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 2012  aprile 19 Giovedì calendario

Così per tre mesi Belsito ha fatto spiare Maroni - Dopo i diamanti, gli 007: la Le­ga spiava la Lega

Così per tre mesi Belsito ha fatto spiare Maroni - Dopo i diamanti, gli 007: la Le­ga spiava la Lega. L’ex tesoriere del partito Francesco Belsito ave­va sguinzagliato sulle tracce del­l’ex ministro dell’Interno due in­vestigatori privati e aveva raccol­to­un dossier nel tentavo di scredi­tare Roberto Maroni. È davvero in­credibile quel che emerge dallo scandalo senza fine scoperchiato dalla magistratura. Fra le carte di Belsito c’era anche una cartellina gonfia di visure camerali e annota­zioni scritte a mano dagli 007 a li­bro paga. È il settimanale Panora­ma , oggi in edicola, a svelare la tra­ma che porta a galla ancora una volta i veleni e i rancori che da me­si dilaniano la Lega, con il duello mortale fra il Cer­c h i o magico e i Barba­ri sognan­ti. A Mila­no, in procu­ra, vanno con i piedi di piombo: allo stato, fanno sa­pere negli am­bienti del palazzo di giustizia, il dos­sier non risulta. Ma è Belsito in persona a confermarlo a Giaco­mo Amadori che firma lo scoop di Panorama :l’operazio­ne scattò tre mesi fa, a gennaio, quando ormai l’impero dell’ex sot­tosegretario alla Semplificazione scricchiolava. Dunque, in quel contesto l’allora tesoriere del Car­roccio assolda i detective, natural­mente a spese del partito, e quel che è peggio informa, anche se al­la sua maniera contorta e velata, il capo supremo Umberto Bossi. «Gli dissi- spiega ancora a Panora­ma- che mi sentivo accerchiato e che stavo cercando di capire alcu­ne cose su Maroni». Bossi, se è ve­ra la ricostruzione, non avrebbe nemmeno provata o fermarlo: «In realtà non mi ha detto niente». In­somma, nella Lega ci si pugnalava a vicenda all’ombra della leader­ship appannata di Bossi. «È incredibile - replica Maroni, sempre dalle colonne del settima­nale, in un colloquio con il diretto­re Giorgio Mulè - dopo quel che ho sentito inizia una guerra termo­nucleare globale. Io voglio sapere e anzi pretendo di sapere se davvero qualcuno al­l’interno della Lega mi ha spiato e ha addi­­rittura ordinato un dossier su di me, voglio e pretendo di sapere chi lo ha fatto». Non basta: «Sia chiaro-aggiunge l’ex ministro - non mi fermerò fino a quando eventuali colpevoli non saranno cacciati. Altrimenti me ne andrò via io». La grande resa dei conti va avanti e le ramazze avranno ancora molto lavoro. Del resto i gio­chi non sono affatto chiusi. I Barbari so­gnanti hanno otte­nuto le teste di Francesco Belsi­to e Rosi Mau­ro, espulsi, e hanno co­stretto alle dimissioni l’assesso­re del Pi­rellone Moni­ca Rizzi e Renzo Bossi. Ma gli equilibri dentro il partito non sono affatto consolidati. E la stessa Rizzi, prima di andarsene, ha sibilato: «Con Maroni la Lega durerà sei mesi». Ora spunta questo dossier. «Io l’holetto -precisagelido Maroni­e non resterò­nemmeno un minu­to in più se non se ne andranno tut­ti colpevoli, a tutti i livelli. E pazien­za se dovessi scoprire - aggiunge Maroni prefigurando uno showdown finale - di essere stato tradito da un presunto amico: non ci saranno sconti per nessu­no ». Nemmeno, par di capire, per Bossi. Il dossier in realtà contiene noti­zie molto nebulose: i detective, pa­gati naturalmente con i soldi del partito - l’ultimo bonifico è di 2 .100 euro- hanno messo insieme più chiacchiere e voci che notizie verificate. E non sono andati mol­to lontano. I due segugi - un inve­stigatore privato e un maresciallo in congedo dei carabinieri con l’immancabile passaggio nei ser­vizi- si sono concentrati soprattut­to sul capitolo barche. Dunque hanno curiosato fra le proprietà di una società, la Quiet please srl, mettendo insieme con molta ap­prossimazione alcune pseudoin­formazioni. La Quiet avrebbe nel proprio portafoglio un catamara­no da 320mila euro. Il titolare - a sentire gli spioni del Carroccio- sa­rebbe un compositore pugliese. «In realtà - spiega a Panorama uno dei detective chiamato V. ­noi riteniamo che il natante sia ri­conducibile a Maroni». E sempre Maroni avrebbe un motoscafo a Portorose. E ancora, in una gran­de confusione di nomi e località, l’ex ministro sarebbe proprietario di una barca a motore, localizzata a Palermo e prima ancora nella so­­lita Varazze. Gli 007 lumbard han­no effettuato le visure della Quiet e di altre società e sostengono che le barche potrebbero nascondere affari opachi. Come si vede, siamo nei dintor­ni del nulla e questa è esattamen­te l’idea che al momento ha la Guardia di finanza: il fantomatico incartamento sarebbe gossip ma­lamente confezionato. Belsito, con sprezzo del ridicolo, invita ad­dirittura a controllare i compo­nenti della band in cui suonava Maroni. Poi spara il botto: «Mi ri­sulta che, da ministro, Maroni sia stato il destinatario di una tangen­te da 54 milioni di euro in due vali­gie per l’appalto ottenuto da una multinazionale italiana in Libia». Le pezze d’appoggio? Tanto per cambiare, latitano. Del resto, det­taglio quasi comico, all’italiana, gli 007 sarebbero stati pagati solo in parte, i fondi sarebbero venuti meno e l’inchiesta interna si sareb­be arenata. «Siamo alla follia- risponde Ma­roni a proposito della presunta mazzetta- da ministro mi limitai a far applicare un accordo con la Li­bia. Ovviamente, non ho incassa­to un centesimo. Ma di che parlia­mo? Ma che follia è?». Più articolata la spiegazione sul fronte del mare. «Nel ’97 con due amici ho comprato una barca di 12 metri, pagata 50 milioni di lire. Era un 12 metri». Normale ammi­nistrazione. Poi il terzetto cede l’imbarcazione e compra un 15 metri.«Usato anche questo-pro­segue Maroni - per un valore complessivo di 120mila euro. Fanno 40mila euro a testa».E al­lora? Ci sarebbe il motoscafo in­tercettato dagli 007 del Car­roccio a Portorose. Maroni scoppia a ridere: «Pure ignoranti li hanno presi questi 007. Io ho una barca che ho tenuto per tre anni a Porto­rosa, con la a fina­le, che si trova in Sicilia. Più che emuli di James Bond questi si­gnori sembrano Qui, Quo, Qua».