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 2012  aprile 21 Sabato calendario

Le Autorità indipendenti suscitano poche emozioni; eppure, come ha scritto sul Corriere (16 aprile) Massimo Mucchetti riguardo all’Agcom, Autorità per le Comunicazioni, sono loro affidate decisioni che toccano tutti da vicino

Le Autorità indipendenti suscitano poche emozioni; eppure, come ha scritto sul Corriere (16 aprile) Massimo Mucchetti riguardo all’Agcom, Autorità per le Comunicazioni, sono loro affidate decisioni che toccano tutti da vicino. Questo diffuso disinteresse apre la strada ad inefficienze e iniquità (si vedano le «non decisioni» dell’Agcom), se non addirittura a malversazioni. Quanto accade nelle Autorità va quindi seguito con attenzione, evitando gli opposti tranelli delle decisioni estemporanee e dei disegni palingenetici, volti a plasmarle tutte con lo stampino, incuranti delle differenze — di natura, finalità e strutture — che le caratterizzano. A maggio scade il mandato dei vertici Agcom, a giugno quello dell’Isvap, l’Autorità vigilante sulle assicurazioni: anche la seconda non s’è proprio coperta di gloria nel passato. Tale imminente scadenza sta forse dietro il disegno (attribuito al ministro per lo Sviluppo, Corrado Passera) di far confluire l’Isvap (e la vigilanza sui fondi pensione) nella Banca d’Italia, facendone l’autorità preposta alla stabilità del sistema finanziario. La causa immediata sarà anche contingente, ma a favore della confluenza stanno profondi motivi strutturali. Essa infatti è già stata tentata più volte nel passato, mirando ad una vigilanza organizzata per finalità (concorrenza, stabilità, trasparenza) e non già per settori (banche, assicurazioni, fondi pensione); tali tentativi sono falliti per la tendenza delle burocrazie a perpetuarsi, unita alla predilezione delle compagnie assicurative per un regolatore tutto loro, più soggetto alla cosiddetta «cattura del regolatore». In Italia le ragioni dell’interesse generale stentano ad affermarsi: non sorprende che gli sforzi congiunti di Isvap e assicuratori abbiano fin qui prevalso. Speriamo che sia la volta buona, e il governo realizzi il disegno. Perché cambiare? Scordiamo pure le carenze passate dell’Isvap: vertici più adeguati potrebbero ben vigilare con efficacia e determinazione maggiore che in passato. Va inoltre detto che la Banca d’Italia — regolatore settoriale, pur con natura e storia molto peculiari — a parte qualche caduta è nell’insieme sfuggita alla «cattura»; ad essere errata è proprio l’idea stessa della regolazione per settori. Prima ancora che per l’alta probabilità della cattura, perché tale scelta porta a una conseguenza sbagliata: prodotti finanziari uguali sono soggetti a regole diverse, sol perché vigilati da regolatori differenti. Il che causa il cosiddetto arbitraggio regolamentare «verso il basso», cioè fa prevalere sul mercato i prodotti meno, o peggio, regolamentati. Chi accetta questo stato di cose non può poi lamentare l’insufficiente protezione degli investitori; non è teoria, è quanto avviene per i prodotti finanziari venduti dalle assicurazioni, in concorrenza con le banche, più severamente regolate. Assicuratori e Isvap, certo uniti nella lotta all’accorpamento, chiameranno in causa l’assetto della Ue, che vede un’Autorità per le banche (Eba) e una per assicurazioni e fondi pensione (Eiopa), accanto a quella che sorveglia i mercati (Esma). A parte il fatto che tale assetto già mostra la corda, esso stesso è legato a spinte lobbystiche europee, subìte con gran disagio dalla commissione De Larosière, che per la Ue lo delineò; tanto da farle prefigurare un assetto «a tendere», nel quale la vigilanza sulle assicurazioni — in quanto inerente alla stabilità — dovrà per l’appunto confluire nell’autorità bancaria della Ue. La strada quindi è giusta: va solo seguita con decisione. Chi poi allarghi lo sguardo all’insieme vedrà che per le Autorità non è un bel periodo. Sotto accusa nel mondo per le arrendevoli concessioni alle pretese degli operatori finanziari — una causa certo della crisi, ancorché non la più profonda — esse sono anche soggette da noi alle invasioni di campo di una politica che ha perso le leve principali di cui disponeva. Esse devono trovare il modo di svolgere, in questa stagione di ferro e di fuoco, il proprio ruolo, che non è venuto meno: servono assieme indipendenza e competenza, capacità di vedere l’interesse generale e coraggio nel perseguirlo. Il panorama attuale impensierisce: se in Isvap e in Agcom ci sono troppi «padri provinciali» manzoniani, come scrive Massimo Mucchetti, anche altrove i frati Cristoforo non abbondano. Dell’Antitrust s’è persa la nozione, ma forse il neopresidente si sta applicando a un tema cui era estraneo; alla Consob, cui direttamente dal ministero dell’Economia sono approdati presidente e direttore generale, il secondo cumula tale gravoso impegno con quello di membro della Commissione di Garanzia sugli scioperi. Se questo è un impegno serio è incompatibile con quello, se non lo è andrebbe cancellato, a beneficio di un bilancio pubblico in affanno. L’indipendenza, come diceva Paolo Monelli della guerra, è bella ma scomoda.