Ettore Livini, la Repubblica 19/4/2012, 19 aprile 2012
"Assurdo, Mediaset resta fuori si torna ai tempi del governo Prodi" – MILANO - «La nuova gara per le frequenze? Così com’è congegnata rischia di escludere Mediaset in partenza
"Assurdo, Mediaset resta fuori si torna ai tempi del governo Prodi" – MILANO - «La nuova gara per le frequenze? Così com’è congegnata rischia di escludere Mediaset in partenza. È assurdo. Sembra di essere tornati ai tempi in cui Paolo Gentiloni era ministro. Al momento una cosa sola è certa: sarà un’asta al ribasso». Pier Silvio Berlusconi ha un diavolo per capello (nel suo caso tanti). Non arriva ai picchi polemici di Fedele Confalonieri («Passera? Ha sbagliato. Parteciperanno solo Sky e La7 che hanno entrature politiche migliori di noi» tuona il presidente del Biscione, orfano dei bei tempi del governo del Cavaliere). Pure il figlio dell’ex-premier però, che fiuta aria di interventi a gamba tesa come all’epoca del governo Prodi, promette battaglia: «Vedremo più avanti se presentare la nostra offerta. Ma di sicuro combatteremo fino in fondo per difendere il sacrosanto diritto a essere ai nastri di partenza». Nostalgia del vecchio beauty contest gratuito cancellato dal governo Monti? «Il beauty contest era una procedura che ricalcava quello che è stato fatto nelle gare per le frequenze in quasi tutto il resto d’Europa». Non le pare inopportuno regalare un bene dello Stato in un momento in cui si chiedono tanti sacrifici agli italiani? «In linea di massima sì. Però in questo caso parliamo di un bene da piazzare su un mercato sovraffollato che fatica a tenere in piedi le aziende che ci sono. E alla fine non credo che l’asta darà i grandi risultati di cui si parla in questi giorni». Come giudica le nuove regole per la gara fissate dal ministro Passera? «Il tetto ai cinque multiplex rischia di mettere fuori gioco prima del via sia Mediaset che la Rai. Un assurdo, visto che siamo le due aziende italiane - una privata e una pubblica - che investono di più in contenuti e in frequenze. Non è giusto escluderci a priori. Sembra di essere tornati ai tempi in cui al ministero delle comunicazioni c’era Paolo Gentiloni. Tra l’altro se escludi dall’asta i due maggiori player sul mercato tricolore, di che asta parli? Se il governo, visto la stato dei conti pubblici, vuole davvero massimizzare le entrate, la decisione di fare a meno di noi e di viale Mazzini rischia di rivelarsi un boomerang». Voi parteciperete? E quando siete disposti a spendere? «Di sicuro difenderemo fino in fondo il nostro diritto a presentare un’offerta. In teoria non abbiamo bisogno di queste frequenze, potremmo andare avanti benissimo a fare il nostro mestiere con quelle che abbiamo. Ma si tratta sempre di un valore in vendita ed è fondamentale non perdere opportunità come queste in un mercato che sta cambiando pelle molto rapidamente. Decideremo se partecipare o no all’asta quando l’Agcom fisserà i paletti reali». Deluso dal governo tecnico? «Ho sempre guardato con favore all’operato del Governo Monti. Altrettanto onestamente devo dire che alcune cose di recente non stanno dando i risultati sperati. E - come leggo su tutti i giornali - mi pare ci sia troppa attenzione ai tagli e niente a quello che riguarda lo sviluppo». Ha promesso di disegnare una Mediaset più leggera ed efficiente. Significa che il Biscione dovrà licenziare? «Abbiamo messo in atto una manovra di efficienza che ci farà risparmiare almeno 250 milioni di euro in tre anni. Non ci sono terapie d’urto sul personale. Le ristrutturazioni però fanno parte di un periodo difficile come questo. Erano già previste, semplicemente ora le facciamo un po’ più in fretta». Il titoloè ai minimi. Siete dovuti uscire con forti perdite da Endemol. La Spagna non va. La pay tv fatica più del previsto. Niente da rimproverarsi come manager? «Da Endemol non siamo dovuti uscire ma abbiamo voluto uscire noi. In Spagna - dove la situazione economica se possibile è peggiore di quella italiana - siamo il primo gruppo televisivo. E in futuro andremo alla grande. In Mediaset Premium crediamo molto. Sarà un business sempre più importante per il gruppo e già oggi, anche se è in rosso, rappresenta un patrimonio reale. Basta pensare che un’importante pay-tv europea come Sky Deutschland (250 milioni di perdite nel 2011) vale in Borsa 1,6 miliardi. Tra l’altro ci siamo lanciati nei contenuti su internet, dove siamo i primi in Italia». Peccato che gli ascolti della tv non siano più quelli di una volta... «Non è vero: da inizio 2102 le reti Mediaset fanno il 41% di ascolto in prima serata sul target commerciale contro il 36,2% (-2% rispetto al 2011) della Rai. Alla faccia della fine della televisione generalista. Sono convinto che abbiamo fatto tutto il necessario per affrontare il futuro al meglio». A novembre e dicembre, dopo che suo padre ha lasciato Palazzo Chigi, la pubblicità su Mediaset - per la prima volta dopo molto tempo - è calata più di quella dei concorrenti. Come lo spiega? «Qualunque fossero i dati, a novembre è arrivata una crisi importante. Se è successo, comunque, è stata una coincidenza».