Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 19/4/2012, 19 aprile 2012
FMI: IN EUROPA ALLARME CREDIT CRUNCH
L’Europa va incontro nei prossimi due anni a una forte stretta del credito, che rischia di aggravarsi se i Governi non manterranno gli impegni assunti e se le tensioni sui mercati finanziari si intensificheranno, e che può avere un pesante effetto recessivo sull’economia reale.
Da qui alla fine del 2013 le grandi banche europee, secondo il rapporto sulla stabilità finanziaria globale del Fondo monetario, ridurranno gli attivi di 2mila miliardi di euro, quasi il 7% del totale. Un quarto circa di questo deleveraging avverrà attraverso una riduzione del credito alle imprese e alle famiglie, pari all’1,7% del totale del credito nell’area euro. L’impatto sarà molto diverso da Paese a Paese, ha detto Peter Dattels, uno degli autori del rapporto: la contrazione dell’offerta di credito sarà pesante in Spagna (-4%), in Italia (-2,7%) e in genere nei Paesi della periferia dell’eurozona investiti più direttamente dalla crisi, modesta in Francia e quasi nulla in Germania. Nel quarto trimestre del 2011 le 58 grandi banche europee prese in esame dallo studio hanno già ridotto l’attivo di 450 miliardi di euro.
Unridimensionamento dell’attivo delle banche, osserva il Fondo, è necessario perché l’alto livello di indebitamento pre-crisi non è più sostenibile nelle nuove condizioni di mercato e in base alle nuove regole scritte in risposta alla crisi. L’Fmi avverte però che un deleveraging sincronizzato e su larga scala (dopo che le banche avranno realizzato la parte «facile» della dismissione di attività non strategiche e della riduzione del credito all’estero) può creare gravi danni ai prezzi delle attività, all’offerta di credito e alla crescita.
«Finora - ha sostenuto il capo della divisione mercati dell’Fmi, José Vinals - è stato evitato un credit crunch generalizzato ma ci aspettiamo comunque una notevole stretta sul credito che ostacolerà la crescita». Il Fondo concorda con l’azione di sostegno alle banca da parte della Banca centrale europea, ma afferma che questa non può sostituirsi all’azione delle autorità europee e nazionali.
L’istituzione di Washington delinea anche uno scenario più pessimistico, qualora la risposta dei Governi europei alla crisi sia insufficiente. In questo caso, le grandi banche europee ridurrebbero il bilancio di 3mila miliardi di euro, il 10% dell’attivo totale, entro fine 2013. Questo condurrebbe a una riduzione dell’offerta di credito del 4,4% e a un taglio alle previsioni di crescita dell’1,4% nei prossimi due anni (già ora l’Fmi prevede una crescita negativa dell’eurozona dello 0,3% nel 2012 e una modesta ripresa dello 0,9% nel 2013). Il Fondo ritiene invece che l’effetto sul credito dei nuovi requisiti di capitale del 9% imposti dalla European Banking Authority sia limitato.
«È troppo presto per dire che siamo usciti dalla crisi - ha detto Vinals - l’umore dei mercati può cambiare rapidamente e riattizzare le tensioni sul debito sovrano, creando un circolo vizioso fra rischio sovrano e sistemi bancari». Per ottenere una stabilità finanziaria duratura il Fondo sollecita i Paesi a mettere in atto le politiche di aggiustamento a livello nazionale e ad aprire alla possibilità che i fondi salva-Stati Efsf e Esm intervengano direttamente a sostegno delle banche. La proposta, avanzata l’estate scorsa dal direttore dell’Fmi, Christine Lagarde, che l’ha rilanciata questa settimana in un’intervista al Sole 24 Ore, è stata finora bocciata dai Governi europei. Un portavoce del ministero delle Finanze tedesco ha ribadito ieri l’opposizione di Berlino. Il Fondo propone inoltre un accentramento della vigilanza a livello europeo.