Francesco Merlo, la Repubblica 18/4/2012, 18 aprile 2012
Lega, l’ora del pentimento Belsito restituisce l’oro e i diamanti – QUESTO Francesco Belsito è un leghista fiero di essere ruvido e selvaggio come Indiana Jones e come il Bossi di una volta
Lega, l’ora del pentimento Belsito restituisce l’oro e i diamanti – QUESTO Francesco Belsito è un leghista fiero di essere ruvido e selvaggio come Indiana Jones e come il Bossi di una volta. Il suo gesto inedito e sprezzante è il "contro dito medio", uno spettacolare vaffa al partito ormai degenerato, è il grido dell’ultimo dei leghisti ai capi decaduti, agli idoli immiseriti: "Io sì che sono un uomo, io sì che ho dignità". La restituzione degli 11 lingotti d’oro e degli 11 diamanti comprati con i soldi pubblici è ovviamente la conferma della corruzione sua e della Lega, una prova finalmente luccicante come l’oro, una certezza di colpa durissima e chiarissima come il diamante. Ma è anche la rivincita del tesoriere che Bossi e Maroni hanno fatto passare per il bandito, per il pirata, per l’unico colpevole tra tanti idealisti, per il ladro che umiliava numi e feticci. Ebbene, con orgoglio, con superbia e con spavalderia Belsito mostra il petto al plotone dei suoi carnefici: "ora ve lo faccio vedere io come cade un leghista". Certo è probabile che ci siano anche considerazioni giuridiche, opportunità legali e astuzie penali in questa ammissione di colpevolezza. Ma è l’aspetto che ci interessa meno e soprattutto ci colpisce meno. Il «verbale di riconsegna dei beni in appresso indicati», compresa «l’autovettura Audi A 6 in uso a Renzo Bossi» è redatto con una prosa da avvocaticchio. E la firma «dell’incaricato Cesati Paolo», cognome e nome, esibisce un’autentica ingenuità da fureria. È infatti un linguaggio basico da marmittoni che si adatterebbe meglio ai muli, alle brande militari, alle dosi di cioccolata e alla conta dei proiettili per il poligono di tiro. Contrasta insomma con l’oro e con i diamanti che qui diventano «i punti 2 e 3 fotografati prima della consegna, e le foto trattenute dal consegnante». Ed è chiaro che anche la goffa precisione da inventario è un atto di sfiducia degna di Mastro don Gesualdo, perché non si sa mai che un ladro derubi il ladro. Alla marmaglia che lo accoglie gettandogli addosso facsimili di banconote - una sorta di nemesi delle monetine del Raphael che furono il battesimo della Lega - Belsito replica da leghista celodurista, con un promemoria di sporcizia. La spettacolare restituzione è infatti la risposta schifata alla ferocia furba e ipocrita dei capi che avevano pensato di liberarsi liberandosene, di pulirsi scaricandolo, di sacrificarlo come capro espiatorio. Ma avevano fatto male i loro conti perché Belsito non è un ragioniere né un contabile, non è un Lusi qualsiasi e neppure un Greganti o un Citaristi. È un leghista irsuto e primitivo come il Bossi primigenio, quello autentico e sanguigno che urlava con la voce cavernosa «va a cagà i padrun, va a cagà i terrun». Belsito rivendica quel cattivo carattere delle origini in faccia a un partito che è diventato democristiano. Ai trabocchetti, alle chiacchiere e alla sociologia oppone la fisicità dei diamanti e dei lingotti della tribù - per usare il linguaggio padano - del "mangia mangia". Sono l’oro e i diamanti dell’omologazione, la certificazione della Lega ladrona, "a fra che te serve", la Lega ingessata nel suo abito istituzionale, ebbra di clientele, tutta concentrata nell’occupazione del potere e nella spartizione delle poltrone. Neppure il peggiore craxismo arrivò a sognare lingotti e diamanti, neppure Lavitola, neppure lady Poggiolini. E invece la Lega si è fatta gaglioffa sino al punto di superare in ruberia tutti i ladri che pretendeva di impiccare al cappio padano. Ora Belsito, che non è una carriera politica ma un destino, riporta alla Lega il suo tesoro. Quando ci si separa, quando ci si sfidanza la riconsegna dei regali è la maniera più odiosa di mandare l’altro a quel paese dicendogli "sei un poveretto, sei un miserabile". E quando si scioglie una banda, l’ultimo atto è la spartizione.