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 2012  aprile 18 Mercoledì calendario

E ora eludere il fisco non sarà più un reato - Si potrebbe definire norma Dolce&Gabbana. Oppure articolo salva-banchieri

E ora eludere il fisco non sarà più un reato - Si potrebbe definire norma Dolce&Gabbana. Oppure articolo salva-banchieri. Più concretamente trattasi di con­dono penale. Nella poderosa leg­ge di delega fiscale approvata due giorni fa dal governo,c’è anche un articoletto molto interessante: il numero nove. Diciamo subito che si tratta di una misura che va nella direzione giusta e cioè quel­la di depenalizzare alcune ipotesi di reato fiscale. Il titolo del bene­detto articolo è sibillino: «revisio­ne del sistema sanzionatorio ». Se­condo il principio penale per cui la norma successiva più favorevo­le prevale, vedrete che si tratta di un vero e proprio condono. Contiene vari commi e cioè va­ri­e misure che il governo si è impe­gnato ad adottare nei prossimi me­si. E che vi risparmiamo. Ma quel­la che interessa è la seguente: «esclusione della rilevanza pena­le per i comportamenti ascrivibili all’elusione fiscale». Tac: nero su bianco il nostro condono. Appa­rentemente roba per pochi tecni­ci, ma fondamentale per alcuni processi importanti che si stanno celebrando in queste settimane. Per quello l’abbiamo subito ribat­tezzata norma Dolce&Gabbana e in modo decisamente più spericolato po­tremmo anche definirla salva­banchieri. Vediamo perché. I due supersarti, è inutile entra­re nel dettaglio, il prossimo 8 giu­gno dovranno di nuovo compari­re in un processo penale (dopo aver già chiuso con sanzioni la vi­cenda con l’Agenzia delle entra­te) per una presunta elusione fi­scale miliardaria. Eppure il tribu­n­ale d’appello aveva loro dato ra­gione: non c’era reato.Ci si è mes­sa la Cassazione, ad annullare il proscioglimento. Ha fatto riparti­re tutto daccapo e ha autorevol­mente certificato che, in contra­sto col giudice d’appello, l’elusio­ne fiscale si ritiene reato. La questione è tutta qua. C’è una pattuglia di «grandi elusori» pizzicata con le mani nella mar­mellata dagli uomini di Attilio Be­fera, dell’Agenzia delle entrate. Befera inizia nei loro confronti durissimi accertamenti che in ge­nere si concludono con salate transazioni. Nel momento in cui gli accerta­menti partono, i pubblici ufficiali hanno l’obbligo di segnalare alle Procure notizie di possibile rea­to. E così possono partire le inda­gini penali e nuovi procedimenti nei confronti di coloro che hanno già chiuso la partita con il Fisco. Ecco qualche altro esempio. La banche e i banchieri fanno al caso nostro. L’Unicredit e il suo ex ad, Alessandro Profumo, avrebbero occultato 750 milioni di profitti e per questo stanno con­cludendo un accordo con l’Agen­zia delle entrate, ma nel fratte­m­po la Procura di Milano ha messo sotto indagine 20 manager che erano al vertice dell’azienda. Banca Intesa, all’epoca guidata da Corrado Passera, oggi mini­stro, ha chiuso una transazione con il fisco da 270 milioni di euro più interessi. Anche in questo ca­so gli uomini di Befera hanno in­viato notizia di reato fiscale a una pattuglia di Procure (che fine ab­biano fatto è questione di ben ce­­lato, per una volta, segreto istrut­torio). L’Mps ha fatto un accordo da 260 milioni, il Credem da 45, la Popolare di Milano 186 e via di­scorrendo. La morale è molto semplice, il governo con il suo articolo nove fa chiarezza. L’elusione fiscale non può essere considerata un re­ato. Non è materia di indagine per le Procure. Ciò non toglie che si possano configurare degli ille­citi amministrativi e che dunque le banche siano tenute a pagare il dovuto alle casse del Tesoro. Ma non si debbono confonde­re i due piani. I procuratori po­tranno entrare in banca, ma do­vranno ravvisare un comporta­mento fiscalmente fraudolento (del tipo contraffazione di docu­menti) come stanno cercando di fare nel caso di Profumo e del­l’Unicredit. Ma gli avvocati sanno bene che con questa depenalizzazione la strada per molti processi imbasti­ti negli ultimi mesi sarà per loro molto più facile. La via d’uscita per tutti quei banchieri o indu­striali che siano coinvolti in un processo penale è dimostrare che la propria condotta più che fraudolenta sia stata elusiva. E il gioco è fatto. Parliamo sempre e solo del processo penale: per quello tributario il discorso è ov­viamente diverso. Sempre nel nostro benedetto articolo 9, si fa chiaramente riferi­mento «all’applicabilità di san­zioni amministrative anziché pe­nali » per le fattispecie meno gra­vi. Occorre ricordarsi che qui si parla sempre di Fisco. Ebbene sembra una decisa marcia indietro rispetto a quanto previsto (incredibile dictu) dal governo Berlusconi e alle cosid­dette manette agli evasori previ­ste da Giulio Tremonti. Le soglie per l’intervento di un giudice pe­nale furono abbassate a 50mila euro per il reato di dichiarazione infedele e a 30mila per quella fraudolenta. Sembra davvero di capire che questi limiti verranno alzati dal governo Monti «nel ri­spetto del principio di proporzio­nalità ». Ovviamente quella introdotta con la delega fiscale dal governo Monti è una norma che farà mol­to discutere. La depenalizzazio­ne viene vista da una certa parte dell’opinione pubblica come l’unica soluzione per fare pulizia nella nostra società. Insomma più manette e galera per tutti. Il governo evidentemente ha voluto rendere più «prevedibile» la vita di un’impresa in Italia. Ciò non vuol dire impunita: ma sem­pl­icemente sanzionata o più velo­cemente o con strumenti diversi da quello penale.