Alessandro Oppes, il Fatto Quotidiano 19/4/2012, 19 aprile 2012
SPAGNA, JUAN CARLOS: “HO SBAGLIATO, NON CACCERÒ PIÙ GLI ELEFANTI”
Madrid
Pochissime parole, neanche lo spazio di un twit: “Mi dispiace molto. Ho sbagliato e non succederà più”. Parla con voce tremante, re Juan Carlos, reggendosi sulle stampelle all’uscita dell’ospedale San José, dove era ricoverato da cinque giorni per la sua rovinosa caduta durante un safari in Botswana, tacendo, ovviamente, qualsiasi riferimento alle rivelazioni sulla sua amante Corinna, che ha organizzato quel viaggio. Impacciato, quasi timoroso, il sovrano si scusa davanti alle telecamere per la colossale figuraccia di un viaggio inopportuno, realizzato nel momento meno appropriato – con il Paese immerso in una profonda crisi economica – e che rischia di segnare un solco insanabile tra la monarchia e i cittadini. Un gesto senza precedenti, un “fatto storico” notano subito i media spagnoli, mentre i più ortodossi fra i trombettieri della Corona si spingono a decretare che “ingigantisce la figura del re”. In realtà, il sovrano aveva ben poche alternative, mentre alle Cortes fioccano le interrogazioni al governo e il leader di Izquierda Unida, Cayo Lara, chiede che possano essere i cittadini a “dire se vogliono lo Stato monarchico o repubblicano”. Di sicuro la decisione del re è stata attentamente soppesata dai più stretti consiglieri del palazzo della Zarzuela, che hanno escluso l’eventualità di poter risolvere l’incidente con un freddo comunicato. Mai il re aveva ricevuto tante critiche in così poco tempo.
ANZI,peroltretrent’annil’istituzionemonarchica era stata protetta curiosamente dalla cosiddetta “congiura del silenzio”: poche informazioni e zero critiche sulla stampa e nelle aule parlamentari, anche quando ce ne sarebbero stati motivi più che fondati. Ma ora non è più così. Soprattutto da quando, nell’autunno scorso, è esploso lo scandalo che ha portato sul banco degli imputati il genero del re, Iñaki Urdangarin, per frode fiscale e malversazione di fondi pubblici. Un caso nel quale, a quanto emerge da alcuni messaggi e-mail rivelati due giorni fa dal quotidiano El País, potrebbe essere coinvolto lo stesso Juan Carlos: il re avrebbe fatto pressioni per favorire una delle società controllate dal marito della infanta Cristina, che puntava a partecipare alla sfida spagnola all’America’s Cup di vela del 2009. Un progetto da cento milioni di euro poi andato in fumo. Su questi sviluppi del “caso Nóos” indaga la procura di Palma di Maiorca, ed è evidente che un eventuale coinvolgimento del sovrano finirebbe per far passare in secondo piano la vicenda della caccia all’elefante in terra africana. Ma per il momento è questo il tema che tiene banco, e che ha logorato a tempo di record l’immagine del Borbone.
ANCHE in questo caso molto dipende dalla forza dirompente dei social networks: la reazione di migliaia di internauti, su Facebook e Twitter, è stata un crescendo di commenti indignati, sprezzanti, battute e vignette di scherno. Una dimostrazione collettiva d’insofferenza per un’istituzione che è considerata sempre più lontana dal Paese reale. Tutto questo mentre i telegiornali, impietosi, riproponevano stralci del discorso di Natale pronunciato dal monarca: “Tutti, e soprattutto le persone con responsabilità pubbliche, abbiamo il dovere di osservare un comportamento adeguato ed esemplare”. Parole più che mai stridenti con la battuta di caccia all’elefante. Un viaggio, ha rivelato ieri El Mundo, pagato da un vecchio amico del re, l’imprenditore saudita Mohammed Eyad Kayali, uomo di fiducia del principe Salman, a quanto si dice il personaggio grazie al quale la Spagna ha ottenuto mesi fa l’appalto per la realizzazione dell’alta velocità tra la Mecca e Medina.