorsa l’inquilino dell’Eliseo non compariva neanche nella lista delle 100 persone più influenti del 2012 pubblicata da “Time”: un segnale che lo danno per spacciato anche oltre oceano? (in realtà non c’era neanche nel 2008 e nel 2010, e non c’era neanche Hollande). [1]

Messe le mani avanti calcolando in un francese su quattro il numero degli indecisi [2], i sondaggi parlavano di un elettore su tre schierato con le ali estreme, il 17% con l’ultradestra di Marine Le Pen, il 15% con l’ultrasinistra di Jean-Luc Mélenchon: al ballottaggio i voti di quest’ultimo andranno a Hollande. [1] Il numero magico, ci hanno spiegato gli esperti, è 46: se la somma dei voti di Mélenchon, Eva Joly (candidata verde) e Hollande ha raggiunto questa percentuale, Sarkozy è fottuto (per dirla col ministro dell’economia François Baroin). Bernardo Valli: «Per avere la maggioranza basta infatti che al ballottaggio circa la metà dei voti centristi, e un quarto di quelli (operai) del Front National vadano al candidato di sinistra. È quasi scontato che questo accada». [3]

Come Valery Giscard d’Estaing, presidente dal 1974 al 1981 (un referendum del 2000 ha accorciato il mandato da sette a cinque anni), probabilmente Sarkozy mancherà il bis. Massimo Nava: «Sarkozy, come Giscard, si era imposto con una proposta di rinnovamento strutturale e culturale del modello statalista francese. È stato il primo presidente a nominare ministri e sottosegretari con origini e carnagione non gallica e non bianca. Si era rivolto alla Francia “che si alza presto”, che vuole riconosciuto il lavoro e il merito e non ha paura del liberalismo economico, se accompagnato da giuste riforme. E così aveva infranto le rendite elettorali della “gauche” e il monopolio della cultura progressista. Difficile oggi stabilire se Sarkozy paghi la delusione per riforme lasciate a metà o invece le resistenze della Francia dell’impiego pubblico che si sente più garantita dal potere socialista». [4]

A un giornalista americano che venerdì a Nizza l’aveva salutato con «Bonjour Monsieur», Sarkozy ha ribattuto picccato: «Monsieur le président. I’m still president» (sono ancora presidente). Un distacco da Hollande inferiore ai 5 punti gli lascerebbe comunque qualche speranza. [5] Il candidato della destra potrebbe guadagnare voti con il dibattito tv che si terrà prima del ballottaggio (parte decisamente favorito) [3], la sua corsa è però complicata dal fatto che «Hollande trae vantaggio da un teorema che ricorre nel bipolarismo francese: un partito socialista senza nemici a sinistra, al massimo con alleati scomodi, e una destra repubblicana cui è moralmente proibito di scendere a patti con l’estremismo xenofobo del Fronte nazionale» (Nava). [4]

Marine Le Pen potrebbe aver fatto meglio del 16,86% conquistato nel 2002 dal padre Jean-Marie, che a differenza della figlia riuscì però ad andare al ballottaggio contro Jacques Chirac. [2] Sarkozy ha riservato agli elettori di estrema destra strizzatine d’occhio meno sottolineate del solito. Martinotti: «Soltanto una è nuova e fa drizzare le orecchie dei commentatori: Sarkozy promette di battersi in Europa per far sì che la Banca centrale possa sostenere la crescita». [6] “Monsieur le président” farà meglio a cercare voti fra il 10% di cui è accreditato il centro. Alberto Mattioli: «Non sarà facile, dopo una campagna tutta avanti a destra, benché si sussurri che, prima del ballottaggio, Sarkozy potrebbe offrire a François Bayrou la poltrona di primo ministro». [1]

Per convincere il centro e l’estrema destra, Sarkozy punta sulla paura della sinistra. Valli: «Quando nell’81 François Mitterrand, il primo ed ultimo presidente socialista, stava per essere eletto, fu agitato lo spettro dei carri armati sovietici in piazza della Concordia». [3] Anche stavolta la mossa potrebbe rivelarsi inutile. Modesto e pragmatico, Hollande ha rassicurato ceti imprenditoriali e agiati che la propaganda di Sarkozy terrorizza «agitando la caricatura dell’Eliseo invaso da bolscevichi e giacobini con la ghigliottina delle tasse» (Nava): bisogna tener presente che la stagione delle privatizzazioni e dei guadagni di borsa coincise con il governo socialista di Lionel Jospin e che il debito francese, nell’era di Sarkozy, è arrivato all’85 per cento del pil. [4]

In caso di arrivo in volata, potrebbe essere determinante l’appoggio di Chirac. Venerdì, a Nizza per l’ultimo comizio di Sarkozy, la moglie Bernardette ha annunciato: «Sarò con Nicolas fino alla fine». Cesare Martinetti: «La storia dei rapporti del “petit Nicolas” con la famiglia Chirac è un feuilleton in piena regola. Qui ci basta ricordare che Jacques, si dice ormai minato dall’Alzheimer, ha fatto sapere che avrebbe votato per Hollande per il rancore mai sopito dal ’95, quando Nicolas lo tradì per Balladur». [5] Martinotti: «Nel 1981 favorì l’elezione di François Mitterrand pur di non vedere rieletto il suo peggior nemico, Valéry Giscard d´Estaing. Oggi, anche se la sua influenza è ormai ridotta, si vendica di Sarkozy». [7]

Molti collaboratori di Sarkozy hanno perso da tempo ogni speranza di vittoria. Il premier François Fillon: «In tutta Europa i candidati uscenti hanno perso per via della crisi. Non faremo eccezione». [7] Nonostante un milione di disoccupati in più, 500 miliardi di debito, 70 miliardi di deficit della bilancia commerciale, Sarkozy è convinto di non aver poi fatto così male. Aldo Cazzullo: «Non ha tutti i torti, la Francia è l’unico Paese d’Europa che dall’inizio del 2009 non ha avuto un solo trimestre di recessione». [8] La classe operaia, di cui raccolse al ballottaggio del 2007 il 52% dei voti, sembra però averlo abbandonato. Valli: «Il progetto di tassare al 75 per cento i redditi superiori a un milione di euro all’anno ha fatto di François Hollande, che l’ha annunciato, una specie di Robin Hood». [3]

Secondo “Monsieur le président”, una volta eletto il “Robin Hood” socialista sarebbe ostaggio del rosso Mélenchon. [3] In effetti vanno in questa direzione due idee avanzate da Hollande: la prima è quella di riportare l’Iva sui prodotti di lusso alle astronomiche percentuali cui era fino al 1982: 33,3% (da Bruxelles hanno già fatto sapere che è impraticabile). Seconda proposta: un «colpetto» allo Smic, il salario minimo, «fermo da tre anni» a quota 1.398,37 euro mensili. Mattioli: «L’idea è quella di non indicizzarlo solo sull’inflazione com’è adesso, ma sulla crescita». Mélenchon vorrebbe alzare lo Smic a 1.700 euro: «Quando si è di sinistra e si arriva al potere, lo Smic lo si aumenta». [9]

Forte di questi proclami, Sarkozy ha preso a ripetere che con Hollande all’Eliseo basterebbero due giorni per vanificare gli sforzi di cinque anni. Cazzullo: «Agita lo spettro del 1981, quando dopo la vittoria di Mitterrand la Borsa perse il 17,1% in una settimana». [8] Nava: «Secondo alcuni osservatori, il candidato socialista potrebbe cambiare registro, quando “scoprirà”che le casse sono drammaticamente vuote. Come fece Mitterrand». [4] Jean-François Copé, segretario dell’Ump, il partito di Sarkozy: «Alla fine, cosa propone? Più spese e più tasse. È una sinistra conservatrice, arcaica, ferma a Mitterrand. Non c’è bisogno dell’indovino per immaginare come reagiranno i mercati». [10]

Giovedì le voci di un declassamento del debito hanno scosso la Borsa di Parigi (-2,05% l’indice Cac 40). Persa a gennaio la tripla A di Standard & Poor’s, la Francia ha ancora quelle di Moody’s e Fitch. Il primo a parlare di un declassamento è stato Hollande, che in un’intervista al Journal du Dimanche del 15 aprile ha indicato il momento del verdetto: «Moody’s renderà nota la sua decisione sulla tripla A della Francia il 12 maggio ma l’eventuale declassamento non sarà una conseguenza di una mia vittoria nel secondo turno del 6 maggio». Stefano Montefiori: «In realtà, molti analisti fanno notare che più probabilmente Moody’s non renderà il suo nuovo giudizio prima di ottobre, lasciando al nuovo governo — qualunque esso sia — alcuni mesi di tempo per raddrizzare la situazione economica». [11]

Declassamento del debito o meno, sul fatto che una vittoria socialista darebbe il via agli attacchi della speculazione sul debito francese ci sono pochi dubbi: mercoledì Hollande ha ripetuto al quotidiano tedesco Handelsblatt di voler rinegoziare il trattato europeo sul fiscal compact che dovrebbe entrare in vigore il 13 giugno. [7] Gli emissari socialisti sono già al lavoro, a Bruxelles e a Berlino, per chiedere che il patto modello «lacrime sangue» lasci spazio alla crescita. Mattioli: «La Francia di Hollande chiederà tre precise modifiche: trasformare la vecchia Banca europea per gli investimenti nel motore della crescita; emettere delle obbligazioni europee con l’intesa che serviranno a finanziare non i debiti pubblici come dei Bot qualunque, ma nuovi investimenti; introdurre la tassa sulle transazioni finanziarie». [12]

Gli inglesi, la cui economia è City-dipendente, non accetteranno mai la tassa sulle transazioni finanziarie. Mattioli: «Ma, ragionava giovedì a microfoni spenti un socialista importante in predicato di assumere importantissime responsabilità, “se Londra non ci sta, pazienza: la introdurremo nell’Eurozona”. Su un punto la squadra di Hollande è molto chiara: o passano queste modifiche, o la Francia non ratificherà il trattato. Da qui il pressing sulla Spd, il partito “amico” d’oltre Reno. Per ratificare il trattato faticosamente messo insieme da lei con il presidente francese, Frau Merkel ha bisogno di una maggioranza parlamentare qualificata, che senza i voti socialdemocratici è problematica. Quindi Hollande conta di giocare di sponda con la Spd per indurre Merkel ad allargare un po’ i cordoni della borsa». [12]

Il Consiglio costituzionale ratificherà i risultati del ballottaggio entro l’11 maggio. In caso di sconfitta, Sarkozy resterà in carica fino al 16, ma gli potrebbero chiedere di lasciare l’Eliseo con un paio di giorni di anticipo. Martedì 15 dovrebbe essere nominato il nuovo primo ministro, probabilmente Martine Aubry: Hollande la detesta dai tempi delle primarie (lo definì “Couille molle”, «smidollato», un politico senza spina dorsale), i due hanno firmato la pace martedì a Lille. Numero due del governo Jospin tra il 1997 e il 2001, l’ipotesi Aubry serve a sedurre gli elettori di Mélenchon in vista del secondo turno. Mattioli: «È una donna, è la mamma delle 35 ore, ha un’immagine di sinistra e quindi è perfetta per affrontare i sindacati nell’autunno caldissimo che tutti prevedono senza ammetterlo». [13]

Note: [1] Alberto Mattioli, la Stampa 19/4; [2] Giampiero Martinotti, la Repubblica 20/4; [3] Bernardo Valli, la Repubblica 16/4; [4] Massimo Nava, Corriere della Sera 21/4; [5] Cesare Martinetti, La Stampa 21/4; [6] Giampiero Martinotti, la Repubblica 16/4; [7] Giampiero Martinotti, la Repubblica 19/4; [8] Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 21/4; [9] Alberto Mattioli, La Stampa 18/4; [10] Alberto Mattioli, La Stampa 17/4; [11] Stefano Montefiori, Corriere della Sera 20/4; [12] Alb. Mat., La Stampa 20/4; [13] Alberto Mattioli, La Stampa 20/4; Anais Ginori, la Repubblica 18/4.