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 2012  aprile 19 Giovedì calendario

Depresso? Te lo dice l’esame del sangue - Poche gocce di sangue ti fanno capire se sei incinta, se sei celiaco, se il tuo bambino è maschio o fem­mina, se sei depresso

Depresso? Te lo dice l’esame del sangue - Poche gocce di sangue ti fanno capire se sei incinta, se sei celiaco, se il tuo bambino è maschio o fem­mina, se sei depresso. Siamo arri­vati a questo punto. Anche la de­pressione, il male oscuro che col­pisce l’ 11 % degli italiani, può veni­r­e identificata attraverso un prelie­vo. La notizia arriva da Chicago. Il test del sangue è stato messo a punto alla Northwestern Medici­ne dal team di Eva Redei ma non ancora entrato in commercio. Sia­mo a livello di sperimentazione. E quindi parliamo di prototipo. Ma che ha già dato risultati positivi in gruppo di 28 adolescenti dai 15 ai 19 anni. In pratica il test, basato sull’attività di 26 geni, ha «sma­scherato » 14 giovani che soffriva­no di depressione. Ora si dovrà allestire una nuova sperimentazione su un gruppo più ampio di persone, adulti com­presi. E passerà del tempo. Ma in­ta­nto questi sono progressi impor­tantissimi. È molto importante avere a disposizione un metodo oggettivo per diagnosticare la de­pressione, basato, cioè, su un pa­rametro misurabile e verificabile. A volte, invece, si rischia di diagno­s­ticare un eccesso di casi e di far ca­dere nel calderone anche chi de­presso non è ma solo addolorato per qualche motivo particolare. Attenzione, però. Un test diagno­s­tico che ti etichetta come depres­so, dunque malato e instabile, può diventare un’arma a doppio taglio. Identificare un depresso in mezzo a un gruppo di persone sa­ne comporta dei rischi. «Potrebbe succedere che un’azienda chieda il test per escludere le persone ma­late. E ottenere una polizza assicu­rativa non sarebbe semplicissi­mo », spiega Cristina Colombo, re­sponsabile Centro disturbi del­l’umore del San Raffaele. «Da un punto di vista della ricerca avere delle certezze è una cosa magnifi­ca - aggiunge l’esperta - ma po­trebbe diventare un metodo che discrimina a priori la popolazione a rischio». Dunque, anche i traguardi più sorprendenti potrebbero nascon­dere insidie. Ecco perché, secon­do gli esperti, il test genetico mes­so a punto, sarebbe ancora più im­portante se venisse veicolato per la prevenzione. Se vengono identi­ficati i geni che favoriscono la de­pressione si potrebbe aiutare mi­lioni di persone a non fare una vita di inferno, a non barcamenarsi tra sbalzi di umore continui e a non in­goiare migliaia di pillole. Spiega la psichiatra: «Conoscere la causa della depressione è il sogno di ogni esperto. Per ora resta scono­sciuta. Lavoriamo solo sulla tera­pia. Ma se scopriamo che c’è una causa genetica allora si può pensa­re di mutare il gene, di fare una te­rapia genica come avviene per al­cuni tumori, ed eliminare i farma­ci ». Insomma, la cosa importante non è tanto fare la diagnosi su un depresso ma capire chi è a rischio di depressione. La prevenzione serve infatti a non mettere in atto certe condotte, certe situazioni per evitare disturbi dell’umore,fa­si depressive e fasi euforiche. «Se un paziente ha disturbo bipolare – spiega Colombo - un semplice accorgimento come il sonno con­tr­ollato può fargli evitare la malat­tia e quindi le medicine». Altro esempio. «Un ragazzino che va sempre in discoteca, non dormen­do mai latentizza una malattia che non sarebbe magari mai nata, ma una banale condotta di inson­nia l’ha fatta esplodere». La stessa cosa vale per gli adulti. In questo caso la prevenzione serve a evita­re situazioni ambientali: se una donna è geneticamente portata per la depressione deve stare at­tenta a non stressarsi troppo nei momenti critici della vita come quello della nascita di un figlio. Se invece non sa di essere un sogget­to a rischio, allora la depressione post-partum per lei è inevitabile.