Cesare Maffi, ItaliaOggi 19/4/2012, 19 aprile 2012
Il governo Monti non ha più amici – A volte arrivano le smentite. Quasi sempre, però, nemmeno ci si preoccupa di avvertire che si tratta di un semplice pallone sonda, lanciato per tastare le reazioni
Il governo Monti non ha più amici – A volte arrivano le smentite. Quasi sempre, però, nemmeno ci si preoccupa di avvertire che si tratta di un semplice pallone sonda, lanciato per tastare le reazioni. In ogni modo, di elezioni in autunno si parla, non molto sui giornali, parecchio nei pa-lazzi. I democratici, passata la sbornia iniziale di soddisfazione per la cacciata del Tiranno, hanno avvertito la difficoltà di tradurre l’appoggio al governo Monti in acquisizione di voti. La riforma delle pensioni l’hanno vissuta come una sconfitta. Le nuove norme sul lavoro sono parse intollerabili, nonostante le pressioni della Cgil abbiano spinto il Pd a ottenere dalla coppia Monti-Fornero molto di quel che si desiderava. Indubbiamente, la discontinuità non è mancata, rispetto al precedente esecutivo, anche in settori di scarsa attrattiva elettorale come la politica estera. Il Monti che conferma il mantenimento della nostra presenza libanese, osteggia l’estensione di Israele oltre i confini ante 1967, si compiace dei fratelli musulmani «moderati», ha cancellato in un paio di giorni la (detestata a sinistra) pluriennale politica berlusconiana nel Vicino Oriente. Tuttavia, il governo piace sempre meno. Ancor più deprecabile appare la prospettiva di perpetuare l’attuale fase di compromesso storico oltre le politiche del 2013. Del pari intollerabile è avvertito il possibile sorgere di un movimento centrista dalle ceneri del Terzo polo, con l’adesione di ministri tecnici, in concorrenza diretta pure con il Pd. D’altra parte, i democratici sono consapevoli che l’arretramento del Pdl, l’indebolimento della Lega, il venir meno di solide e ampie alleanze nel centro-destra potrebbero assegnare una solida vittoria a un cartello Pd-Idv-Sel, senza sinistra comunista, senza centrini vari o unificati, senza altri minori (resterebbe da vedersi l’intesa con socialisti e radicali). La speranza estesa è che il successo non arriderebbe solo alla Camera (anche a destra e al centro ne sono convinti), ma pure al Senato (qui la visione a destra e al centro non è unanime). Quindi, converrebbe premere per considerare concluso, alla ripresa dopo la pausa estiva, il compito affidato a Monti, così da procedere allo scioglimento delle Camere. Va da sé che si considera, in tale prospettiva, ben vivo il porcellum, che del resto consentirebbe, diversamente da altri sistemi, una sicura maggioranza del 55% dei seggi, anche col 40% dei voti. A destra, ovviamente, c’è sofferenza. Proprio perché le elezioni segnerebbero la vittoria del fronte avverso, ci si è rassegnati, fin dall’autunno scorso, a sorreggere un governo sentito subito, se non come nemico, almeno come estraneo. Però, i protestatari interni paiono irriducibili, smaniosi, anzi, di chiudere la partita, facendo cadere un esecutivo estraneo e le cui iniziative, segnatamente in materia di fisco, sono sentite come non sostenibili. Andare alle elezioni e perdere? C’è chi sostiene che sarebbe meglio così, troncando l’agonia che del resto porterebbe alla sconfitta anche fra un anno. Perso per perso, meglio rassegnarsi a una legislatura in opposizione, e attrezzarsi per la riconquista del potere che non appare oggi possibile né in autunno né in primavera.