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 2012  aprile 20 Venerdì calendario

CARRARO, L’INDUSTRIALE UMANISTA LASCIA ALLA NUOVA GENERAZIONE

Alla Fiom di Padova lo chiamano il «metodo Carraro» lasciandone intendere la distanza con il più noto «metodo Marchionne». È il modello che ha permesso alla multinazionale dei sistemi di trasmissione quotata in Piazza Affari di tornare a vendite record (924 milioni i ricavi 2011), dopo il crollo choc di quasi il 60% che nel 2009 pareva averne segnato il destino. Il «metodo» ha portato anche a ripristinare i livelli di occupazione del 2008, falciati l’anno successivo da una ristrutturazione tanto severa da far dubitare della narrazione buonista sulla famiglia di veneti illuminati.
Su quel piano Enrico Carraro, cinquant’anni il 17 aprile, si è giocato tutto. E adesso che la scommessa è (quasi) vinta vorrebbe essere creduto quando dice «qui dentro non basta chiamarsi Carraro per diventare presidente».
Padre e figlio, Mario ed Enrico, siedono ai loro posti al tavolo del consiglio — il secondo siede alla destra del primo, ma è una delle ultime volte — nella bella sala firmata nel ‘68 da Ermenegilda D’Agaro, allieva del designer veneziano Carlo Scarpa. Per entrambi è la vigilia di un appuntamento cruciale: questa mattina l’assemblea degli azionisti sancirà l’avvicendamento alla presidenza. Il figlio minore, Tommaso, salirà alla vicepresidenza fin qui ricoperta da Enrico. Una successione preparata per tempo, «studiata a tavolino sin nei dettagli, pronta già da un paio d’anni e sospesa a causa della crisi. Eppure ora che ci siamo l’emozione è forte» dice Enrico. Risultati e nuovi piani di sviluppo alla mano (c’è anche un piccolo ritorno all’utile di 5 milioni), per soci e stakeholder sarà meno difficile salutare Mario Carraro, un highlander di 82 anni, appassionato di letteratura e cinema, fondatore e anima dell’azienda che dalla campagna di Padova è partita alla conquista del mondo. Uno che negli ambienti industriali veneti ha avuto la vita non facile si dice a causa dell’amicizia con Romando Prodi e che di delocalizzazione non vuol sentir parlare: «Noi internazionalizziamo! È radicalmente diverso». Uno che delle buone relazioni sindacali ha fatto la cifra della sua lunga stagione. «La condivisione di alcuni principi è fondamentale, e anche quando la lotta è dura non deve mai mancare il rispetto» afferma citando il piano d’esodo realizzato con pochissime ore di sciopero. Carraro ha sempre guardato al modello tedesco, lo conosce bene perché nella vicina Germania, «produciamo con un costo del lavoro esorbitante, 46 euro contro i 23 dell’Italia e gli 1-2 euro dei nostri siti in Cina e India. Ma sa qual è la lezione? Un prodotto evoluto vale il costo del lavoro». Padre e figlio si vogliono bene, lo si vede e lo si sa, questo ramo dei Carraro è senza liti, ma non si assomigliano quasi per niente. «Non sono come mio padre, né desidero esserlo: è da lui che ho imparato l’ autonomia e la responsabilità. Certo, mio fratello e io ci muoveremo in un solco di valori». Enrico che ha chiamato alla guida operativa l’ italo-svizzero Alexander Bossard vede la Carraro degli anni a venire come un gruppo «fortemente managerializzato» pur con il contributo fattivo della famiglia. «Ci siamo allontanati dal baratro — dice Enrico —. Ma se posso mutuare un titolo del Sole24 Ore divenuto celebre il mio imperativo è "fare presto"».
Nella crisi «non siamo stati ad aspettare che passasse. Abbiamo continuato a investire riposizionando tutti i nostri prodotti un gradino più in alto nella scala della qualità». Il sacrificio ha ripagato, ecco perché il «metodo Carraro» sarà perseguito con ancora «maggiore dinamismo». Specie ora che «siamo tornati e anzi abbiamo superato l’occupazione del 2008 raggiungendo quota 4.400 addetti e disponiamo di una base produttiva di eccellenza planetaria che tutti i nostri concorrenti ci invidiano».
Oggi però è ancora il giorno di Mario. Da soci e dipendenti Carraro vorrebbe congedarsi senza troppe smancerie. L’ultima lettera agli azionisti si chiude con due asciutte paroline: «Un saluto».
«Non voglio mica schiattare in fabbrica come ho visto fare ad altri – dice lanciando un’occhiata allo stabilimento attraverso la vetrata – E poi ho un sacco di cose da fare». Prima di congedarsi guarda la mazzetta di giornali sul tavolo e tira fuori Kindle e iPad: «La carta piace ormai solo a voi giovani», ironizza.
A Campodarsego, il sior padron era temuto soprattutto il lunedì mattina quando si aggirava per gli uffici sparando domande a bruciapelo per accertarsi che segretarie e collaboratori si fossero concessi almeno un buona pellicola nel fine settimana. Anche per chi ha barato googlando in preda al panico un titolo a caso di Fritz Lang, il regista preferito del gran capo, i lunedì non saranno più quelli di prima.
Paola Pica