Francesco Verderami, Corriere della Sera 20/04/2012, 20 aprile 2012
PASSERA NON SI FA TENTARE. SU DI LUI I SOSPETTI PDL —
Quando Formigoni disse che era pronto a votarlo se si fosse candidato alle primarie del Pdl, Passera non lo ricambiò nemmeno con un «no comment». E anche oggi che Casini lo evoca come uno dei ministri tecnici pronto a entrare nella futura squadra del Terzo polo, il titolare dello Sviluppo economico tiene la stessa linea e non risponde pubblicamente. Certo, lo stato d’animo è diverso: mentre a febbraio si piccò per l’inopinato appello del governatore lombardo, stavolta il superministro è rimasto stupito per la sortita del leader centrista, che gli dev’essere parsa strumentale e improvvida per gli effetti che ha provocato.
Il primo effetto è legato all’opera di Monti, di cui il capo dell’Udc si è sempre detto «il più fedele alleato». Se così stanno le cose, è impensabile che Casini non immaginasse di mettere in difficoltà il presidente del Consiglio e il suo governo, che si regge su delicati equilibri nel rapporto tra i partiti della «strana maggioranza». Il secondo effetto è che — chiamandolo in causa proprio nel giorno dello scontro con il Pdl sulla vendita delle frequenze tv — Casini ha esposto Passera al sospetto dei berlusconiani di essere il regista di una trama politica e industriale contro il Cavaliere.
Se l’ex banchiere ha mantenuto la linea del riserbo c’è un motivo, che si richiama alla linea adottata da quando ha accettato l’incarico ministeriale, ed è entrato di fatto nel novero dei possibili attori della Terza Repubblica. È vero, Passera non ha mai escluso una sua possibile «discesa in campo», ma — nell’unica dichiarazione rilasciata a riguardo — aveva spiegato che il lavoro di governo «è già difficile, e lo sarebbe ancor di più se subentrassero connotazioni partitiche». «Partitiche», aveva specificato, non politiche.
Sta in questa sottile distinzione la chiave per interpretarlo, perché il titolare dello Sviluppo rifiuta di indossare maglie di partito e soprattutto non intende farsi cooptare. Forse è (anche) per questo motivo che con Berlusconi — dopo essersi annusati — non si sono presi. «Passera non buca», secondo il Cavaliere, che da tempo dialoga invece con Montezemolo a cui accredita il «5% nei sondaggi». È la vecchia storia della volpe e dell’uva, o sono altre le ragioni che rendono ormai incolmabili le distanze tra l’ex premier e il superministro?
Di certo Passera viene vissuto dai leader dei partiti come un possibile alleato ma anche come una potenziale minaccia nei futuri assetti di potere. A novembre, quando si insediò il governo, Bersani trattò l’argomento in una riunione di partito, e giunto alle conclusioni invitò coloro che temevano di restare assoggettati ai tecnici anche dopo il voto a non precipitare i tempi: «Aspettiamo la primavera. Se per allora il governo avrà centrato dei risultati in economia, e se ne saranno visti gli effetti nel Paese, ci porremo il problema. Altrimenti, se permarrà la condizione di crisi, non ci sarà Passera che tenga».
Anche nel Terzo polo si sono posti la questione, e in tanti ieri — persino nell’Udc — ammettevano che «Casini ha gettato il cuore oltre l’ostacolo», un modo garbato per dire che la sua sortita era stata avventata. Sebbene Rutelli al vertice abbia avvisato gli alleati che «Passera ha buoni rapporti anche con una parte del Pd», il superministro verrebbe visto bene «nella squadra».
Ma è proprio a questo gioco che l’esponente di governo vuole sfuggire, per evitare di farsi strumentalizzare e ritrovarsi così nel centro del mirino, con il Pdl che già studia le sue mosse e lo considera ormai «un avversario», il potenziale «punto di congiunzione tra il Pd e il Terzo polo» dopo le elezioni. Sono scenari politici che Passera osserva ma sui quali non si attarda. Sa che di lui parlano tutti, così come lui parla con molti: fin da novembre a via Veneto, sede del suo dicastero, sono sfilati parlamentari di ogni colore politico che gli avevano chiesto un appuntamento.
C’è però una variabile di non poco conto che certamente il superministro avrà valutato, e che lo avrà ancor più convinto a non esporsi: è la variabile della legge elettorale. Con il sistema attuale non c’è alcuno spazio per «liberalizzare la politica», e gli attuali partiti manterrebbero il monopolio del potere, offrendo ai tecnici solo la possibilità di essere cooptati negli schieramenti. Anche per questo lo hanno colpito le mosse tattiche e pre-elettorali in cui è stato coinvolto, in una fase peraltro complessa per il governo, alle prese con una crisi che non finisce.
Così come non si è candidato alle primarie del Pdl, Passera si ritrae davanti a endorsement non richiesti. Ma ci sarà un motivo se ogni tanto provano a tirarlo per la giacca: sarà perché lo vogliono come alleato o perché lo vedono come un avversario?
Francesco Verderami