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 2012  aprile 18 Mercoledì calendario

Tupac Shakur “resuscita” in ologramma - Palm Springs, California, l’uomo a torso nudo che chiede ai settantacinquemila appassionati di musica del «Coachella Festival» di ballare assieme a lui è morto sedici anni fa

Tupac Shakur “resuscita” in ologramma - Palm Springs, California, l’uomo a torso nudo che chiede ai settantacinquemila appassionati di musica del «Coachella Festival» di ballare assieme a lui è morto sedici anni fa. Eppure parla. Ha un tono di sfida, lo stesso che aveva nei ghetti di New York e di Baltimora: «Ehi, che vi succede», grida. Gli occhi gli scintillano. È in forma spettacolare. Le luci del palco gli consegnano un profilo leggermente blu. Il fiume umano ai suoi piedi ammutolisce. Stupito. Poi comincia a rumoreggiare e alla fine si risveglia gidando il suo nome: «Tupac, Tupac, Tupac». La notte si riempie di note dure che esplodono dalle casse e l’uomo sul palco, un fisico da Bruce Lee nero, con addominali di acciaio, jeans scoloriti e scarponicini che andavano di moda a metà degli Anni Novanta attacca con il suo rap doloroso e martellante, «Troppi fratelli neri stanno morendo vivendo in fretta, troppo in fretta». La catena d’oro gli dondola sullo sterno. È pieno di tatuaggi - si sa che sono venti, si conosce molto di lui - ha la testa rasata. E l’hanno assassinato con quattro colpi di pistola a Las Vegas, dopo un incontro di pugilato tra Mike Tyson e Bruce Seldon. All’inizio si pensò ai Crips. In seguito venne fuori la storia di un regolamento di conti in quel pianeta ostile in cui lui, Tupac Amaru Shakur, figlio della signora delle Pantere Nere Akeni Shakur, e The Notorius B.I.G., spacciatore e inarrivabile consumatore di crack, erano leader e nemici. Poesia, musica, droga, coltelli e pistole. Vite così letterarie da non sembrare possibili, vissute in una dimensione a metà strada tra Hollywood e la galera, riempite di ambiguità in cui bene e male si intrecciavano come fili di un gomitolo. Una nebbia irreale. È anche per questo che adesso, con la musica assordante, è difficile credere che Tupac Amaru Shakur sia solo un ologramma creato da una azienda inglese che ha perfezionato la tecnica del Pepper’s Ghost del secolo scorso in collaborazione con la casa di produzione che nel 2008 aveva animato la versione virtuale di Brad Pitt ne Il curioso caso di Benjamin Button . Viene voglia di corrergli incontro e di abbracciarlo, piuttosto. Davvero è un trucco? Quando Snoop Dogg, che ha organizzato il colpo di scena, arriva sul palco intonando Gangsta Party» è impossibile non restare risucchiati da questa sospensione della realtà. E’ cinema. Il duetto è perfetto. Botta e risposta. Come ai bei tempi. Kate Perry, allibita, twitta la sua emozione: «Vedere Tupac sul palco mi fa piangere». Anche Rihanna cinguetta: «Incredibile. Sembra lì». Il duetto diventa festa. Arrivano Dr Dre, 50 Cent, Eminem e Whiz Khalifa: «Sono fottutamente contento che tu sia qui con noi amico». Ora lo vogliono portare in tour. Anche Afeni Shakur, ipnotizzata nel back stage con suo vestitino azzurro, si scioglie. Da troppo tempo aveva capito nonostante il suo cinismo che la decisione di non rischiare più il cuore per nessuno era vana. «E’ bello il mio bambino». Lo sussurra mentre una telecamera stringe sul bicipite di Tupac. Inquadra un tatuaggio che dice: «L’unica cosa che mi fa paura della morte è la reincarnazione». Come se sapesse già.