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 2012  aprile 18 Mercoledì calendario

La «notte» dell’Occidente - Pubblichiamo in questa pagina per gentile con­cessione dell’editore Rizzoli un’anticipazione del libro di Ida Magli Dopo l’Occidente (pagg

La «notte» dell’Occidente - Pubblichiamo in questa pagina per gentile con­cessione dell’editore Rizzoli un’anticipazione del libro di Ida Magli Dopo l’Occidente (pagg. 238, euro 11) che sarà in libreria da oggi. Nel saggio, l’antropologa riflette sulla situazione attuale dell’Europa e su come la nostra società sia sempre più schiava dell’economia e di un modello politico votato solo al profitto. *** Qualicaratteristichepresente­rà quella parte geografica del mondo che corrisponde all’Europa, in particolare al­l’Europa d’Occidente, verso la metà del 2000? Si può affermare con quasi assolu­ta certezza che la cultura che oggi siamo soliti indicare con il nome di «occidenta­le » e che la caratterizza, sarà quasi del tutto scomparsa. Si può anche presumere che il proces­so di estinzione avverrà molto rapida­mente. Il motivo è evidente: le culture vi­vono attraverso gli uomini che ne sono portatori. Verso il 2050 l’Europa sarà abitata da un gran numero di Africani in­sieme a gruppi di media consistenza di Cinesi e di Mediorientali, a causa della continua e massiccia immigrazione dal­­l’Africa e dall’Oriente e dell’altissima prolificità di queste popolazioni, supe­riore in genere di almeno cinque volte a quella degli Europei. [...] La morte dell’Italia è già in atto soprat­tutto per questo: perché nessuno com­batte per farla vivere; persino perché nessuno la piange. È contro natura, con­tro la realtà dei sentimenti umani, ma è così: stiamo morendo, nel tripudio ge­nerale, con una specie di «suicidio feli­cemente assistito» dai nostri stessi lea­der, governanti e giornalisti. Non per nulla l’idea del suicidio assistito è nata in Occidente. Le cifre sull’incremento demografi­co europeo sono abbastanza diverse passando da una Nazione all’altra (di solito più alte in Francia, in Svezia e ne­gli altri Paesi del Nord), ma le previsioni sulla fine della società europea riman­gono più o meno le stesse. I gruppi che popolano l’estremo Nord europeo, an­che se più prolifici degli Italiani, sono però poco numerosi e di conseguenza non incidono in modo significativo sul­­l’incremento totale; ma soprattutto quello che conta è la particolare dinami­ca d­ei singoli fattori culturali che sosten­gono la civiltà europea e che influisco­no in modo diverso nelle varie Nazioni. La conclusione, in ogni caso, è chiara: i «portatori»,i soggetti agenti della cultu­ra occidentale, saranno sempre più in minoranza. Per«minoranza»non si deve intende­re, infatti, esclusivamentequellanume­rica in quanto gli Europei continueran­no anche oltre il 2050 a essere, almeno in alcune zone, più numerosi degli Afri­cani – ma quella psicologica: essere in­vasi e sopraffatti senza aver combattuto induce all’estinzione. Si tratta della si­tuazione opposta a quella dei popoli conquistati con le guerre. Questi cova­no anche per secoli la propria resurre­zione, resistendo alle imposizioni del nemico proprio perché è «nemico», e impegnano tutte le energie nel conser­vare la propria lingua, i propri costumi, la propria religione. In Europa uno de­gli esempi forse più famosi da questo punto di vista sono i Polacchi e gli Un­gheresi che hanno resistito sotto il do­minio straniero, russo e tedesco, con la consapevolezza orgogliosa della pro­pria storia, del proprio coraggio, delle proprievirtù. Malgradofosserocostret­ti all’uso della lingua straniera, i Polac­chi si sono rifugiati nella propria come nella più forte arma di difesa, convinti che lì si trovasse il principale strumento di salvaguardia della loro identità. [...] Si tratta di una convinzione istintiva, an­che se sono moltissimi gli scrittori che l’hanno affermato con assoluta sicurez­za. Fra quelli italiani, volendoli citare, ci sarebbe solamente l’imbarazzo della scelta,visto che non c’è stato nessuno,a partire da Dante via via attraverso i seco­­li fino all’unità d’Italia, da Petrarca a Ga­lileo a Leonardo a Machiavelli a Vico a Cesarotti a Leopardi a Carducci a Pasco­li a D’Annunzio a Croce, che non abbia difeso con tutte le sue forze la lingua ita­liana affermandone, oltre alla suprema­zia espressiva e alla ricchezza melodica in confronto a tutte le altre lingue, pro­pr­io la funzione di linfa vitale per l’iden­tità del popolo che la parla: la lingua «so­stituto della patria », come dice Luigi Set­tembrini. Compariamo questo comportamen­to con l’invasione ricercata e voluta de­gli orridi anglo-americanismi nella lin­gua italiana in uso oggi, e sapremo per­ché stiamo andando verso l’estinzione.