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 2012  aprile 19 Giovedì calendario

È LA TRUFFA, BELLEZZA

Finalmente al Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio si è visto un sequestro. Le Fiamme Gialle ieri sono state spedite in via Po dalla Procura di Napoli per sequestrare i 2,5 milioni “spettanti” alla società International Press di Valter Lavitola. I contributi ‘spettanti’ all’Avanti! per il 2010, erano già stati congelati dal Dipartimento Informazione ed Editoria sull’onda delle prime verifiche interne disposte nell’estate scorsa, quando il DIE era ancora guidato da Elisa Grande, ma mai come in questo caso – è il caso di dire – il recinto è stato chiuso dopo che i buoi erano fuggiti.
LE CIFRE della grande truffa dei contributi dell’Avanti! ipotizzata dal Gip di Napoli Dario Gallo nell’ordinanza di custodia cautelare contro Valter Lavitola e il senatore Sergio De Gregorio sono impressionanti. L’appropriazione indebita di 23,2 milioni di euro dal 2000 al 2011 è avvenuta sotto gli occhi di tutti senza che nessuno muovesse un dito, nonostante le ripetute denunce della stampa.
Prendiamo come esempio l’ultimo anno per il quale è stato erogato il contributo: il 2009. L’Avanti!, scrive il Gip di Napoli sulla base degli accertamenti della Guardia di finanza, quell’anno ha tirato 3.304.188 copie, cioè più di 10 mila copie al giorno. Peccato che le copie vendute realmente in edicola siano state 60 mila e 527, cioè poco meno di 200 copie al giorno. Per un editore normale ogni copia “resa” costa poco più di 30 centesimi e pesa come un macigno sul bilancio. Il divario tra le copie stampate e le vendite dell’Avanti! cozza con le leggi razionali del mercato, ma è invece coerente con le leggi folli e criminogene del contributo sull’editoria. La legge 250 del 1990 prevede che l’erogazione del Dipartimento sia commisurata ai costi (un meccanismo che non favorisce le imprese virtuose ma quelle spendaccione) e si compone di una parte fissa, pari al 30 per cento dei costi risultanti dal bilancio, più una parte variabile in funzione della tiratura: per ogni scaglione di 10 mila copie in più scatta un contributo di 250 mila euro all’anno.
PRIMA dell’erogazione però è necessario che il distributore certifichi una diffusione pari almeno al 25 per cento della tiratura: una copia su quattro quindi deve essere ‘diffusa’ che però non vuol dire necessariamente ‘venduta in edicola’. Ecco allora la parola magica del meccanismo geniale ideato da Valter Lavitola: lo strillonaggio. L’Avanti! era una merce rara nelle edicole ma, stando alle dichiarazioni del pirotecnico editore amico di Silvio Berlusconi, andava a ruba grazie agli strilloni. Le società distributrici legate a Lavitola certificavano nei loro documenti frotte di rumeni e napoletani che invadevano ogni giorno le strade delle città italiane gridando come ai tempi di Nenni: “Comprate l’Avanti!”. Peccato che la Guardia di Finanza quando ha digitato i nomi dei fantomatici strilloni nell’implacabile banca dati “Serpico” ha trovato solo omonimi con professioni lontane dalla stampa e dalla strada.
Secondo i magistrati di Napoli “ben 2.086.275 copie, pari a una percentuale del 63 per cento non sono state vendute”, mentre “solo grazie alle vendite in blocco e, in particolare, allo strillonaggio (pari a 1.153.580 copie), la testata ha raggiunto la percentuale del 36,86 per cento (rapporto diffusione-tiratura), utile per integrare il requisito normativa necessario per poter ottenere il contributo pubblico”.
Il problema è che, secondo i magistrati di Napoli, le cifre fornite dalla società editoriale di Valter Lavitola al Dipartimento erano taroccate: le copie stampate non erano 11 mila, come dichiarato, ma 5-6 mila, gli strilloni non esistevano e i costi erano gonfiati grazie a false fatture di società compiacenti, in testa quelle del senatore Sergio De Gregorio.
IL CASO dell’Avanti! fa correre un brivido lungo la schiena se si pensa ai 140 milioni di euro che il Dipartimento ha erogato nel 2011. Eppure non erano mancati i campanelli di allarme a partire dall’inchiesta giornalistica dell’Espresso nel 2008 sul Campanile di Clemente Mastella, una società nella quale anche la benzina per la Porsche Cayenne del figlio di Clemente Mastella finiva sul conto della stampa familiare. A prescindere dal malcostume dei Mastella e dalle presunte truffe di Lavitola, basta scorrere l’elenco dei contributi erogati nel 2011 per comprendere l’irrazionalità di una legge che dona all’Avanti! 2,5 milioni (ottenuti illecitamente, per i pm) e 2,2 milioni (lecitamente) al Riformista. Mentre l’Unità può contare solo su 5,2 milioni di euro e Il Manifesto è stato costretto alla liquidazione anche perché riceve solo un contributo di 3,2 milioni di euro.